21 Maggio 2016

Quel qualcosa in più e l’Irap

di Carla GrandeDavide De Giorgi
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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9451, del 10 maggio 2016, pronunciata a Sezioni Unite, mette fine ad una annosa questione interpretativa avente ad oggetto la legittima applicazione dell’Irap alle persone fisiche (anche società semplici o equiparate) che svolgono un’attivitàautonomamente organizzata” diretta alla produzione o allo scambio di beni o servizi.

Pur avendo riscontrato la presenza di un dipendente e di beni strumentali, la Corte ha escluso il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini dell’Irap, riconoscendo al contribuente il diritto al rimborso del tributo pagato per gli anni dal 2000 al 2004.

Dal punto di vista ermeneutico i Giudici chiariscono che per potersi configurare una autonoma organizzazione non occorre che il contribuente si doti di una struttura “complessa” e prevalente rispetto al lavoro posto in essere dal soggetto “(…) o addirittura in grado di generare profitti anche senza di lui, ma è sufficiente che vi sia un insieme tale da porre il professionista in una condizione più favorevole di quella in cui si sarebbe trovato senza di esso”.

Utilizzando le parole della Corte di Cassazione, al fine della configurazione del presupposto impositivo, è necessario effettuare un “bilanciamento fattuale” tra l’organizzazione e il lavoro, e solo nel caso in cui i fattori organizzativi “non siano tutto sommato trascurabili”, ma apportino un “effettivo qualcosa in più” al lavoro autonomo, il contribuente dovrà corrispondere il tributo Irap.

Così argomentando, la pronuncia si colloca in mezzo ai due filoni principali che si sono contrapposti in questi anni, dove da un lato, una parte della giurisprudenza era granitica nel ritenere sussistente l’obbligo di pagamento del tributo Irap ogni qualvolta il contribuente, per l’espletamento della propria attività, si dotasse di una pur minima organizzazione di mezzi, e dall’altro, un filone giurisprudenziale più “permissivo”, riconosceva come dovuto il pagamento del tributo solo nel caso in cui l’organizzazione assumesse particolare rilevanza.

Per far sorgere l’obbligo di pagamento del tributo basta, a detta dei Giudici, l’esistenza di un apparato che non sia sostanzialmente ininfluente, ovverosia di un quid pluris che secondo il comune sentire, sia in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista.

In altri termini, il professionista, l’artista o l’imprenditore individuale non è obbligato a pagare il tributo solo nel caso in cui sia dotato di una organizzazione che impiega un solo collaboratore che esplica mansioni di segreteria o meramente esecutive.

Dal punto di vista giuridico vengono fornite due principi di diritto di seguito riportati.

Innanzitutto la Corte di Cassazione rammenta che “A norma del combinato disposto del Decreto Legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, articolo 2, primo periodo, e articolo 3, comma 1, lettera c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui all’articolo 49, comma 1 (nella versione vigente fino al 31/12/2003), ovvero al Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 53, comma 1, (nella versione vigente dal 1/1/2004), è escluso dall’applicazione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle condizioni sopraelencate”.

Esplicitato il suddetto principio di diritto la Corte di Cassazione cerca di calmierare quanto detto sopra fornendo delle precisazioni.

Dal punto di vista del fattore lavoro, gli Ermellini chiariscono che tale fattore può assumere diversa incidenza. Esso non può certo dirsi determinante ai fini dell’Irap nel caso in cui il professionista si limiti ad avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui quando questo si concreti nell’espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive, che rechino all’attività svolta dal contribuente un apporto del tutto mediato o, appunto, generico.

Lo stesso limite segnato in relazione ai beni strumentalieccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, non può che valere, armonicamente, per il fattore lavoro, la cui soglia minimale si arresta all’impiego di un collaboratore”.

Fatte le suddette precisazioni, la Corte di Cassazione specifica che “con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal Decreto Legislativo 15 settembre 1997, n. 496, articolo 2, -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:

  1. sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
  2. impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.