8 Maggio 2017

Il quinquennio di osservazione per le società in perdita sistematica

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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L’adeguamento al reddito imponibile minimo per una società in perdita fiscale sistematica (da verificare nei cinque periodi d’imposta precedenti) non fa venire meno il relativo “status” nell’anno di adeguamento.

Come noto, a partire dal periodo d’imposta 2012, per effetto di quanto previsto dall’articolo 2, comma 36-decies e seguenti, del D.L. 138/2011, sono considerate non operative anche le società che dichiarano per cinque periodi d’imposta consecutivi perdite fiscali, ovvero che nell’ambito di un quinquennio dichiarano quattro perdite fiscali e un reddito imponibile inferiore al minimo calcolato con i coefficienti di cui all’articolo 30, comma 3, della L. 724/1994.

Come precisato dalla circolare AdE 23/E/2012, le citate disposizioni del D.L. 138/2011 hanno introdotto una nuova categoria di società di “comodo” (la quale si affianca a quella delle società che non superano il test di operatività effettuato sui ricavi) che riguarda le società in perdita cd. “sistematica” e che si realizza nelle ipotesi descritte in precedenza. L’aspetto particolare che differenzia la fattispecie delle perdite sistematiche rispetto alla tradizionale ipotesi della società non operativa riguarda lo “slittamento” di un anno rispetto al momento in cui devono essere verificate le condizioni, con la conseguenza che si considerano in perdita sistematica per il periodo d’imposta 2016 (Redditi 2017) le società che alternativamente:

  • hanno dichiarato nel quinquennio 2011-2015 perdite fiscali;
  • hanno dichiarato nel medesimo quinquennio quattro perdite fiscali e un reddito imponibile inferiore al minimo risultante dall’applicazione dei coefficienti di cui all’articolo 30, comma 3, della L. 724/1994.

La prima questione che deve essere ricordata riguarda il quinquennio di osservazione, che come detto per il periodo d’imposta 2016 riguarda le annualità dal 2011 al 2015 compresi. Come precisato nella circolare AdE 1/E/2013, è sufficiente che nell’ambito del quinquennio vi sia un solo periodo d’imposta in cui il reddito imponibile sia almeno pari a quello minimo per “spezzare” la catena delle perdite consecutive, con conseguente inapplicabilità della disciplina in esame.

Appare evidente che la situazione più vantaggiosa si realizza per quelle società che, pur avendo realizzato perdite fiscali per gli anni dal 2011 al 2014, abbiano dichiarato un reddito imponibile, almeno pari a quello minimo, per il periodo d’imposta 2015. In tal caso, infatti, poiché nell’ultimo anno del quinquennio di osservazione è stato dichiarato un reddito almeno pari a quello minimo, l’eventuale status di società in perdita sistematica è rinviata al 2021, poiché solo da tale periodo d’imposta l’anno 2015 esce dal quinquennio di osservazione. Tra l’altro, la stessa Agenzia ha ulteriormente precisato – nella medesima circolare AdE 1/E/2013 – che il quinquennio si “spezza” anche se il reddito imponibile sia abbattuto da perdite fiscali riportate da annualità precedenti, che devono essere neutralizzate al fine di individuare il risultato della società, da assumersi al lordo delle perdite pregresse.

Il secondo aspetto da evidenziare riguarda l’eventuale adeguamento al reddito imponibile minimo nell’ambito dei periodi d’imposta che compongono il quinquennio di osservazione. Secondo quanto precisato nella già citata circolare AdE 1/E/2013, l’adeguamento al reddito minimo della società di comodo, in presenza di una perdita fiscale, non è sufficiente a vincere la presunzione prevista per le società in perdita sistematica, con la conseguenza che il periodo d’imposta deve considerarsi comunque in perdita. Ciò sta a significare, ad esempio, che una società che ha dichiarato perdite fiscali nel quinquennio 2011-2015, ma in tale ultimo periodo d’imposta, non avendo ad esempio superato il test di operatività, si sia adeguata al reddito imponibile minimo, deve comunque considerarsi in perdita sistematica per il periodo d’imposta 2016. Tale interpretazione appare eccessivamente penalizzante, considerando che l’adeguamento ha comportato l’emersione di un reddito imponibile (anche ai fini Irap) e il conseguente versamento delle imposte dovute.

Una simulazione pratica di determinazione del reddito d’impresa