Il rapporto tra il reato di autoriciclaggio e gli illeciti fiscali
di Angelo GinexParticolarmente interessanti appaiono le interrelazioni tra il reato di autoriciclaggio di cui all’articolo 648-ter.1 c.p. ed il profitto dei reati tributari in quanto l’interpretazione estensiva che viene spesso operata del concetto di provenienza del bene riciclabile finisce per generare parecchie perplessità sulla idoneità dei reati tributari a costituire il reato presupposto dell’illecito finanziario.
Secondo l’articolo 648-ter.1 c.p. integra la fattispecie di autoriciclaggio chi impiega, sostituisce o trasferisce in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità “provenienti” dalla commissione di un delitto non colposo, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
Alla luce della lettera normativa appena riportata, appare quindi evidente come sia necessario chiarire cosa si intenda con il termine “provenienti”, e cioè se esso includa solo le utilità che, attraverso la commissione del reato presupposto, determinano un incremento di ricchezza nel patrimonio del reo ovvero anche quelle costituite da una mancata diminuzione del patrimonio medesimo, e cioè da un mero risparmio.
Non vi è dubbio, infatti, che dalla soluzione di tale questione dipenda l’inclusione o meno di tutti quei reati tributari che realizzano un profitto costituito da un mero risparmio di imposta, quali, ad esempio, i reati dichiarativi e di omesso versamento delle imposte, nel novero dei reati presupposto dell’autoriciclaggio.
A tal proposito, si rileva che in linea generale è possibile riscontrare una interpretazione estensiva del termine “provenienti” sia nella giurisprudenza di legittimità, sia nelle varie comunicazioni e circolari di Banca d’Italia, UIF (Unità di informazione finanziaria), Guardia di Finanza e Consiglio nazionale del Notariato.
Ed infatti sembrerebbe che tendenzialmente, sia in caso di reati dichiarativi di cui agli articoli 2 e ss. D.Lgs. 74/2000, sia in caso di reati di omesso versamento delle imposte di cui agli articoli 10-bis e 10-ter D.Lgs. 74/2000, pur non realizzandosi alcuna forma di accrescimento del patrimonio del contribuente, il profitto riciclabile ad essi correlato debba essere individuato nel risparmio di imposta ad essi conseguente.
Tuttavia, taluni non condividono tale ricostruzione, ritenendo che, quando il profitto del reato tributario è rappresentato da un mero risparmio di imposta, quest’ultimo si confonde con il patrimonio del soggetto agente, con la conseguenza che non dovrebbe potersi considerare perfezionato l’autoriciclaggio, non essendo tale condotta idonea ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa.
Peraltro, è stato osservato altresì che nel caso dei reati dichiarativi assume notevole rilevanza il momento consumativo, in quanto prima della presentazione della dichiarazione le attività di impiego, sostituzione o trasferimento di denaro o altri beni e utilità nel frattempo espletate non possono rilevare ai fini della fattispecie di autoriciclaggio, attesa la mancanza del reato presupposto.
Sul punto, la Corte di Cassazione ha affermato infatti che per configurarsi il reato di autoriciclaggio è necessario che le attività di impiego, sostituzione o trasferimento di denaro o altri beni e utilità vengano espletate in un momento in cui il delitto presupposto si sia già perfezionato (cfr., Cass., sentenza n. 981/2015).
Si rileva, però, che successivamente la medesima sembra non aver attribuito rilievo, almeno in fase di applicazione delle misure cautelari, alla circostanza che le suddette attività fossero state espletate in un momento in cui il delitto presupposto non si era ancora perfezionato (cfr., Cass., sentenza n. 18308/2017), con la conseguenza che la questione resta incerta.
Infine, non sembrano esserci dubbi sul fatto che sia difficile configurare il reato di autoriciclaggio nei casi di occultamento o distruzione di documenti contabili ex articolo 10 D.Lgs. 74/2000 e di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ex articolo 11 D.Lgs. 74/2000, in quanto tali fattispecie puniscono condotte di pericolo, prodromiche all’evasione, che prescindono dal mancato versamento dell’imposta e dalla produzione di ricchezza in capo al contribuente.