Rapporto tra esenzione e non imponibilità ai fini della detrazione IVA
di Marco PeiroloIn un precedente intervento sono stati esaminati i riflessi del regime di esenzione da IVA sul diritto di detrazione previsto, dall’art. 19, comma 3, lett. a-bis), del D.P.R. n. 633/1972, per le operazioni bancarie, finanziarie e assicurative di carattere internazionale.
Tali operazioni, benché aventi natura esente ai sensi dell’art. 10, comma 1, nn. 1)-4), del D.P.R. n. 633/1972, se effettuate nei confronti di soggetti stabiliti al di fuori dell’Unione europea o se relative a beni destinati ad essere esportati al di fuori dell’Unione europea, danno comunque diritto alla detrazione dell’imposta assolta “a monte”.
Nella Direttiva n. 2006/112/CE in materia di IVA, le esenzioni sono disciplinate nel Titolo IX, a sua volta suddiviso in più Capi. In particolare, nel Capo 2 sono contemplate le “esenzioni a favore di alcune attività di interesse pubblico”, mentre nei Capi 4 e 6 sono contenute, rispettivamente, le “esenzioni connesse alle operazioni intracomunitarie” e le “esenzioni all’esportazione”.
È di interesse approfondire il rapporto esistente tra le esenzioni di interesse pubblico e le esenzioni riconosciute in dipendenza del carattere intracomunitario dell’operazione.
Un caso tipico è quello delle protesi dentarie, le cui cessioni, se poste in essere da dentisti ed odontotecnici, rientrano nell’art. 132, par. 1, lett. e), della Direttiva e sono, quindi, esenti in quanto di “interesse pubblico”.
Il punto da chiarire è se la stessa operazione, ove effettuata nei confronti di un cliente di altro Stato membro, perda l’esenzione in esame, siccome “assorbita” nell’esenzione (rectius, non imponibilità secondo la normativa italiana) riconosciuta, in via generale, alle cessioni intracomunitarie, ex art. 138 della Direttiva.
In sintesi, se a prevalere è l’esenzione “interna”, la detrazione resta preclusa, in conformità al divieto previsto dall’art. 168 della Direttiva, trasposto nell’art. 19, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972. Se, invece, a prevalere è l’esenzione “esterna”, cioè quella accordata alle cessioni intracomunitarie, la detrazione può essere regolarmente esercitata ai sensi dell’art. 169, lett. b), della Direttiva, corrispondente all’art. 19, comma 3, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972.
La questione è stata risolta dalla Corte di giustizia nella sentenza Eurodental (causa C-240/05 del 7 dicembre 2006).
Secondo i giudici europei, il regime di esenzione prevale su quello di non imponibilità proprio delle cessioni intracomunitarie. Nel dettaglio, se l’operazione risulta, per sua natura, detassata con diritto di detrazione “a monte” precluso, la circostanza che la stessa operazione assuma matrice intracomunitaria, essendo posta in essere nei confronti del cessionario di altro Stato membro, non legittima, di per sé, la detrazione in capo al cedente, in quanto l’esenzione “interna” – che riveste carattere specifico essendo riconosciuta esclusivamente a favore di talune attività di interesse generale tassativamente disciplinate dalla Direttiva – prevale su quella “esterna”, che riveste invece carattere generale, riguardando in modo indeterminato le operazioni compiute fra operatori economici di Stati membri diversi.
La conclusione esposta si giustifica alla luce del principio di non concorrenza e distorsione: ammettere la detrazione a favore delle imprese che operano sul mercato intracomunitario determinerebbe un evidente danno nei confronti delle imprese che realizzano cessioni interne e che, quindi, non hanno diritto alla detrazione.
A questo punto, è utile chiedersi se lo stesso principio di prevalenza dell’esenzione interna rispetto a quella esterna si applichi, specularmente, alle operazioni aventi per oggetto beni di provenienza estera.
Sempre con specifico riguardo alle protesi dentarie, le norme di riferimento sono contenute negli artt. 140, lett. a) e b), e 143, lett. a), della Direttiva, secondo cui sono esenti da IVA, rispettivamente, gli acquisti intracomunitari di beni la cui cessione/importazione è esente e le importazioni di beni la cui cessione è esente.
Sempre sul piano normativo, dal momento che l’esenzione degli acquisti intracomunitari e delle importazioni è “schiavo” del regime impositivo applicato, nel Paese di destinazione, alle cessioni, occorre considerare – anche nella fattispecie in esame – l’art. 132, par. 1, lett. e), della Direttiva, che subordina l’esenzione delle protesi dentarie alla qualifica dell’operatore, che deve essere necessariamente un dentista o un odontotecnico.
Sul tema, si è pronunciata la Corte di giustizia nella sentenza VDP Dental, X e Nobel Biocare Nederland, di cui alle cause riunite C-144/13, C-154/13 e C-160/13 del 26 febbraio 2015.
Secondo i giudici comunitari, il principio di supremazia dell’esenzione “interna” rispetto a quella “esterna” si applica anche ai beni di provenienza estera. A parte, infatti, la condizione relativa alla qualifica dell’operatore, che deve essere verificata in relazione allo status del fornitore non residente, sono i requisiti di imponibilità o di esenzione applicabili all’interno del Paese di destinazione a determinare il regime impositivo dell’acquisto intracomunitario o dell’importazione.
In definitiva, calando la conclusione raggiunta dalla Corte nel contesto nazionale, se il fornitore estero è un dentista o un odontotecnico, gli acquisti intracomunitari e le importazioni di protesi dentarie non danno diritto alla detrazione, in quanto le relative cessioni devono ritenersi esenti ai sensi – rispettivamente – dell’art. 42, comma 1, del D.L. n. 331/1993 e dell’art. 68, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972, interpretati alla luce delle disposizioni comunitarie precedentemente richiamate.