Reati Iva: disapplicabili le disposizioni interne sulla prescrizione
di Luigi FerrajoliLa Corte di Giustizia Europea ha posto dei punti fermi sulla portata dell’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE, come derivato dalla famosa “sentenza Taricco” dell’8 settembre 2015.
Come noto, la vicenda nasce da una presa di posizione della Corte di Appello di Milano e della Suprema Corte di Cassazione che, proprio a seguito di interpretazione del principio enunciato nella richiamata sentenza, avevano ritenuto di dover disapplicare la norma di diritto interno in tema di prescrizione.
La Corte Costituzionale, invece, aveva assunto una posizione più critica, valutando che una soluzione come quella prospettata nel provvedimento “Taricco” potesse porsi in contrasto con i principi supremi dell’ordine costituzionale italiano e con il rispetto dei diritti inalienabili della persona. L’attenzione, in particolare, era stata posta sul concreto pericolo di una lesione del principio di legalità dei reati e delle pene, in quanto le norme di rilevanza penale devono essere precisamente determinate e non possono essere suscettibili di applicazione retroattiva.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza n. 42/17 del 05.12.2017, ha fatto chiarezza sulle questioni pregiudiziali in ordine a cui era stata chiamata a pronunciarsi.
Innanzitutto, il Giudice Europeo ha premesso che, in ambito di gravi frodi che ledano gli interessi finanziari dell’Unione in materia di Iva, debbano essere previste e adottate sanzioni penali, dotate di carattere effettivo, che abbiano un effetto deterrente. In caso contrario, gli Stati membri incorrono in violazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE.
Non solo. Gli Stati medesimi devono altresì assicurarsi che “le norme sulla prescrizione previste dal diritto nazionale consentano una repressione effettiva dei reati legati a frodi siffatte”.
Inoltre, prosegue il Giudice Europeo, in materia di Iva devono essere adottate le stesse misure utilizzate per combattere le frodi riguardanti gli interessi finanziari. Per cui “spetta ai giudici nazionali competenti dare piena efficacia agli obblighi derivanti dall’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE e disapplicare disposizioni interne, in particolare riguardanti la prescrizione che, nell’ambito di un procedimento relativo a reati gravi in materia di Iva, ostino all’applicazione di sanzioni effettive e dissuasive per combattere le frodi lesive degli interessi finanziari dell’Unione”.
Peraltro, tale obbligo viene individuato, in prima battuta, in capo al legislatore dei singoli Stati, chiamato a “garantire che il regime nazionale di prescrizione in materia penale non conduca all’impunità in un numero considerevole di casi di frode grave in materia di Iva o on sia, per gli imputati, più severo nei casi di frode lesivi degli interessi finanziari dello Stato membro interessato rispetto a quelli che ledono gli interessi finanziari dell’Unione”.
Sotto questo profilo, la Corte Europea ritiene che il legislatore nazionale che proroghi, con applicazione immediata, il termine di prescrizione non incorra in violazione del principio di legalità.
Ciò posto in via generale, la Corte di Giustizia ha comunque rilevato che, alla data dei fatti di cui al procedimento principale, “il regime della prescrizione applicabile ai reati in materia di Iva non era stato oggetto di armonizzazione da parte del legislatore dell’Unione”, per cui “la Repubblica italiana era quindi libera, a tale data, di prevedere che, nel suo ordinamento giuridico, detto regime ricadesse, al pari delle norme relative alla definizione dei reati e alla determinazione delle pene, nel diritto penale sostanziale e fosse a questo titolo soggetto, come queste ultime norme, al principio di legalità dei reati e delle pene”.
Posto che, secondo il Giudice Europeo, i requisiti di prevedibilità, determinatezza e irretroattività relativi al principio di legalità dei reati e delle pene si applicano, nel nostro ordinamento, anche al regime di prescrizione dei reati in materia di Iva, la Corte ha elaborato la seguente risposta: “l’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso impone al Giudice nazionale di disapplicare, nell’ambito di un procedimento penale riguardante reati in materia di imposta sul valore aggiunto, disposizioni interne sulla prescrizione, rientranti nel diritto sostanziale nazionale, che ostino all’inflizione di sanzioni penali effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione Europea o che prevedano, per i casi di frode grave che ledono tali interessi, termini di prescrizione più brevi di quelli previsti per i casi che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro interessato, a meno che una disapplicazione siffatta comporti una violazione del principio di legalità dei reati e delle pene a causa dell’insufficiente determinatezza della legge applicabile, o dell’applicazione retroattiva di una normativa che impone un regime di punibilità più severo di quello vigente al momento della commissione del reato”.