In merito all’interpretazione di tale norma, la Fondazione Nazionale Commercialisti (documento del 30 aprile 2015) ha esaminato i criteri di valutazione della partecipazione per quanto riguarda il recesso dalla Srl. In tal caso, secondo la Fondazione, il riferimento generico al valore di mercato non vincola in alcun modo in merito al metodo utilizzabile per la determinazione del predetto valore, con la conseguenza che si potrà utilizzare il metodo valutativo che risulterà più idoneo in base alle caratteristiche della società, alla composizione del patrimonio ed al settore in cui opera.
Il documento evidenzia che la dottrina maggioritaria ritiene maggiormente idoneo il metodo patrimoniale, in quanto l’elemento patrimoniale è senza dubbio centrale rispetto alla valutazione della partecipazione del socio recedente, anche se il metodo reddituale e quello finanziario possono essere utili per integrare il metodo patrimoniale stesso o per la verifica della stima ottenuta con il predetto metodo.
Ulteriore aspetto affrontato riguarda la possibilità di inserire nello statuto sociale una clausola derogatoria del criterio legale del valore di mercato, prevedendo la valutazione con altro criterio fino a spingersi alla determinazione in base al patrimonio netto contabile. Sul punto, il documento della Fondazione, pur riconoscendo che l’autonomia statutaria può individuare specifiche modalità per arrivare alla determinazione del valore di mercato, sono da considerarsi illegittime eventuali clausole di valutazione della partecipazione in misura pari al mero patrimonio netto contabile della società. A differenti conclusioni si perviene in presenza di clausole di recesso c.d. “volontarie” ed inserite nello statuto, per le quali è legittimo inserire un criterio di valutazione della quota del socio recedente in deroga alla valutazione secondo il valore di mercato (in tal senso, si veda la massima del Notariato del Triveneto n. I.H.21).
Per quanto riguarda il recesso da una Spa, l’articolo 2437-ter, cod. civ., prevede che “il valore di liquidazione è determinato dagli amministratori, sentito il parere del Collegio sindacale e del soggetto incaricato alla revisione legale dei conti, tenuto conto della consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive reddituali, nonché dell’eventuale valore di mercato della azioni”. In merito a tale disposizione, il documento della Fondazione evidenzia che l’articolo 2437-ter, cod. civ., non fa riferimento né al bilancio d’esercizio né alla situazione patrimoniale contabile, ragion per cui gli amministratori devono partire da una situazione patrimoniale contabile aggiornata ad una data ragionevolmente più prossima alla data prevista per l’assemblea il cui ordine del giorno prevede il diritto di recesso del socio.
Al pari di quanto previsto per le Srl, anche per le Spa è legittima la clausola statutaria che preveda, nei casi di recesso convenzionale, un valore di liquidazione delle azioni del socio recedente in misura inferiore al valore di mercato. In tal caso, come si legge nella Massima del Notariato del Triveneto H.H.15, il minore valore di liquidazione conseguito dal socio assolve sostanzialmente alla funzione di corrispettivo per il diritto di recesso “volontario”.