Recupero dell’IVA erroneamente versata nelle “vendite a distanza”
di Marco PeiroloIn un precedente intervento è stato evidenziato il principio dell’applicazione alternata dell’IVA nel Paese di origine o in quello di destinazione a seconda che l’importo complessivo delle “vendite a distanza” effettuate nel Paese del cliente, “privato consumatore”, sia inferiore o superiore alla soglia di 100.000,00 euro o al minore importo previsto da tale Paese.
L’art. 14 del Reg. UE n. 282/2011 disciplina l’ipotesi del superamento della soglia in corso d’anno, prevedendo che se, nel corso dell’anno, il massimale applicato da uno Stato membro è superato, non risulta modificato il luogo delle cessioni di beni effettuate nel corso dello stesso anno prima che il massimale fosse superato, a condizione che il cedente non abbia optato per l’applicazione dell’IVA nel Paese di destinazione e che il valore delle cessioni non abbia superato il massimale nel corso dell’anno precedente. In pratica, il superamento in corso d’anno della soglia non ha effetto sulle operazioni già effettuate nello stesso anno, che restano pertanto imponibili nel Paese del cedente. Se, però, il cedente ha optato per l’applicazione dell’imposta nel Paese di destinazione, il superamento della soglia in corso d’anno non ha effetto sul luogo impositivo, che resta in ogni caso coincidente con il Paese di destinazione dei beni.
Per evitare fenomeni di doppia imposizione che potrebbero verificarsi quando lo Stato membro di destinazione del bene pretenda il pagamento dell’imposta sull’operazione già tassata in Italia, l’art. 11-quater, comma 2, del D.L. n. 35/2005 ha previsto che il soggetto passivo italiano può chiedere la restituzione dell’IVA assolta in Italia entro il termine di due anni dalla notifica dell’atto impositivo da parte della competente Autorità fiscale estera.
Tale ipotesi ricorre quando la vendita è stata indebitamente assoggettata ad imposta in Italia in quanto ritenuta “sotto soglia”, per poi essere regolarmente tassata anche nel Paese membro di destinazione in base allo stesso principio sancito dall’art. 16 del Reg. UE n. 282/2011 per gli acquisti intracomunitari, in base al quale “lo Stato membro di arrivo della spedizione o del trasporto dei beni nel quale è effettuato un acquisto intracomunitario di beni a norma dell’art. 20 della Direttiva n. 2006/112/CE esercita il proprio potere impositivo indipendentemente dal trattamento IVA applicato all’operazione nello Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni”.
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare 13 giugno 2006, n. 20 (§ 3), ha chiarito che il soggetto passivo italiano, per ottenere la restituzione dell’imposta indebitamente versata in Italia, può avvalersi dell’istituto del cd. “rimborso anomalo”, di cui all’art. 21 del D.Lgs. n. 546/1992. La norma prevede che la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione. Nel caso di specie, la restituzione dell’IVA assolta in Italia deve essere chiesta entro il termine di due anni dalla notifica dell’atto impositivo da parte della competente Autorità fiscale estera.
In alternativa, il citato art. 11-quater, comma 2, del D.L. n. 35/2005 dispone che, su richiesta del contribuente, il rimborso può essere effettuato anche tramite il riconoscimento, con provvedimento formale da parte del competente ufficio delle Entrate, di un credito di corrispondente importo utilizzabile in compensazione “orizzontale”, ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997.
In proposito, la circolare n. 20/E/2006 (§ 3) ha precisato che il provvedimento che consente di compensare l’imposta indebitamente versata con altri debiti IVA (compensazione “verticale”) o con debiti per altri tributi e contributi (compensazione “orizzontale”) va adottato solo dopo che l’ufficio competente, in ragione del domicilio fiscale del richiedente, abbia accertato l’esistenza dei presupposti del credito. Ai fini del rimborso, peraltro, non è sufficiente il mero avvio della procedura di controllo da parte dell’Autorità fiscale dell’altro Paese membro, ma occorre che quest’ultima faccia valere la pretesa impositiva tramite notifica del relativo atto di accertamento. Il rimborso ha, infatti, ad oggetto l’IVA relativa alle operazioni per le quali sia definitivamente accertata la debenza nell’altro Paese membro, sempreché la stessa sia stata precedentemente versata all’Erario italiano.