Reddito agrario nei limiti della potenzialità del fondo
di Luigi ScappiniLa fiscalità diretta delle attività agricole si caratterizza per l’astrazione stabilita dall’articolo 32 Tuir, ai sensi del quale il reddito non viene determinato quale contrapposizione dei costi e dei ricavi inerenti l’attività, bensì quale espressione della capacità reddituale del fondo sul quale “teoricamente” viene esercitata l’attività.
La Riforma del 2001, infatti, riscrivendo integralmente la definizione di imprenditore agricolo ha “declassato” il ruolo del terreno all’interno dell’esercizio delle attività agricole, da imprescindibile a potenziale, in modo da lasciar spazio ad attività che non sfruttano appieno il fondo ma che comunque potrebbero essere esercitate in piena sintonia con lo stesso.
La novità si è, per effetto della struttura dell’imposizione reddituale e fondiaria nel caso di specie, riverberata in automatico sulle modalità di tassazione dei redditi derivanti dall’esercizio di attività agricole.
Tuttavia, per verificare se tale sistema di tassazione forfettizzata del reddito rappresenti effettivamente il regime impositivo corretto, non è necessario solamente verificare se l’attività svolta è tra quelle ricomprese nel perimetro delineato dall’articolo 32 Tuir, ma anche e soprattutto aver riguardo al soggetto; infatti, solamente le ditte individuali, le società semplici e gli enti non commerciali dichiarano il reddito agrario per natura.
In altri termini, tali soggetti, quando esercitano una delle attività individuate dall’articolo 32 Tuir, devono e non “possono” dichiarare il reddito agrario.
A partire dal 2007, per effetto di quanto previsto con l’articolo 1, comma 1093, L. 296/2006 (Finanziaria 2007) anche le società agricole, con esclusione di quelle costituite in forma di Spa e Sapa, possono “optare per l’imposizione dei redditi ai sensi dell’articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917, e successive modificazioni”.
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 2 D.Lgs. 99/2004, si considerano società agricole quelle che rispettano simultaneamente i seguenti requisiti:
– oggetto sociale con indicazione dell’esercizio esclusivo delle attività agricole previste dall’articolo 2135 cod. civ. e
– ragione o denominazione sociale contenente espressamente la dizione di “società agricola”.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 7447 del 08.03.2022, ha analizzato proprio il perimetro applicativo dell’articolo 32 Tuir, ponendo rimedio a una non corretta interpretazione delle norme.
I giudici correttamente evidenziano che il sistema impositivo basato sul reddito fondiario si applica a condizione che il reddito prodotto derivi dall’esercizio di un’attività agricola “nei limiti della potenzialità del terreno”.
In merito al requisito della potenzialità del fondo, il Legislatore fiscale, infatti, ha posto alcune limitazioni per quanto riguarda quelle attività, quali l’allevamento di animali e le colture in serra, che possono essere esercitate in maniera intensiva e quindi eccedente rispetto all’estimo catastale.
Nello specifico, l’allevamento di animali è produttivo di reddito agrario fintantoché è esercitato con mangimi ottenibili per almeno 1/4 da terreni condotti, mentre le produzioni di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fisse o mobili trova il limite nel doppio della superficie su cui la produzione stessa insiste.
Superati tali limiti, a prescindere dai requisiti soggettivi, il reddito eccedente la potenzialità del fondo dovrà sempre essere tassato quale reddito di impresa ai sensi, alternativamente, degli articoli 56 e 56-bis Tuir.
In particolare, per i soggetti che per natura dichiarano un reddito agrario (ditte individuali, società semplici ed enti non commerciali), il reddito eccedente sarà tassato quale reddito di impresa secondo le regole:
- per l’allevamento di animali previste dall’articolo 56, comma 5, Tuir; e
- per la coltivazione di vegetali in serra previste dall’articolo 56-bis, comma 1, Tuir
salvo, in entrambi i casi, la possibilità di optare per la determinazione secondo le regole ordinarie.
Al contrario, le società agricole dovranno ricondurre a tassazione i redditi eccedenti sempre seguendo le regole ordinarie del reddito di impresa in quanto:
- per l’allevamento di animali l’articolo 1, comma 1093, L. 296/2006, rimanda solo all’articolo 32 Tuir e
- per la coltivazione di vegetali l’articolo 56-bis, comma 4, Tuir inibisce in maniera espressa l’applicabilità delle regole di cui al precedente comma 1 per i soggetti di cui all’articolo 73 Tuir, nonché le Snc e le Sas.
In conclusione, riprendendo il principio di diritto enunciato nella sentenza n. 7447/2022 “In tema di reddito agrario la tassazione dell’attività agricola sul reddito catastale, ai sensi dell’articolo 32, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e non sul reddito effettivamente percepito, trova applicazione, sul piano soggettivo, tanto agli imprenditori individuali quanto alle società agricole -che possono chiederne l’applicazione ai sensi dell’articolo 2 del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99-; sul piano oggettivo essa incontra il limite nell’ordinario sfruttamento delle potenzialità del fondo, superato il quale cessa per tutti il trattamento agevolato, trovando per l’eccedenza applicazione gli articoli 56, ultimo comma, e 56 bis del d.P.R. n. 917 del 1986”.