Il reddito da locazione è fondiario solo se l’immobile è di proprietà
di Raffaele PellinoCon la sentenza n. 26447/2017, la Cassazione, ribadisce che il reddito derivante dalla locazione di un immobile può considerarsi reddito “fondiario” esclusivamente se la parte locatrice dispone del possesso del bene locato in quanto proprietaria, usufruttuaria o titolare di altro diritto reale sul bene.
In particolare, non è suscettibile di interpretazione “estensiva” la previsione che lega il concetto di reddito fondiario alla titolarità di un diritto reale sul bene immobile censito in catasto, a cui, per effetto di tale censimento, vengono attribuiti redditi presuntivi soggetti all’imposizione diretta.
Il caso oggetto di esame, ha riguardato appunto la tassazione dei canoni di locazione di alcuni immobili, di cui la ricorrente non risultava essere proprietaria né titolare di diritti reali.
Ma veniamo ai fatti.
L’Agenzia delle Entrate notificava ad una contribuente un avviso di accertamento con il quale veniva accertata una maggiore imposta Irpef (e relative addizionali regionali), oltre alle sanzioni, per l’omessa dichiarazione dei redditi percepiti a titolo di locazione di 7 unità immobiliari. La contribuente presentava ricorso alla commissione tributaria provinciale sostenendo di non essere tenuta al pagamento di quanto richiesto in quanto i contratti da cui sarebbe scaturito il maggior reddito erano stati “risolti” consensualmente con effetto “retroattivo” e, dunque, non avevano prodotto alcun effetto.
La C.T.P. accoglieva il ricorso, ritenuto che la ricorrente aveva documentalmente provato di non essere mai stata proprietaria delle unità immobiliari che aveva progettato di acquistare.
Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate presentava appello, che veniva accolto dalla C.T.R.. La contribuente proponeva, così, ricorso per Cassazione.
La questione all’esame della Corte riguarda, quindi, la tassabilità di canoni di locazione con riferimento ai quali sarebbe intervenuta la risoluzione consensuale, riguardante 7 immobili, di cui la ricorrente assume di non essere proprietaria, né titolare di diritti reali. Dall’esame della vicenda risulta, tuttavia, che di cinque immobili la ricorrente si è dichiarata promissaria acquirente (ma non proprietaria, essendo stati ceduti a terzi), mentre dei rimanenti risulta essere intestataria sulla base di visure catastali.
Al riguardo, si ricorda che la C.M. 73/1994 ha precisato che, in caso di trasferimento del diritto di proprietà dei beni immobili, “il reddito dell’unità immobiliare oggetto dell’obbligazione di compravendita dev’essere dichiarato dal promittente venditore tanto se il promissario acquirente sia immesso nel possesso quanto se il medesimo lo conceda in locazione a terzi. In quest’ultimo caso, tuttavia, il promissario acquirente dovrà dichiarare i relativi proventi quali redditi diversi …”.
Punto di partenza della questione è, dunque, l’articolo 26 del Tuir secondo cui: “i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quando stabilito dall’articolo 30, per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso”. Pertanto, il reddito derivante dalla locazione di un immobile può considerarsi “reddito fondiario” solo se la parte locatrice dispone del possesso del bene locato in quanto proprietaria, usufruttuaria o titolare di altro diritto reale sul bene in questione.
Tale norma – precisa la Corte – “è insuscettibile di interpretazione estensiva”, e quindi, lega la previsione del concetto di reddito fondiario (non di reddito di contratto di locazione) alla titolarità di un diritto reale sul bene immobile censito in catasto, a cui, per effetto di tale censimento, vengono attribuiti redditi presuntivi soggetti all’imposizione diretta (Cassazione n. 19166/2003, n. 20764/2006, n. 15171/2009).
Ne consegue che non va compreso fra i redditi da fabbricato quello derivante dalla locazione di un immobile stipulata da persona non proprietaria, né titolare di altro diritto reale sul bene in questione (Cassazione n. 19166/2003). Ciò che assume importanza – precisano i giudici – è che il locatore sia titolare di un diritto reale, non rilevando, ai fini della tassazione, l’intervenuta risoluzione consensuale del contratto di locazione, circostanza non idonea di per sé ad escludere che i relativi canoni non concorrano a formare la base imponibile Irpef. A tal fine è richiamata, tra gli altri, la sentenza n. 24444/2005 secondo cui: “Il solo fatto della intervenuta risoluzione consensuale del contratto di locazione, unito alla circostanza del mancato pagamento dei canoni relativi a mensilità anteriori alla risoluzione, non è dunque idoneo di per sé ad escludere che tali canoni concorrano a formare la base imponibile IRPEF, … salvo che non risulti la inequivoca volontà delle parti di attribuire alla risoluzione stessa efficacia retroattiva”.
In tal modo la Corte sottolinea, da una parte, la necessaria sussistenza di un contratto di locazione ai fini della tassazione del relativo reddito, e, dall’altra, che l’eventuale risoluzione dello stesso contratto comporta il venir meno dell’obbligo di tassare i canoni di locazione laddove risulti l’inequivocabile volontà delle parti di attribuire alla risoluzione “efficacia retroattiva”.
Va ricordato inoltre che, con riferimento ai due immobili catastalmente intestati alla parte ricorrente, ai fini della “prova” di un diritto reale, i dati catastali hanno valore di semplice indizio “costituendo un sistema secondario e sussidiario rispetto all’insieme degli altri elementi che il giudicante deve raccogliere in fase istruttoria” (Cassazione n. 5131/2009; n. 8496/2005; n. 3101/2005).
La Cassazione, quindi, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la stessa alla C.T.R. che dovrà accertare la sussistenza dei presupposti del Tuir sulla base del rilievo che il concetto di reddito fondiario è indissolubilmente legato alla titolarità di un diritto reale sull’immobile censito in catasto.