1 Settembre 2014

Redditometro senza “nesso eziologico”

di Nicola Fasano
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Si consolida sempre più l’orientamento della Cassazione secondo cui il contribuente ai fini della prova contraria richiesta a fronte del redditometro, sia tenuto a dimostrare solo il possesso di redditi esenti o comunque non inclusi nella dichiarazione per un periodo di tempo compatibile rispetto ai successivi incrementi patrimoniali. Nessuna rilevanza invece per il c.d. “nesso eziologico”, il contribuente quindi, contrariamente a quanto ritengono gli uffici, non deve dare alcuna prova del fatto che gli incrementi patrimoniali (o comunque il maggior reddito accertato con il redditometro) siano realizzati utilizzando proprio quelle somme esenti o escluse da tassazione.

Il principio è stato ribadito dalla Suprema Corte con la recentissima sentenza n. 17664 del 6 agosto 2014 che, pur consapevole dell’esistenza di un orientamento contrario (che a questo punto inizia a diventare minoritario) al proprio interno, evidenziato in particolare nella sentenza n. 6813/2009 (spesso richiamata dagli Uffici già in sede di accertamento), condivide quello più recente, affermato nella sentenza n. 6396/2014 (si veda in proposito “Prova ad ampio raggio contro il redditometro“) che in modo ineccepibile ha stabilito come nessun’altra prova deve dare la parte contribuente circa l’effettiva destinazione del reddito esente o sottoposto a tassazione separata agli incrementi patrimoniali, se non la dimostrazione dell’esistenza di tali redditi. In sostanza, in base al tenore letterale dell’art. 38, d.p.r. 600/1973 pro tempore vigente non può evincersi un onere di dimostrazione aggiuntivo circa la provenienza oltre che l’effettiva disponibilità finanziaria delle somme occorrenti per gli acquisti effettuati.

Resto fermo, osserva la Corte, che, come già evidenziato nella sentenza n. 8995/2014, il contribuente debba comunque dimostrare, attraverso idonea documentazione, l’entità dei redditi esclusi da tassazione e la durata del loro possesso in modo che si possa escludere che i redditi invocati per giustificare lo scostamento contestato dall’Ufficio, siano stati utilizzati, ad esempio, per un investimento finanziario. Tale prova potrà, ad esempio, essere fornita con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari del contribuente idonei a dimostrare appunto la durata del possesso dei redditi e non il semplice “transito” nella diponibilità del contribuente stesso.

Ebbene, sulla base di tali argomentazioni la Cassazione, con la sentenza 17664/2014 ha confermato la sentenza di secondo grado che aveva dato ragione al contribuente destinatario di un accertamento da redditometro basato su incrementi patrimoniali e il possesso di un’auto e due abitazioni, a fronte del quale il contribuente aveva opposto idonea documentazione (contabili bancarie, cantabilità e prospetti analitici di parte) da cui emergeva sia il possesso nell’anno in questione di rilevanti redditi diversi di natura finanziaria, sia l’entità di essi (addirittura superiore a quella accertata dall’Ufficio) sia la durata del loro possesso.

Le considerazioni svolte dalla Suprema Corte nel caso in esame, peraltro, possono valere senz’altro anche per il “nuovo” redditometro (nella versione post modifiche del D.L. 78/2010) che ha modificato le modalità di determinazione del reddito sintetico ma non, in linea di principio, il tipo di prova contraria che grava sul contribuente.