Redditometro vincente anche in caso di intento speculativo
di Maurizio Tozzi – Comitato Scientifico Master Breve 365La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21362 depositata in cancelleria il 21 ottobre 2015, interviene ancora una volta sulla tematica del redditometro, effettuando una sorta di sunto di quelli che sono gli elementi principali di tale tipologia di accertamento.
Venendo all’onere della prova, è sottolineato come l’applicazione dei parametri che sono fissati con i vari decreti ministeriali sono sufficienti a consentire all’Agenzia delle Entrate l’esperimento del controllo. Evidentemente, anche alla luce dell’attuale formulazione dell’articolo 38 del DPR 600/73, è ormai obbligatoria la fase iniziale del contraddittorio con il contribuente, configurandosi di fatto una sorta di percorso speculare a quello visto in materia di studi di settore. Volendo essere pratici:
- le segnalazioni che conducono alla selezione del contribuente consentono all’amministrazione finanziaria di richiedere al contribuente chiarimenti circa i beni e i servizi di cui ha disposto nell’anno considerato e di dimostrare le occorrenze economiche utilizzate al riguardo;
- tale richiesta deve transitare obbligatoriamente per la fase del contraddittorio preventivo;
- in sede di contraddittorio il contribuente può validamente difendersi, producendo proprie memorie. Sul tema si sottolinea l’importanza della linea difensiva del contribuente, posto che nel percorso endoprocedimentale di formazione dell’accertamento, la presenza di memorie difensive obbliga l’ufficio, nella motivazione dell’atto che intende emettere, a spiegare le ragioni che hanno condotto al mancato accoglimento delle giustificazioni di parte;
- il contribuente può anche decidere di non partecipare al contraddittorio. In tal caso è ovvio che l’avviso di accertamento può che essere emesso sulla base dei parametri disponibili per l’amministrazione finanziaria, mentre al contribuente resta l’onere di illustrare al giudice le sue motivazioni difensive;
- sarà infine il giudice a valutare il soddisfacimento dei rispettivi oneri probatori e la sussistenza o meno dei presupposti accertativi.
La Corte di Cassazione, in particolare, rimarca la necessità di dare idonea dimostrazione delle occorrenze utilizzate per le proprie disponibilità, dando anche debito conto del c.d. “nesso eziologico”. Trattasi di quel parallelo che deve sussistere tra le disponibilità economiche e i beni acquistati o goduti. Nel tempo la Suprema Corte ha più volte ribadito che non serve una dimostrazione puntuale di dette disponibilità, ma è necessario almeno provare l’entità e la durata dei redditi utilizzati. In termini essenziali, non è richiesta l’analitica dimostrazione del pagamento effettuato, ma almeno che al momento del pagamento gli importi utilizzati fossero disponibili e risalenti a fonti giustificate o comunque non più accertabili. Si pensi ad un incremento effettuato nel maggio del 2010: la prova deve essere fornita mediante la documentazione che le risorse economiche sussistevano dal 31 dicembre 2009 (annualità ormai prescritta) e che erano ancora disponibili in prossimità dell’acquisto; o ancora, che nel mese di aprile 2010 si è provveduto ad un disinvestimento con relativo introito delle risorse finanziarie poi utilizzate per il nuovo incremento.
Serve dunque “un elemento in più della mera prova della disponibilità di tali redditi ulteriori, richiedendo la prova documentale di entità e durata del possesso, al fine di ancorare a fatti oggettivi l’astratta disponibilità di tali redditi, ai fini della concreta riferibilità ad essi della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente”.
Infine proprio sul tema della prova contraria e del nesso eziologico la sentenza in esame effettua una puntualizzazione molto importante: l’intento speculativo è del tutto ininfluente ai fini del redditometro, non essendo utile dimostrare che l’immobile acquistato è stato immediatamente venduto a breve distanza di tempo. Di fatto, se è vero che il nesso eziologico non deve essere “puntuale” e analitico in ordine alla documentazione di acquisto (che ovviamente, se sussiste è bene dimostrare e produrre), è altrettanto vero che non si può giungere al concetto opposto del dimostrare che le risorse finanziarie astrattamente utilizzate per l’acquisto sono comunque state disponibili nel periodo d’imposta considerato, pur se in data successiva all’acquisto medesimo. Della serie, si giustifica l’incremento dell’acquisto di febbraio 2010 con il decremento di ottobre 2010 che ha consentito di avere, nel periodo d’imposta 2010, comunque un ammontare di risorse/reddito in grado di soddisfare l’ammontare utilizzato per l’acquisto.
La Suprema Corte evidenzia di non condividere tali tesi, richiedendo comunque la dimostrazione delle disponibilità finanziarie in data antecedente all’esborso. Non è possibile appellarsi al mero dato formale della lettera della norma rinviando ad un astratto possesso nel corso dell’intero anno sottoposto ad accertamento, ma è necessario in ogni caso illustrare la disponibilità antecedente all’acquisto e la relativa entità e durata delle risorse utilizzate, altrimenti l’onere difensivo non è ritenuto soddisfatto. E nel caso analizzato tale comportamento è stato anche duramente penalizzato mediante una severa condanna alle spese di giudizio.