Regime per cassa: da evitare salti d’imposta o doppie tassazioni
di Alessandro BonuzziIn sede di prima applicazione del regime per cassa è fondamentale intercettare i componenti di reddito la cui competenza economica risulta sfasata rispetto alla relativa manifestazione finanziaria al fine di evitare possibili salti o duplicazioni d’imposta.
Evidentemente il riferimento è a quei componenti positivi e negativi che, con l’ingresso nel rinnovato regime dedicato alle imprese minori, concorrono a formare il reddito d’impresa secondo il criterio di cassa.
La circolare AdE 11/E/2017 ha individuato in modo chiaro quali siano gli elementi soggetti alla modifica del criterio temporale di imputazione a tassazione. Trattasi, dal lato attivo, dei ricavi, dei dividendi e degli interessi attivi e, dal lato passivo, di tutte le spese sostenute per le quali la norma – l’articolo 66 del Tuir – non prevede espressamente l’applicazione del criterio della competenza: “spese per gli acquisti di merci destinate alla rivendita, di beni impiegati nel processo produttivo, di beni incorporati nei servizi, utenze, materiali di consumo, spese condominiali, imposte comunali deducibili, spese per assicurazioni e interessi passivi”.
Il legislatore, con la stesura del comma 19 dell’articolo unico della legge di Stabilità 2017, ha introdotto una specifica regola volta a evitare che il passaggio dalla competenza alla cassa possa determinare anomalie in termini di doppia imposizione/deduzione ovvero nessuna imposizione/deduzione.
Va peraltro evidenziato che il meccanismo è destinato a trovare applicazione, sia in fase di prima applicazione del regime per cassa, sia a regime, ogniqualvolta l’impresa transiti dalla/alla contabilità semplificata alla/dalla contabilità ordinaria.
La regola prevede che:
- un componente reddituale, che ha già concorso alla determinazione del reddito in applicazione delle regole previste dal regime di “provenienza”, non concorre alla formazione del reddito dei periodi di imposta successivi, ancorché si siano verificati i presupposti di imponibilità/deducibilità previsti dal regime di “destinazione”;
- un componente reddituale, che non ha concorso alla determinazione del reddito in applicazione delle regole previste dal regime di “provenienza”, concorre alla formazione del reddito dei periodi di imposta successivi, ancorché non si siano verificati i presupposti di imponibilità/deducibilità previsti dal regime di “destinazione”.
Ipotizzando l’adozione nel 2017 del regime per cassa, la circolare 11/E propone i seguenti esempi:
- i ricavi di vendita di beni consegnati nel 2016, il cui corrispettivo è incassato nel 2017, o i ricavi derivanti da prestazioni di servizi ultimati nel 2016, con compenso incassato nel 2017, che hanno concorso alla determinazione del reddito del periodo di imposta 2016, non costituiscono ricavi imponibili nel 2017;
- l’acquisto di beni di consumo, la cui consegna è avvenuta nel 2016 e il pagamento nel 2017, che ha originato un costo deducibile nel 2016, non può essere dedotto nel 2017;
- i ricavi di vendita di beni, consegnati nel 2017, il cui corrispettivo è già stato incassato nel 2016, o i ricavi derivanti da prestazioni di servizi ultimati nel 2017, con compenso già incassato nel 2016, che non hanno concorso alla determinazione del reddito del 2016, costituiscono ricavi imponibili nel 2017;
- l’acquisto di beni di consumo, consegnati nel 2017 con pagamento anticipato nel 2016, non ha dato luogo a un costo deducibile nel 2016 e, quindi, può essere dedotto nel 2017, all’atto della consegna;
- il canone annuo (settembre 2016 – agosto 2017) relativo a un contratto di affitto di un immobile strumentale, con pagamento anticipato nel mese di settembre 2016, dedotto per 1/3 lo scorso anno, è deducibile per la quota residua (2/3) nel 2017.
Con particolare riferimento a quest’ultimo punto, la regola troverebbe applicazione anche nell’ipotesi di pagamento posticipato nel 2017. Il canone annuo andrebbe sempre dedotto nell’anno in corso nella misura dei 2/3.
C’è da chiedersi quale sia il comportamento corretto in caso di pagamento ritardato nel 2018, qualora l’impresa adotti anche in tale annualità il regime per cassa. La soluzione più logica è quella di applicare il criterio finanziario, deducendo la quota parte di canone residua nel 2018.
Lo stesso dovrebbe valere ove il contratto fosse di durata biennale (settembre 2016 – agosto 2018) e prevedesse un unico pagamento nel 2018. La deduzione – per i 5/6 del canone – va fatta valere sempre avendo riguardo all’esborso finanziario.
20 Aprile 2017 a 16:11
Articolo molto interessante. Leggendo la circolare n. 11/E/2017, però, non mi è chiaro quanto affermato per le esistenze iniziali di magazzino nel ritorno alla “competenza”: la circolare afferma che per le “merci in rimanenza di cui non sia stato effettuato il relativo pagamento, le stesse rileveranno come rimanenze iniziali e si applicheranno le ordinarie regole di competenza”. Per tali merci, però, la norma prevista per evitare duplicazioni d’imposta prevede la deducibilità nell’anno di pagamento, anche se non di competenza, in quanto non dedotte con il regime di cassa. Il dubbio è quindi questo: l’importo di tali merci verranno dedotte come rimanenze iniziali o come costo di acquisto per costi non dedotti nel regime di cassa? Oppure bisognerà distinguere tra merci non pagate ed in magazzino ad inizio anno (rimanenze) e merci non pagate ma già vendute (costo deducibile)? Ovviamente escludendo si possa dedurle per entrambi i casi…
Grazie per l’attenzione.