27 Novembre 2018

Regime del margine: responsabilità allargata per i rivenditori di veicoli usati

di Davide Albonico
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Ai fini del riconoscimento dell’applicazione del regime del margine alla rivendita di veicoli usati, è ritenuta priva di rilievo la relativa annotazione sulle fatture di vendita mentre, per contro, rientra nell’onere probatorio del contribuente, ai fini della dimostrazione di aver agito in “buona fede”, la verifica di tutti i precedenti passaggi di proprietà attraverso l’esame dei documenti di circolazione.

Queste, in sintesi, le conclusioni a cui è giunta la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 9850 del 20.04.2018, è tornata ancora una volta a pronunciarsi sulla responsabilità del cessionario/rivenditore di mezzi di trasporto usati relativamente al corretto utilizzo del regime del margine.

Sebbene, difatti, il possesso di una fattura di vendita con annotazione del regime del margine apposta dal cedente europeo costituisca una dichiarazione di parte i cui effetti non possono essere certo contrastati dal ricevente, per carenza dei poteri invece propri dell’Amministrazione finanziaria, secondo i Supremi giudici spetta comunque all’operatore nazionale indagare ulteriori elementi che possano far sorgere il sospetto dell’esistenza di irregolarità tali per cui l’attestazione riferita al regime del margine risulti palesemente falsa.

La Suprema Corte ha così ribadito un orientamento ormai prevalente della giurisprudenza tributaria, secondo cui, in tema di corretta applicazione del regime del margine, occorre avere riguardo più all’aspetto sostanziale che a quello formale, contrariamente a quanto invece affermato a più riprese dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (in ultimo sentenza 18 maggio 2017, causa C-624/15, Lidtana).

Il caso trattato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9850, riguarda la decisione della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna che, respingendo l’appello promosso dal contribuente, confermava sostanzialmente la pretesa erariale originata da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate ai fini Iva per l’anno d’imposta 2002, sul presupposto dell’indebita applicazione del regime del margine alla rivendita di veicoli usati acquistati da un cedente comunitario soggetto passivo Iva.

Coerentemente con le recenti pronunce della stessa Cassazione (sentenza n. 21105 del 12.09.2017 a Sezioni Unite; sentenza n. 20089 del 24.09.2014; sentenza n. 24604 del 19.11.2014), e alla luce degli orientamenti della Corte di Giustizia UE, i Supremi Giudici ritengono che qualora l’Amministrazione finanziaria presuma, sulla base di elementi concreti e specifici, che il contribuente abbia indebitamente fruito del regime del margine, spetta allo stesso fornire la prova contraria, dimostrando la propria buona fede, “intesa sia come assenza di consapevolezza che il suo acquisto si iscriveva nel contesto di un’evasione dell’Iva, sia dell’uso della necessaria diligenza, ossia di aver adottato tutte le misure ragionevolmente esigibili da parte di un operatore accorto, al fine di assicurarsi che una tale evenienza dovesse escludersi”.

In particolare poi, per quanto riguarda la compravendita di autoveicoli usati, ovvero quelli che abbiano percorso oltre seimila chilometri e per i quali, all’atto della vendita, siano trascorsi più di sei mesi dalla data di prima immatricolazione (si tenga ben presente che tali condizioni devono sussistere entrambe contemporaneamente, non potendo, per l’effetto, considerare usato un veicolo che, nonostante sia “vecchio” ad esempio di due anni, abbia percorso solamente cinquemila chilometri), il cessionario deve provare la propria buona fede anche attraverso l’individuazione, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione in suo possesso, eventualmente integrati da elementi di agevole e rapida reperibilità, dei precedenti intestatari del veicolo, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se l’Iva sia stata, o meno, già assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione.

Qualora l’Amministrazione finanziaria dimostri, attraverso indagini e controlli inesigibili dal contribuente, che in realtà l’imposta, per qualsiasi motivo, era invece stata detratta, il diritto di applicazione del regime del margine dovrebbe comunque essere riconosciuto al cessionario in quanto, pur utilizzando la normale diligenza di un operatore economico accorto, non avrebbe mai potuto venirne a conoscenza.

Tale esimente non potrebbe all’opposto mai essere fatta valere quando dalla verifica del contribuente emerga che i precedenti titolari svolgevano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato dei veicoli. In tale evenienza difatti, operando la presunzione dell’avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell’Iva assolta a monte per l’acquisto dei veicoli stessi, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa, deve essere negato il diritto alla fruizione del trattamento fiscale più favorevole consistente nell’applicazione del regime del margine alla successiva rivendita.

In tal caso difatti, sempre secondo la Suprema Corte, ove il cedente non avesse in concreto provveduto a detrarre l’Iva spetterebbe al contribuente cessionario fornirne la relativa prova.

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