Dal punto di vista normativo, non solo comunitario ma anche nazionale, le disposizioni che disciplinano gli acquisti intracomunitari da parte degli operatori economici vanno coordinate con quelle relative al regime del margine, previsto per i rivenditori di beni usati.
Nella prospettiva interna, l’articolo 37, comma 2, del D.L. 41/1995, nel regolamentare i rapporti di scambio dei beni d’occasione con soggetti di altri Stati membri, stabilisce che le relative operazioni, effettuate con l’applicazione del regime speciale, non hanno natura intracomunitaria, sicché devono essere assoggettate a imposta nello Stato del cedente, a prescindere peraltro dallo status del cessionario (soggetto Iva o privato consumatore). In modo esattamente speculare, gli acquisti di beni usati effettuati dai soggetti italiani, per i quali l’imposta è applicata nello Stato membro di provenienza in base al regime del margine, non rivestono carattere intracomunitario neppure nell’ipotesi in cui il cessionario nazionale operi nell’esercizio di un’attività economica e ciò, come indicato dalla circolare AdE 40/E/2003, al fine specifico “di evitare una doppia imposizione su beni usati il cui acquisto da parte del rivenditore avviene sulla base di un prezzo già comprensivo di Iva, che non è possibile detrarre in quanto non autonomamente evidenziata”.
A fronte, pertanto, di un’operazione che nello Stato di origine non dà comunque luogo all’esposizione dell’Iva in fattura, in sede di successiva rivendita dei beni usati l’operatore italiano può applicare il regime speciale nel solo caso in cui, a monte, il cedente si sia avvalso del medesimo regime, che risulta però meno conveniente dal punto di vista economico per il rivenditore nazionale rispetto al regime proprio degli scambi intracomunitari di beni, basato sull’imposizione “a destino” con la procedura di inversione contabile.
Da ciò deriva, come sottolineato dall’Agenzia, “che, in caso di acquisto di autoveicoli usati da parte di soggetto Iva nazionale, presso un operatore di altro Stato membro, è necessario verificare preliminarmente se il cedente comunitario, che comunque emette fattura senza esposizione dell’imposta, abbia effettuato una cessione con utilizzo del sistema del margine o, piuttosto, abbia realizzato una vera e propria cessione intracomunitaria. Infatti, mentre nel primo caso il corrispettivo è già comprensivo di Iva, nell’ipotesi di cessione intracomunitaria l’imposta non risulta applicata in quanto il bene deve assolvere l’Iva nel Paese di destinazione, imponendo al cessionario italiano l’adempimento degli obblighi previsti dagli articoli 46 e seguenti del D.L. 331/1993 (integrazione della fattura di acquisto, registrazione della stessa, ecc.)”.
In merito ai profili di responsabilità in capo al cessionario nazionale in caso di applicazione del regime speciale in assenza dei presupposti, la Corte europea ha osservato che “l’amministrazione fiscale non può esigere in maniera generale che il soggetto passivo il quale intende esercitare il diritto di applicare il regime del margine, da un lato – al fine di assicurarsi che non sussistano irregolarità o evasione a livello degli operatori a monte – verifichi, segnatamente, che l’emittente della fattura correlata ai beni e ai servizi a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio di tale diritto abbia soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’Iva, o, dall’altro lato, che il suddetto soggetto passivo disponga di documenti a tale riguardo (…). Spetta, infatti, in linea di principio, alle autorità tributarie effettuare i controlli necessari presso gli operatori al fine di rilevare irregolarità e evasioni in materia di Iva nonché infliggere sanzioni all’operatore che ha commesso dette irregolarità o evasioni (…)”.
Si tratta, pertanto, di accertare, caso per caso, se il cessionario abbia agito in buona fede e abbia adottato tutte le misure indispensabili per assicurarsi che le operazioni effettuate non lo conducessero a partecipare ad una frode.
In ogni caso, concludono i giudici, l’indicazione in fattura tanto del regime del margine quanto dell’esenzione prevista per le cessioni intracomunitarie non è tale, di per sé, da escludere la buona fede dell’operatore, non costituendo un indizio valido dell’esistenza di un’irregolarità o di un’evasione commessa dalla controparte e, del resto, sarebbe contrario al principio di proporzionalità esigere dall’operatore la verifica sistematica, per ciascuna cessione, che il fornitore abbia effettivamente applicato il regime speciale.