Regime fiscale del passaggio dell’azienda al socio/associato superstite: non tutto è coerente
di Luciano SorgatoPaolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365Nel nuovo articolo 177 bis, Tuir (rubricato operazioni straordinarie e attività professionali), viene previsto il regime fiscale neutro per il trasferimento per causa di morte (o per atto gratuito) di un complesso unitario di attività materiali e immateriali, inclusa la clientela, nonché di passività, organizzato per l’esercizio dell’attività artistica o professionale svolta in forma individuale.
La norma ricalca, nella sostanza disciplinare, l’articolo 58, comma 1, Tuir, a mente del quale il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenze dell’azienda. Tuttavia, mentre tale ultima fattispecie viene legislativamente completata sul piano delle possibili complessive dinamiche impositive dall’articolo 67, comma 1, lett. h bis, Tuir – che cataloga come reddito diverso “le plusvalenze realizzate in caso di successiva cessione anche parziale delle aziende acquisite ai sensi dell’articolo 58 Tuir” – tale fattispecie imponibile non viene introdotta per i compendi patrimoniali professionali di cui al citato articolo 177 bis, Tuir.
Evidentemente, il legislatore presume che nel caso, ad esempio, di trasferimento mortis causa dello studio professionale, gli eredi proseguano l’attività del de cuius, subentrando, secondo le ormai collaudate prerogative della continuità fiscale, nei valori fiscalmente riconosciuti di ogni singolo elemento dell’aggregato patrimoniale ricevuto. Tuttavia, tale presunzione non appare ritraibile da alcuna convergenza di specifici elementi indiziari, per cui potrebbe anche essere che gli eredi, magari per la mancanza delle necessarie abilitazioni professionali, decidano di vendere l’unitario compendio patrimoniale organizzato ereditato.
Ma potrebbe anche verificarsi che non tutti gli eredi manifestino l’intendimento a proseguire l’attività professionale, preferendo venire liquidati del loro diritto ereditario.
In tali casi, il vuoto normativo si rivelerebbe particolarmente insidioso per l’Erario, vertendo la materia in chiaro regime di riserva di legge (articolo 23 Cost.) con vincolati spazi consentiti all’opera ermeneutica dell’interprete.
Anche nel caso di trasferimento mortis causa dell’azienda, l’articolo 58, comma 1, Tuir, nella sua attuale versione normativa, non assume, alla base del regime fiscale neutro, il vincolo della prosecuzione dell’esercizio dell’impresa, ma in caso di mancanza di continuità di intenti imprenditoriali da parte dell’avente causa, il legislatore ha ritenuto di chiudere il ciclo fiscale dei beni d’impresa con la previsione dell’articolo 67, comma 1, lett h bis, Tuir, che testualmente prevede il realizzo di plusvalenze con i medesimi criteri di calcolo indicati per il reddito d’impresa (articolo 86 Tuir) in caso di cessione, anche parziale, dell’azienda del dante causa.
La versione letterale dell’articolo 67 h bis, Tuir, è anche nella condizione di far fronte alle varie dinamiche fiscali che, in caso di un’azienda caduta in successione, possono interagire tra:
- la scelta di taluni eredi di non voler proseguire l’impresa del de cuius e;
- i valori fiscalmente riconosciuti degli elementi dell’azienda acquisita mortis causa.
Se si ipotizza un’azienda ereditata da tre legittimari, di cui uno intenda essere liquidato, in quanto non intende proseguire in società con gli altri due eredi, qualora gli alti due eredi procedessero personalmente a liquidargli il valore effettivo di un terzo dell’azienda caduta in successione, la fattispecie fiscalmente verrebbe ad inquadrarsi proprio nella lett. h bis, dell’articolo 67, Tuir, con la rilevanza impositiva di un terzo delle plusvalenze maturate in conto all’azienda. La fattispecie verrebbe, infatti, a connotarsi alla stregua di una cessione parziale di azienda, dal momento che tale locuzione non equivale a ramo d’azienda inteso come nucleo sinergico di beni ausiliario ad un processo produttivo, ma in senso decisamente atecnico di qualsiasi elemento costitutivo dell’azienda caduta in successione (in caso contrario il legislatore avrebbe letteralmente fatto ricorso al collaudato impiego di ramo d’azienda e non all’inusuale espressione di “cessione parziale dell’azienda”). A fronte di tale manifestazione di reddito diverso nei confronti dell’erede liquidato, l’azienda del de cuius implementa il suo valore fiscalmente riconosciuto per un ammontare esattamente corrispondente al plusvalore tassato, ricongiungendolo ai singoli beni plusvalenti, incluso l’avviamento.
In tal modo, in regime d’impresa, si persegue la razionale combinazione tra plusvalenze fiscalmente tassate e valori dell’azienda ereditata, impedendo così la distorsione fiscale della duplicazione d’imposta. Il valore fiscalmente riconosciuto delle quote del capitale sociale sottoscritto dai due eredi che intendono proseguire l’esercizio dell’impresa, organizzandosi in società, corrisponderà alla somma degli originari valori dei beni dell’intera azienda caduta in successione e del terzo di plusvalore personalmente liquidato a titolo di diritto ereditario al legittimario che non ha inteso partecipare alla costituenda società.
Conclusivamente si viene a definire una somma di addendi fiscali causalmente connessa sia alla continuità fiscale degli elementi patrimoniali dell’azienda del de cuius, per effetto del subentro previsto dall’articolo 58, comma 1, Tuir, e sia alla capitalizzazione delle plusvalenze tassate nella forma di reddito diverso, di cui all’articolo 67, comma 1, lett. h bis, Tuir, nei confronti dell’erede liquidato. Una combinazione di valori che si ricongiunge ad una dinamica fiscale che preserva la fattispecie impositiva sia da salti d’imposta che da duplicazioni d’imposta, evitando qualsiasi distorsione di sistema.
Nel caso di successione ereditaria dello studio professionale (ma con identità di effetti anche nel caso di acquisto a titolo gratuito dello studio professionale/artistico) manca la previsione di ogni aggiustamento normativo in ordine ad entrambi i casi sopra esaminati, con la prevedibile possibilità che si possano manifestare salti d’imposta i quali, in punto di diritto, non possono essere salvaguardati con il ricorso all’interpretazione analogica. L’unica soluzione appropriata è procedere legislativamente con l’aggiunta, nell’ambito dei redditi diversi, di un’ulteriore lettera h ter (nella sostanza ripetitiva della lett. h bis) solo adattata ai professionisti/artisti.