Regime forfettario 398: spiragli per l’emissione della nota di credito
di Luca CaramaschiLa possibilità di emettere note di variazione per rettificare in diminuzione operazioni per le quali l’iva è stata assolta con modalità particolari (nel caso in commento, forfettarie) è da sempre un tema dibattuto ed in relazione al quale l’Amministrazione finanziaria non si è sempre pronunciata in modo deciso ed inequivocabile.
Una prima indicazione, che deriva proprio dal dettato normativo, è che, per poter emettere la cosiddetta nota “di credito”, è necessario che l’operazione che si intende rettificare sia stata documentata da fattura e cioè dal documento di certificazione contemplato dall’articolo 21 D.P.R. 633/1972.
A tal proposito, infatti, è dirimente l’incipit del comma 2 dell’articolo 26 D.P.R. 633/1972 che afferma quanto segue: “Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, … il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25”.
Questa prima considerazione appare di immediata rilevanza con riferimento al caso che intendiamo affrontare, posto che, nel regime forfettario di cui alla L. 398/1991 (applicabile ad oggi ad un buon numero di enti di tipo associativo, fino a che l’imminente riforma del terzo settore ne restringerà l’applicazione al solo comparto sportivo dilettantistico), una delle agevolazioni più rilevanti consiste proprio nell’esonero quasi generalizzato dall’obbligo di certificazione dei corrispettivi commerciali.
Detto esonero promana direttamente dalla norma di semplificazione contenuta nel D.P.R. 696/1996 che, all’articolo 2, comma 1, lett. hh) stabilisce che non sono soggette all’obbligo di certificazione “le cessioni e le prestazioni poste in essere dalle associazioni sportive dilettantistiche che si avvalgono della disciplina di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398, nonché dalle associazioni senza fini di lucro e dalle associazioni pro-loco, contemplate dall’articolo 9-bis della legge 6 febbraio 1992, n. 66”.
Tale previsione, tuttavia, va letta in stretta correlazione con quanto previsto in origine dall’articolo 2 L. 398/1991 che al comma 3 afferma quanto segue “Per i proventi di cui al comma 2, soggetti all’imposta sul valore aggiunto, l’imposta continua ad applicarsi con le modalità di cui all’articolo 74 comma 5 (oggi comma 6) del DPR 633/1972”.
Tale ultima previsione, richiamando le modalità di determinazione della imposta sugli intrattenimenti, prevede che anche al regime forfettario 398 risultino applicabili le seguenti regole:
- la detrazione di cui all’articolo 19 è forfettizzata in misura pari al 50% dell’imposta relativa alle operazioni imponibili;
- se nell’esercizio delle attività incluse nella tariffa vengono effettuate anche cessioni o concessioni di diritti di ripresa televisiva e di trasmissione radiofonica, comunque connesse alle attività di cui alla tariffa stessa, l’imposta si applica con le predette modalità ma la detrazione è forfettizzata in misura pari ad un terzo per le cessioni o concessioni di ripresa televisiva e di trasmissione radiofonica;
- i soggetti che svolgono le attività incluse nella tariffa sono esonerati dall’obbligo di fatturazione, tranne che per le prestazioni di sponsorizzazione, per le cessioni o concessioni di diritti di ripresa televisiva e di trasmissione radiofonica e per le prestazioni pubblicitarie.
Per chi applica il regime forfettario 398, quindi, il tema riguardante l’eventuale possibilità di emettere note di credito riguarda generalmente le prestazioni da ultimo citate, atteso che per esse è previsto per legge l’obbligo di emettere fattura (ad eccezione, comunque, dei casi nei quali per tali prestazioni si ravvisi l’occasionalità e quindi la carenza del presupposto oggettivo di applicazione del tributo).
Resta in ogni caso salva la possibilità di emettere facoltativamente fattura per prestazioni che ne sarebbero esonerate, come nel caso di emissione della fattura da parte di un ente di tipo associativo per la percezione di un contributo-corrispettivo da parte della Pubblica Amministrazione.
Si ritiene che anche in tali casi sia potenzialmente possibile rettificare detta operazione avvalendosi della nota di variazione in diminuzione, atteso che l’incipit recato dal comma 2 dell’articolo 26 D.P.R. 633/1972, in precedenza citato, non discrimina tra fatture emesse per obbligo e quelle emesse in via facoltativa.
Fatta questa doverosa premessa, occorre ora interrogarsi sulla possibilità per l’ente di tipo associativo (sportivo, culturale, politico o religioso che sia), in relazione ai propri proventi commerciali documentati da fattura, di emettere la nota di credito prevista dai commi 2 e 3 dell’articolo 26 D.PR 633/1972.
Sul punto, in relazione al quale si riscontrano posizioni altalenanti in dottrina, è possibile richiamare – a favore di coloro che negano la possibilità di emettere la nota di credito – le conclusioni a cui sono pervenuti i funzionari Siae in occasione di una verifica: “la possibilità di emissione di una nota di variazione in diminuzione, secondo le modalità stabilite dall’articolo 26 del DPR 633/1972, è preclusa alle associazioni in regime ex legge 398/1991 poiché il tributo per tali soggetti è concludente per cui il recupero dell’Iva versata all’erario deve avvenire mediante attivazione di una procedura di rimborso ai sensi dell’articolo21 del d.lgs. 546/1992. Tuttavia, antecedentemente alla richiesta di rimborso è opportuno che l’associazione si attivi giudiziariamente nei confronti del cliente inadempiente per il recupero delle somme non pagate; solo a seguito di pronuncia giudiziaria si ha la certezza dell’inadempienza e il mancato recupero delle somme dovute attraverso idonea procedura esecutiva determina la possibilità di richiedere il rimborso all’amministrazione finanziaria“.
Un’altra considerazione a “sfavore” della possibilità di emettere la nota di credito, a parere di chi scrive ben più “consistente” di quella evidenziata dai verificatori Siae, potrebbe essere quella che deriva dallo stesso dettato normativo del comma 2 dell’articolo 26 D.P.R. 633/1972 e cioè che il cedente/prestatore “ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25”.
È a tutti noto che una delle semplificazioni riconosciute a coloro che applicano il regime 398, oltre a quella dell’esonero da obbligo di certificazione, è quella che consiste nell’esonero dall’obbligo di tenuta dei registri previsti dalla disciplina Iva, fatto che quindi rende – almeno da un punto di vista letterale – impossibile applicare la previsione normativa nella parte in cui richiede la registrazione della nota di credito sul registro iva acquisti.
Deve essere per la verità osservato che il successivo comma 8 del citato articolo 26 consente, oltre alla registrazione della nota di credito sul registro iva acquisti previsto dall’articolo 25 (cosiddetta “annotazione diretta”) anche la cosiddetta “annotazione in rettifica” sui registri di cui agli articoli 23 e 24 D.P.R. 633/1972 e cioè i registri corrispettivi e vendite.
Si tenga poi ulteriormente presente che i soggetti che applicano il regime forfettario 398 devono annotare, in sostituzione del tradizionale registro iva vendita, i corrispettivi e le eventuali fatture emesse sul particolare registro approvato con il D.M. 11.02.1997.
Laddove, quindi, si intendesse abbandonare un approccio eccessivamente formalistico per adottarne uno più sostanzialistico (in questa direzione, peraltro, proprio sul tema degli adempimenti, sembrano andare anche le pronunce dell’Amministrazione finanziaria degli ultimi anni) si ritiene possibile bypassare sul punto la parte in cui la norma richiede la registrazione della nota di credito sui “classici” registri iva acquisti e/o vendite, intendendosi tale requisito soddisfatto dalla evidenza/annotazione della citata nota di credito sul richiamato registro ex D.M. 11.02.1997.
È infatti lo stesso articolo 1 del citato D.M. 11.02.1997 ad affermare che “E’ approvato, con le relative istruzioni, l’annesso prospetto (allegato A) di cui all’articolo 3, comma 166, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, il quale può tenere luogo dei registri previsti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto”.
In favore della possibilità di emettere la nota di credito da parte di chi applica particolari modalità di determinazione dell’imposta sul valore aggiunto (in particolare basata sulle operazioni attive) è peraltro intervenuta di recente la risposta n. 155 del 22.05.2019 (commentata da chi scrive nel contributo apparso sulla presente rivista lo scorso 1° giugno 2019), le cui considerazioni si ritengono applicabili anche al caso in commento, soprattutto nella parte in cui si richiamano i principi di effettività e neutralità dell’Iva espressi a livello comunitario dalla Direttiva del Consiglio 2006/112/CE del 28.11.2006.
In particolare, nell’ammettere la nota di variazione in diminuzione “anche nel caso in cui l’imposta dovuta … è determinata con il criterio della forfettizzazione della resa”, il documento di prassi richiama la recente sentenza 23 novembre 2017 della Corte di Giustizia UE (causa C-246/16) nella quale si esprime il principio per cui “ammettere la possibilità per gli Stati membri di escludere qualsiasi riduzione della base imponibile dell’Iva sarebbe contrario al principio di neutralità dell’Iva, da cui deriva in particolare che, nella sua qualità di collettore d’imposta per conto dello Stato, l’imprenditore dev’essere sgravato interamente dell’onere dell’imposta dovuta o pagata nell’ambito delle sue attività economiche a loro volta soggette a Iva”.
In conclusione, pertanto, si ritiene che in costanza di operazioni fatturate da parte di chi ha optato per il regime forfettario di cui alla L. 398/1991, il recupero dell’Iva in esse contenute possa effettivamente avvenire:
- direttamente attraverso l’emissione di note di credito annotate nel registro di cui al M. 11.02.1997, a decurtazione dall’imposta a debito risultante dalle fatture e dai corrispettivi annotati per il periodo di riferimento nel medesimo registro;
- mediante la cosiddetta istanza di rimborso “anomalo” di cui all’articolo 21 D.Lgs. 546/1992 nel caso in cui nel trimestre il sodalizio non abbia conseguito corrispettivi, stante l’impossibilità per chi si avvale del regime 398 di riportare “a nuovo” l’eventuale credito maturato nel periodo precedente.
Sarebbe auspicabile sul punto una chiara e definitiva presa di posizione da parte dell’Agenzia delle entrate.