Il regime Iva dei servizi di accoglienza ai migranti
di Gennaro NapolitanoSollecitata da un’istanza di interpello presentata dal competente Ministero, l’Agenzia delle entrate, con la risoluzione 74/E/2018, è intervenuta sul regime Iva applicabile alle prestazioni di servizi rese nei centri di accoglienza ai migranti e ai richiedenti asilo.
Tali centri sono attivati dagli organi periferici del Ministero istante i quali, con gare a evidenza pubblica, affidano i servizi di accoglienza a società commerciali, associazioni temporanee d’impresa, Onlus, associazioni di volontariato, cooperative sociali ed enti pubblici. Il rapporto con gli affidatari è regolato da apposite convenzioni.
L’attività di accoglienza consiste nella prestazione di servizi di diversa natura: accoglimento, disbrigo di pratiche amministrative, assistenza generica alla persona, erogazione di pasti, pulizia, assistenza sanitaria, distribuzione di beni.
Il Ministero istante evidenzia che, per assicurare l’uniformità delle procedure di affidamento, è stato adottato uno schema di capitolato, in base al quale, nel caso di centri di accoglienza capaci di ospitare più di 300 persone, l’appalto viene ripartito in quattro lotti prestazionali (fornitura servizi, pasti, beni e pulizia/igiene ambientale); mentre, nei centri con capienza non superiore a 300 persone, l’appalto è affidato a un unico soggetto (con corresponsione di un unico corrispettivo).
Sulla base di queste premesse, l’interpellante si rivolge all’Agenzia per avere chiarimenti sulla disciplina Iva applicabile alle prestazioni di servizi erogante nei centri di accoglienza, chiedendo:
- se l’esenzione Iva stabilita dall’articolo 10, n. 21, D.P.R. 633/1972 si può applicare anche alle cooperative sociali e ai loro consorzi,
- in che misura deve essere applicata l’Iva ai diversi servizi nel caso di appalto suddiviso in più lotti prestazionali,
- se, nell’ipotesi di contratti in corso di esecuzione con applicazione dell’Iva, gli organi ministeriali periferici, che operano in regime di split payment, possono liquidare il corrispettivo ai soggetti affidatari senza versamento dell’imposta.
Nell’articolare la propria risposta, l’Agenzia ricorda, innanzitutto, che, secondo prassi consolidata (cfr., ex multis, risoluzione 188/E/2002), le prestazioni di servizi rese nei centri di accoglienza dei migranti e dei richiedenti asilo politico sono riconducibili nel novero di quelle indicate dall’articolo 10, n. 21, D.P.R. 633/1972. Tale norma prevede che sono esenti da Iva “le prestazioni proprie dei brefotrofi, orfanotrofi, asili, case di riposo per anziani e simili (…), comprese le somministrazioni di vitto, indumenti e medicinali, le prestazioni curative e le altre prestazioni accessorie”.
L’ipotesi di esenzione disciplinata dalla disposizione in esame è di tipo oggettivo, operando indipendentemente dalla natura del soggetto che eroga le prestazioni ivi indicate. Tuttavia, ai fini della sua applicazione, è necessario che i beneficiari delle prestazioni stesse siano soggetti “disagiati degni di protezione civile” (cfr. risoluzioni AdE 1/E/2002 e 39/E/2004).
Inoltre, ai fini del regime di esenzione, l’Agenzia evidenzia che:
- è necessario che la struttura offra un complesso di servizi (quindi, non solo di tipo primario, ma anche accessori e di supporto);
- nel novero delle strutture in regime di esenzione possono essere incluse anche quelle non espressamente indicate dal ricordato n. 21, ma “aventi le medesime caratteristiche”.
Tuttavia, prosegue l’Amministrazione, se affidatario del servizio risulta essere una cooperativa sociale (o un consorzio di cooperative sociali) si applica l’aliquota Iva del 5%. In tal caso, infatti, viene in rilievo quanto stabilito dalla legge di stabilità 2016, che, inserendo la Parte II-bis alla Tabella A, allegata al D.P.R. 633/1972, ha espressamente previsto che alle “prestazioni di cui ai numeri 18), 19), 20), 21) e 27-ter) dell’articolo 10, primo comma, rese in favore dei soggetti indicati nello stesso numero 27-ter) da cooperative sociali e loro consorzi” l’Iva si applica, appunto, con aliquota del 5% (cfr. articolo 1, comma 960 e ss., L. 208/2015).
Dalla lettura di tale ultima disposizione, inoltre, si ricava che, ai fini dell’operatività dell’aliquota ridotta, le cooperative sociali (e loro consorzi) devono effettuare le prestazioni in esame a favore dei soggetti indicati dal citato numero 27-ter, nel cui novero rientrano anche le “persone migranti, senza fissa dimora, richiedenti asilo”.
Di contro, se affidatario del servizio è un’associazione di volontariato (ex articolo 3 L. 266/1991), e le prestazioni rientrano tra le sue finalità istituzionali, l’Iva non si applica. In tale ipotesi, infatti, rileva quanto previsto dall’articolo 8 L. 266/1991, secondo cui “le operazioni effettuate dalle organizzazioni di volontariato (…), costituite esclusivamente per fini di solidarietà, non si considerano cessioni di beni, né prestazioni di servizi ai fini Iva (…)”.
Pertanto, l’Amministrazione conclude che:
- al corrispettivo erogato all’unico gestore del centro di accoglienza (capienza che non supera i 300 posti) si applica il regime di esenzione Iva “a prescindere dalla natura giuridica del prestatore” (fatta eccezione per l’ipotesi in cui gestore sia una cooperativa sociale o un’associazione di volontariato)
- invece, nel caso di appalto suddiviso in lotti prestazionali (centro di accoglienza con più di 300 posti) e, quindi, di prestazioni rese da gestori diversi a cui vengono erogati distinti corrispettivi, ciascuna tipologia di prestazione va assoggettata a Iva in base al regime proprio applicabile al tipo di servizio reso e al soggetto prestatore (con la conseguenza che i servizi sono esclusi da Iva soltanto se resi da un’associazione di volontariato)
- infine, in tutti i casi in cui si applica l’Iva, l’imposta deve essere liquidata in regime di split payment poiché gli organi periferici del Ministero rientrano nel novero dei soggetti a cui si applica il peculiare meccanismo disciplinato dall’articolo 17-terP.R. 633/1972.
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