Regime IVA delle esportazioni in conto lavorazione
di Marco PeiroloCon l’ordinanza n. 28709 del 30 novembre 2017, la Corte di Cassazione ha ribadito il principio che nella sfera di applicabilità dell’articolo 8, comma 1, del D.P.R. 633/1972 non rientrano le esportazioni effettuate in conto lavorazione (neppure se effettuate attraverso la procedura dell’esportazione temporanea – cd. “perfezionamento passivo”, stante l’assoggettamento ad IVA della “reimportazione a scarico di esportazione temporanea”, come previsto dall’articolo 67, comma 2, del D.P.R. 633/1972), in quanto normalmente effettuate senza trasferimento alla società estera della titolarità, di fatto e giuridica, dei beni ceduti per la lavorazione. A questa conclusione fa eccezione il caso in cui l’operatore nazionale, sul quale grava il relativo onere probatorio (essendo inapplicabile all’esportazione la presunzione di cessione di cui all’articolo 1 del D.P.R. 441/1997, riferita ai soli “beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti”), dimostri il definitivo trasferimento e cessione della merce all’estero dietro pagamento di corrispettivo.
Il principio espresso dalla Suprema Corte trova conferma nel consolidato orientamento della giurisprudenza, secondo cui la configurabilità di una cessione all’esportazione, non imponibile ai fini IVA ai sensi del citato articolo 8, comma 1, del D.P.R. 633/1972, richiede la coesistenza di un duplice requisito, vale a dire il trasporto/spedizione dei beni fuori del territorio dell’Unione europea, comprovato da apposita documentazione doganale, e la cessione del bene, che ai sensi dell’articolo 2 del medesimo D.P.R. 633/1972si realizza mediante un atto a titolo oneroso che importi il trasferimento della proprietà, ovvero la costituzione o il trasferimento di altro diritto reale sul bene stesso (Cassazione n. 5168/2016).




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