Regime speciale per lavoratori impatriati: in una circolare i chiarimenti delle Entrate
di Euroconference Centro Studi TributariIl regime fiscale speciale per i lavoratori impatriati è stato introdotto dall’articolo 16 D.Lgs. 147/2015 ed è stato oggetto di successive modifiche ad opera del Decreto Crescita (articolo 5 D.L. 34/2019).
In estrema sintesi, la disposizione attualmente in vigore prevede il concorso alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30% dei redditi di lavoro dipendente, redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato, purché siano rispettate le seguenti condizioni:
b) l’attività lavorativa è prestata prevalentemente nel territorio italiano.
Vengono poi previste specifiche agevolazioni al ricorrere di determinate condizioni richiamate dallo stesso articolo 16 D.Lgs. 147/2015.
Le novità introdotte nell’ambito della disciplina in esame con il D.L. 34/2019 sono state commentate dall’Agenzia delle entrate con la circolare 33/E/2020, pubblicata ieri, 28 dicembre.
Particolare rilievo assumono, a tal proposito, i chiarimenti forniti con riferimento ai casi di mancata iscrizione all’Aire.
Come già ricordato, infatti, questo regime di favore richiede, per la sua applicazione, che il contribuente non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il rientro e si impegni a permanervi per almeno due anni, a pena di decadenza.
Un’importante novità prevista dal Decreto Crescita è la previsione secondo cui “I cittadini italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) rientrati in Italia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 possono accedere ai benefici fiscali di cui al presente articolo purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al comma 1, lettera a)”.
Questa nuova disposizione permette quindi ai contribuenti che non risultano iscritti all’Aire (o vi risultano iscritti per un periodo inferiore a quello richiesto) di comprovare il periodo di residenza all’estero sulla base delle Convenzioni contro le doppie imposizioni.
La stessa previsione, tuttavia, non può trovare applicazione nel caso in cui un cittadino straniero, dopo aver vissuto in Italia trasferendovi la residenza fiscale, si trasferisca nuovamente all’estero senza provvedere alla cancellazione dall’anagrafe nazionale della popolazione residente.
Chiarisce tuttavia la circolare che “attesa la ratio della norma, volta ad agevolare le persone fisiche che trasferiscono la residenza in Italia per svolgervi un’attività di lavoro, si ritiene che il cittadino straniero, che non si sia cancellato dall’anagrafe nazionale della popolazione residente in Italia, ma sia in grado di comprovare di aver avuto effettivamente la residenza all’estero sulla base delle disposizioni contenute nelle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni nei periodi di imposta in cui era formalmente residente in Italia, possa comunque accedere al regime fiscale in esame”.
La parte finale della circolare analizza poi alcuni “casi particolari”, fornendo, tra l’altro, interessanti chiarimenti con riferimento alla possibilità di applicare il regime forfettario nel caso in cui il contribuente rientri in Italia per svolgere un’attività di lavoro autonomo.
A tal proposito l’Agenzia delle entrate precisa che i contribuenti in regime forfettario non possono beneficiare del regime previsto per i lavoratori impatriati, in quanto i redditi prodotti in regime forfetario non partecipano alla formazione del reddito complessivo.