Reiterate le facoltà su perdite e sospensione degli ammortamenti
di Fabio LanduzziIl Decreto Milleproroghe (D.L. 198/2022, attualmente in fase di conversione in legge) è intervenuto su due specifiche aree che interessano gli aspetti contabili e civilistici dei bilanci in corso di chiusura. Precisamente, l’articolo 3:
- al comma 9, estende anche alle perdite emerse nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2022 la speciale disciplina facoltativa dell’articolo 6, comma 1, D.L. 23/2020, ovvero la sospensione per un quinquennio degli obblighi di riduzione del capitale per perdite, e della causa di scioglimento anticipato della società per la riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo previsto dalla legge, altrimenti prescritte ai sensi degli articoli 2446, commi 2 e 3, 2447, 2482-bis, commi 4, 5 e 6, 2482-ter, 2484, co. 1, n. 4), e 2545-duodecies, cod. civ.; e
- al comma 8, estende anche all’esercizio in corso al 31 dicembre 2023 la facoltà, già prevista per gli esercizi in corso al 31 dicembre 2020, 2021 e 2022, dall’articolo 60, comma 7-bis, D.L. 104/2020, di poter sospendere, in tutto o in parte, l’imputazione al conto economico dell’esercizio degli ammortamenti delle immobilizzazioni materiali ed immateriali.
Il primo dei due interventi sopra elencati, entrambi i quali hanno il chiaro scopo di rinnovare le forme meramente contabili di preservazione delle imprese nel contesto particolarmente complesso di questi anni, riporta alla ribalta le considerazioni che già erano state sviluppate in occasione della precedente edizione di queste norme, con riferimento alla questione della più corretta individuazione di quali perdite possano effettivamente accedere al beneficio (facoltativo) proposto dal Legislatore.
Ovvero, se si deve dare preminenza alla dimensione “economica” della perdita (quella che emerge dal conto economico, per essere chiari) senza considerare il suo preventivo assorbimento tramite l’uso delle riserve del patrimonio netto (tesi sostenuta da Assonime, nel Il Caso 6/2021, e dal Notariato del Triveneto, nella Massima T.A.1,) oppure se si deve guardare alle perdite che, previa riduzione ad opera delle riserve, residuano per un importo tale da intaccare il capitale sociale nella misura ritenuta “pericolosa” dall’ordinamento (tesi che veniva sostenuta, ad esempio, dal Cndcec nel documento pubblicato il 25 marzo 2022 insieme alla FNC).
Si può osservare come entrambe le posizioni espresse abbiano una loro ragione ed una dignità tecnica apprezzabile; per cui, spetterà agli organi delle società decidere dell’assunzione della posizione ritenuta più adeguata nel caso di specie, tenendo conto della necessaria prudenza con cui questa norma deve essere in ogni caso applicata, non dimenticando gli effetti prodotti dalla sua ormai pluriennale reiterazione.
Rimangono in ogni caso ferme tutte le altre condizioni e prescrizioni poste dall’impianto normativo dell’articolo 6 D.L. 23/2020, quanto in modo particolare alla separata indicazione di tali perdite nella Nota integrativa, avendo riguardo anche alla origine e movimentazione intervenuta.
Come anzidetto, non si può tacere che accresca la sensibilità a cui richiamava già il Cndcec circa la decisione degli amministratori di usufruire di questa facoltà, ancor più se già ne avessero beneficiato per le perdite degli anni precedenti; si rammenta, infatti, come fosse stato fatto richiamo alla necessità di compiere “valutazioni ragionevoli e prudenti” facendo ricorso a questa facoltà con delle modalità “selettive” e “non indiscriminate”, senza perdere di vista le “concrete prospettive” dell’impresa di riuscire a coprire le perdite nell’orizzonte temporale allungato, mediante azioni pianificate dal management.
Occorre infatti ricordare che la norma non costituisce affatto una deroga al generale postulato della continuità aziendale, così che “resta in ogni caso ferma la necessità della verifica della sussistenza della continuità aziendale” da parte degli amministratori, pur in presenza di perdite.
Di effetto ancor più potenzialmente dirompente, se guardato rispetto al concetto contabile e ragionieristico di formazione del bilancio, è il secondo dei provvedimenti citati, con cui si estende anche al 2023 (dopo il triennio 2020 – 2022) la facoltà di non imputare gli ammortamenti nel bilancio d’esercizio per i soggetti OIC Adopter.
Dato che si tratta del quarto anno di applicazione (facoltativa) della deroga, molto probabilmente alcuni cespiti giungeranno già nel 2022 alla fine della loro vita utile, o saranno comunque davvero prossimi a raggiungerla, sicché per questi beni si porrà in ogni caso il tema dell’imputazione al conto economico di periodo degli ammortamenti “sospesi”, vuoi in forma di minusvalenze (come nel caso dei cespiti dismessi) o vuoi in forma di maggiori quote di ammortamento a causa del venir meno di un periodo di vita utile residua.
Per cui è ragionevole supporre che le intenzioni del Legislatore siano quelle di fornire anche per il 2022 ed il 2023 un’occasione per alleggerire il conto economico delle imprese in modo straordinario, avendo riguardo a cespiti di più recente acquisizione, oppure a cespiti che hanno ancora una cospicua vita utile residua, anche per effetto di eventuali revisioni della durata stessa.
Anche in questo caso restano ferme tutte le altre condizioni già previste dall’impianto normativo, ivi incluso il trattamento fiscale che, secondo l’interpretazione avallata anche dall’Amministrazione Finanziaria, consente all’impresa stessa di scegliere se proseguire o meno l’ammortamento ai soli fini fiscali mediante l’effettuazione di una variazione in diminuzione extracontabile, generando così un doppio binario contabile e fiscale foriero di produrre imposte differite.