Requisiti di connessione in presenza di due impianti fotovoltaici
di Luigi ScappiniL’Agenzia delle entrate, con la risposta a interpello n. 319 del 1° giugno 2022, torna a occuparsi della tassazione delle energie rinnovabili prodotte da imprenditori agricoli, rimandando, ai fini della verifica del rispetto della connessione con l’attività agricola primaria esercitata, ai criteri stabiliti con la circolare 32/E/2009.
Istante è una società semplice che svolge attività agricola utilizzando terreni in proprietà e in affitto, ubicati nel Comune in cui ha la propria sede legale nonché in quelli limitrofi, e che è già in possesso di un impianto “a terra” per complessivi 999 kWp, che soddisfa i requisiti di connessione in quanto la società conduce almeno 1 ettaro di terra ogni 10 kW di potenza installata, eccedente la franchigia di 200 kW, come richiesto dalla circolare 32/E/2009.
La società intende realizzare un secondo impianto fotovoltaico, in questo caso parzialmente integrato sul tetto di copertura di un capannone dell’azienda e si chiede se si possa considerare connesso anche il secondo impianto.
L’Agenzia delle entrate, afferma che, poiché la circolare 32/E/2009 non individua limiti al numero dei requisiti da soddisfare per dimostrare la connessione tra l’attività agricola esercitata e quella connessa consistente nella produzione di energia rinnovabile, è sufficiente il rispetto, per ogni impianto, di almeno uno dei requisiti richiesti
Il chiarimento è utile in quanto, come noto, il Governo, per gli anni dal 2022 al 2026 ha stanziato 1.500 milioni di euro a valere sui fondi del PNRR, missione 2, componente 1, investimento 2.2., per la realizzazione dei c.d. parchi agrisolari. Ne deriva che non poche saranno le imprese che si troveranno a dover gestire un secondo impianto.
L’intervento, infatti, mira a sostenere la realizzazione di impianti fotovoltaici, per autoconsumo, da realizzarsi sui tetti delle strutture aziendali a disposizione.
Da un punto di vista civilistico, la connessione è stata circoscritta con la sentenza della Corte Costituzionale n. 66/2015 con cui è stato chiarito che l’attività di produzione di energia da fonti rinnovabili “è appunto da qualificarsi come “attività diretta alla fornitura di beni” e, quindi, per essa vale il requisito della “utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola“. In particolare, quello che qui viene in evidenza è il fondo, quale “risorsa” primaria dell’impresa agricola, che, anche quando sia utilizzato per la collocazione degli impianti fotovoltaici, insieme alle eventuali superfici utili degli edifici addetti al fondo, deve comunque risultare “normalmente impiegata” nell’attività agricola.”.
Da un punto di vista fiscale, al contrario, si rendono ancora applicabili le disposizioni di cui alla circolare 32/E/2009 che, per quanto riguarda gli impianti realizzati sulle coperture, richiede, ai fini della verifica del requisito della connessione fiscale, che l’impianto abbia una integrazione architettonica, anche parziale, come prevista dall’articolo 2 D.M. 19.02.2007.
Ne deriva che in ipotesi di presenza sia di impianti “a terra” sia di impianti integrati o parzialmente integrati a strutture produttive aziendali, quel che conta è che sia rispettato almeno uno dei tre requisiti individuati con la circolare 32/E/2009.
Fiscalmente, per effetto delle modifiche apportate al comma 423 della L. 266/2005 (la c.d. Legge finanziaria per il 2006), a mezzo del comma 910 della L. 208/2015 (la c.d. Legge di bilancio per il 2016), la produzione di energia rinnovabile da fonte fotovoltaica da parte degli imprenditori agricoli “Ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa … sino a 260.000 kWh anno” costituisce un’attività connessa ai sensi dell’articolo 2135, comma 3, cod. civ. e si considera produttiva di reddito agrario.
L’eventuale produzione eccedente di energia viene tassata forfettariamente applicando il coefficiente di redditività del 25% “all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, relativamente alla componente riconducibile alla valorizzazione dell’energia ceduta, con esclusione della quota incentivo”.
Tale modalità di tassazione, per espressa previsione normativa, si rende applicabile non solo alle persone fisiche e alle società semplici, ma anche alle società agricole ex articolo 2 D.Lgs. 99/2004 che hanno optato per la determinazione del reddito, che mantiene la natura di impresa, secondo le regole di cui all’articolo 32 Tuir e quindi catastalmente.
Si ricorda che si considerano società agricole quelle la cui ragione sociale o la denominazione sociale contiene l’indicazione di società agricola e “hanno quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile”.
Inoltre, sebbene da un punto di vista civilistico si considerano tali anche le Spa e le Sapa, queste forme societarie non possono optare per la determinazione del reddito secondo le regole catastali.
Il Legislatore, anche nel caso delle energie rinnovabili prevede la possibilità di optare per la determinazione del reddito, sulla parte eccedente i 260.000 kWh, per le regole ordinarie, previa “comunicazione all’ufficio secondo le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442.”.
A tal proposito, per quanto riguarda l’opzione, con la risoluzione 28/E/2018, proprio in riferimento alle società agricole ha avuto modo di precisare che “il richiamato articolo 2, comma 3, del D.P.R. n. 442 del 1997 prevede espressamente che, pur essendo sanzionabile l’omessa comunicazione, l’opzione resta valida. La comunicazione, infatti, riveste carattere esclusivamente formale, senza rilevare ai fini sostanziali della scelta operata (cfr. circolare n. 209 del 27 agosto 1998, paragrafo 3).”.