19 Giugno 2014

Resi di beni da e verso san marino: nota di credito o fattura per retrovendita?

di Marco Peirolo
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Per le imprese che intrattengono rapporti commerciali con San Marino si pone il problema di come gestire i resi di beni (totali o parziali).

Fino al 31 dicembre 1993, gli scambi tra Italia e San Marino erano disciplinati dal D.M. 29 dicembre 1972, le cui disposizioni risultavano integrate da quelle del D.M. 24 gennaio 1979, riguardanti l’obbligo di emissione del documento di accompagnamento dei beni viaggianti.

Dal 1° gennaio 1994, per effetto del D.M. 24 dicembre 1993, la disciplina IVA dei rapporti di scambio con San Marino è stata modificata ricalcando, sostanzialmente, quella applicabile alle operazioni intracomunitarie. Infatti, in base al citato D.M. 24 dicembre 1993 (per l’Italia) e alla L. 21 dicembre 1993, n. 134 (per San Marino), è stato previsto che, di regola, gli scambi di beni sono non imponibili nel Paese del cedente siccome soggetti a IVA nel Paese del cessionario, a condizione che le controparti siano titolari di partita IVA (Italia) o di codice identificativo (San Marino).

Secondo l’Amministrazione finanziaria, i resi da parte di soggetti italiani nei confronti di operatori sammarinesi costituiscono “retrovendite”, sicché non è applicabile la procedura di variazione in diminuzione prevista dall’art. 26, commi 2 e 3, del D.P.R. n. 633/1972.

Fermo restando che questa precisazione, contenuta nella R.M. 5 maggio 1982, n. 390343, deve intendersi riferita anche alle restituzioni di beni da parte di soggetti sammarinesi, è dato osservare che l’indicazione ministeriale si basa sul previgente sistema normativo, regolato – come detto – dai DD.MM. 29 dicembre 1972 e 24 gennaio 1979.

Nell’attuale disciplina, è pertanto opportuno chiedersi se i resi, anziché retrovendite, costituiscano variazioni delle operazioni originarie, di vendita e acquisto; in particolare, tenuto conto che – nell’ambito degli scambi intracomunitari regolati dal D.L. n. 331/1993 – la C.M. 23 febbraio 1994, n. 13-VII-15-464 (§ B.103) consente all’operatore nazionale di operare la rettifica diminutiva comunicandola, ai fini fiscali e statistici, nei modelli INTRA 1-ter e INTRA 2-ter (si veda “Resi di beni da parte del soggetto comunitario con Intrastat variabile”)

In assenza di un chiarimento ufficiale sul punto, è consigliabile considerare i resi come “retrovendite”, per cui l’impresa italiana dovrà aprire un ordine di acquisto o di vendita a seconda che la merce oggetto di restituzione provenga da San Marino o sia diretta a San Marino.

Nella prassi commerciale, sono gli stessi clienti sammarinesi ad insistere per questa qualificazione, in quanto l’imposta pagata sui beni importati può essere chiesta a rimborso in caso di riesportazione.

Dunque, l’imposta dovuta a San Marino è di tipo “monofase” ed incide sull’operatore economico sammarinese che utilizzi i beni nell’ambito del proprio processo produttivo (es. impresa industriale) o che li rivenda in territorio sammarinese (es. impresa commerciale).

In definitiva, dal punto di vista dell’operatore sammarinese, se i beni acquistati dall’Italia sono oggetto di restituzione, totale o parziale, l’IVA pagata sull’importazione può essere recuperata, in tutto o in parte, qualificando il reso come “retrovendita”.

Specularmente, cioè per i beni venduti in Italia, dato che il fornitore sammarinese ha diritto al rimborso dell’imposta pagata sulle importazioni, l’IVA dovuta sul reso può essere recuperata se il cliente italiano emette fattura per la merce restituita.