16 Marzo 2022

Residenza fiscale per il cittadino con legami personali o interessi economici in Italia

di Angelo Ginex
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In tema di soggettività fiscale del cittadino italiano residente all’estero, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 2 Tuir e dell’articolo 43 cod.civ., deve considerarsi soggetto passivo il cittadino italiano che, pur risiedendo all’estero, stabilisca in Italia, per la maggior parte del periodo di imposta, il suo domicilio, inteso come la sede principale degli affari e interessi economici nonché delle relazioni personali, come desumibile da elementi presuntivi ed a prescindere dalla sua iscrizione nell’Aire.

È questo il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione, con ordinanza n. 8286, depositata ieri 15 marzo, la quale consolida, quindi, l’orientamento in materia (cfr., Cass. Sent. n. 21694/2020; Cass. Sent. n. 678/2015).

La vicenda in esame trae origine dalla notifica ad un cittadino italiano, iscritto all’Aire e residente all’estero, di un avviso di accertamento con cui l’Amministrazione finanziaria gli richiedeva maggiori imposte, ritenendolo fiscalmente residente in Italia sulla base degli elementi in esso indicati.

Tale atto veniva impugnato dinanzi alla competente commissione tributaria provinciale, che però rigettava il ricorso. Il contribuente proponeva ricorso in appello innanzi alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, la quale, in accoglimento dello stesso, riformava la pronuncia di primo grado e annullava l’atto impugnato. In particolare, la CTR rilevava che la documentazione depositata dal contribuente avesse dimostrato in maniera inequivocabile la sua residenza estera e che potevano considerarsi superate le incongruenze denunciate dall’Ufficio, secondo cui coesistevano una pluralità di residenze nel Regno Unito e a Montecarlo.

Pertanto, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione lamentando, con un unico motivo, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2 Tuir e dell’articolo 43 cod.civ., in quanto il giudice di appello, erroneamente, aveva ritenuto che la documentazione e gli elementi prodotti dal contribuente dimostrassero una effettiva residenza all’estero.

Più precisamente, l’Ufficio ha richiamato la giurisprudenza domestica e quella euro-unitaria, evidenziando come le stesse valorizzano i legami personali e professionali, evincibili dalla presenza fisica del contribuente e dei suoi familiari in uno Stato, dalla disponibilità di una abitazione, dal luogo di esercizio delle attività professionali e comunque dagli interessi patrimoniali.

Inoltre, lo stesso ha rilevato che, laddove sussistano indicazioni contrastanti, la medesima giurisprudenza, operando un giudizio di prevalenza, ha attribuito rilevanza ai legami personali su quelli professionali, privilegiando il criterio di effettività.

Ebbene, la Corte di Cassazione ha ritenuto fondata la doglianza avanzata dall’Agenzia delle Entrate, evidenziando come la CTR non si sia attenuta alle regole e ai principi sanciti dalla richiamata giurisprudenza domestica ed euro-unitaria.

I Giudici di vertice hanno rilevato che la citata giurisprudenza ha affermato che, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 2 Tuir e dell’articolo 43 cod.civ., deve considerarsi soggetto passivo il cittadino italiano che, pur risiedendo all’estero, stabilisca in Italia, per la maggior parte del periodo di imposta, il suo domicilio, inteso come la sede principale degli affari e interessi economici nonché delle relazioni personali (cfr., Cass. Sent. n. 21694/2020; Cass. Sent. n. 678/2015).

Inoltre, è stato rilevato che ciò che viene valorizzato è soprattutto la presenza di elementi significativi, quali l’acquisto di beni immobili, la gestione di affari in contesti societari, la disponibilità di almeno un’abitazione, e ciò a prescindere anche dall’iscrizione del cittadino italiano all’Aire (cfr., Cass. Ord. n. 29576/2011; Cass. Sent. n. 12259/2010).

Ciò detto, la Suprema Corte ha osservato come, erroneamente, la sentenza gravata abbia valorizzato gli elementi addotti dal contribuente, che però si riducono alla sola iscrizione all’Aire e alla assidua frequenza di club socio-culturali e ricreativi all’estero.

Così come evidenziato dai giudici di legittimità, tale pronuncia non considera, invece, una serie di elementi presuntivi allegati dall’Ufficio, quali la locazione di un immobile a Torino ad uso abitativo, indicato dal contribuente medesimo quale sede fiscale propria e della propria famiglia, o la locazione, sempre a Torino, di due posti auto, o ancora le partecipazioni a vario titolo, anche quale rappresentante legale, in alcune società aventi sede in Italia.

Pertanto, si è concluso che non è stata fatta corretta applicazione dei principi in tema di soggettività fiscale del cittadino italiano residente all’estero, con conseguente cassazione della pronuncia impugnata e rinvio alla CTR del Piemonte in diversa composizione per un nuovo esame della fattispecie.