Responsabilità del liquidatore per omesso versamento delle ritenute
di Luigi FerrajoliIn tema di responsabilità del liquidatore per il mancato pagamento delle imposte dovute durante il periodo di liquidazione (o per i periodi antecedenti) la Cassazione con la sentenza n. 23161/2017 è nuovamente intervenuta a delimitare i confini della normativa tanto sul fronte meramente civilistico-fiscale quanto sotto il profilo penale.
L’articolo 36 D.P.R. 602/1973 stabilisce che il liquidatore di una società, qualora non adempia all’obbligo di pagare le imposte dovute per il periodo di liquidazione o per quelli precedenti, “risponde in proprio del pagamento delle imposte se non prova di aver soddisfatto i crediti tributari (i) anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati ovvero (ii) di aver soddisfatto crediti di ordine inferiore a quelli tributari”.
A ciò si deve aggiungere che “la responsabilità del liquidatore è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti”.
La normativa prevede che il liquidatore risponda solo se abbia concretamente distratto l’attivo della società destinandolo, anziché al pagamento delle imposte, al soddisfacimento di finalità differenti.
L’analisi dell’articolo 36 del D.P.R. 602/1973 è propedeutica alla valutazione circa l’eventuale contestazione del reato di omesso versamento delle ritenute di cui all’articolo 10-bis del D.Lgs. 74/2000; parrebbe infatti irragionevole condannare il liquidatore per l’omissione involontaria del versamento delle ritenute quando ciò scaturisca dall’aver rispettato i criteri di graduazione e di assolvimento dei crediti.
Nel caso specifico il ricorrente, nominato liquidatore di una società, aveva ricevuto il mandato di tentare il recupero del raggruppamento di corsi e scuole dell’obbligo; per superare la crisi veniva creata una nuova società alla quale veniva conferito un ramo d’azienda, destinato all’erogazione del servizio scolastico in modo da garantirne la continuità.
Nei confronti del ricorrente era stato contestato l’omesso versamento delle ritenute di cui all’articolo 10-bis del D.Lgs. 74/2000 perché aveva, nel corso della sua gestione, impiegato l’attivo per corrispondere gli emolumenti e le indennità per il personale amministrativo nonché i contributi previdenziali, ritenendo che i crediti tributari non potessero essere postergati rispetto ai crediti di locazione delle sedi scolastiche e per attività formativa.
La Corte, in tale occasione, ha inizialmente sostenuto che l’articolo 36 del D.P.R. 602/1973 configura un’obbligazione civilistica, che, in applicazione dei principi generali sanciti negli articoli 1176 e 1218 cod. civ., presuppone l’esistenza e la definitività del debito tributario in capo alla società, la presenza dell’attività nel patrimonio della società in liquidazione e l’utilizzazione per scopi diversi dal pagamento delle imposte dovute. Proseguendo, ha, inoltre, affermato che quando l’articolo 36 del D.P.R. 602/1973 fa riferimento ai “crediti di ordine inferiore a quelli tributari” si ritiene che contenga un implicito rinvio alle disposizioni codicistiche dettate per i privilegi (articolo 2777 e seguenti cod.civ.). Il previo accertamento della responsabilità del liquidatore sul piano civilistico rappresenta sì un passaggio obbligato, ma che in nessun caso può determinare un mutamento del momento consumativo del reato ex articolo 10-bis del D.Lgs. 74/2000 che coincide con la presentazione della dichiarazione annuale del sostituto d’imposta. Pertanto, se da un lato la normativa tributaria individua nel giorno sedici del mese successivo a quello a cui si riferisce il credito tributario il termine entro il quale provvedere al versamento delle ritenute, ai fini penalistici, perché possa dirsi perfezionato il delitto di cui all’articolo 10-bis del D.Lgs. 74/2000 è necessario attendere il momento della presentazione della dichiarazione annuale del sostituto d’imposta (30 settembre dell’anno successivo).
Per completezza è bene ricordare, inoltre, che la sentenza in commento si allinea a quanto sostenuto dalla Corte in precedenza nella sentenza n. 21987/2016 ove, rilevato lo stretto legame esistente tra l’articolo 36 del D.P.R. 602/1973 e l’articolo 10-bis del D.Lgs. 74/2000, si affermava che il primo non potesse “ritenersi confinato in un ambito prettamente civilistico, avendo una diretta incidenza in ordine alla configurabilità del reato in caso di insussistenza dei presupposti limitativi della responsabilità dei liquidatori individuati dalla norma”. Già allora si dichiarava che “ai fini della punibilità per il reato di omesso versamento delle ritenute d’imposta, i giudici del merito devono verificare se la condotta ascritta all’indagato abbia o meno travalicato i limiti posti dall’articolo 36 del D.P.R. n. 602/1973 alla responsabilità del liquidatore”.
Alla luce di tali osservazioni occorre tenere sempre ben presente che, ai fini della determinazione della responsabilità penale del liquidatore, considerate le circostanze contingenti riguardanti la società in cui il medesimo è chiamato a svolgere il proprio compito, non è sufficiente che il medesimo non abbia adempiuto agli obblighi fiscali, ma è indispensabile che il patrimonio della società risulti capiente rispetto agli stessi e che nonostante ciò il liquidatore li indirizzi al soddisfacimento di interessi differenti.