Responsabilità solidale del sostituito rimessa alle Sezioni Unite
di Angelo GinexLa Corte di Cassazione, con ordinanza n. 31742 del 07.12.2018, ha preso atto dell’esistenza di un contrasto giurisprudenziale in tema di sostituzione a titolo di acconto, con riferimento alla sussistenza dell’obbligo, a carico del sostituito e in solido col sostituto, di corrispondere la ritenuta d’acconto eseguita, ma non versata, trasmettendo al Primo Presidente il ricorso per la sua eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
La vicenda che ha portato la Suprema Corte a doversi esprimere sulla vexata quaestio in rassegna ha avuto origine dall’impugnazione di una cartella di pagamento, emessa a carico di un soggetto, il sostituito d’imposta, a causa dell’omesso versamento delle ritenute d’acconto effettuate dal sostituto.
Dopo la vittoria in primo grado, anche la Commissione tributaria regionale della Puglia ha confermato l’insussistenza di un qualsiasi obbligo solidale del sostituito nell’ipotesi in cui la ritenuta sia stata operata ma non versata, in ossequio a quanto disposto dall’articolo 35 D.P.R. 602/1973. L’Agenzia delle Entrate, dunque, ricorreva in Cassazione, lamentando la falsa applicazione della norma poc’anzi citata.
La Suprema Corte, investita della questione giuridica emersa dalla controversia de qua, ha rilevato l’esistenza di due diversi orientamenti circa la responsabilità solidale del sostituito.
Secondo il primo di questi, seguito e condiviso nel maggior numero di pronunce sul tema, il fatto che il sostituto d’imposta sia definito, ex articolo 64, comma 1, D.P.R. 600/1973, come colui che, in forza di legge, è obbligato al pagamento delle imposte in luogo di altri, non toglie che anche il sostituito debba ritenersi fin dall’origine obbligato solidale al pagamento delle stesse, sicché anch’egli è soggetto al potere di accertamento ed a tutti i conseguenti oneri, fermo restando il diritto di regresso verso il sostituto che, dopo aver eseguito la ritenuta, non l’abbia versata all’erario (cfr., ex multis Cass., ord. nn. 12076/2016 e 9933/2015).
Una delle argomentazioni poste a sostegno di questa tesi è che, ai sensi dell’articolo 1294 cod. civ., dall’unicità della prestazione a cui sono tenuti il sostituto ed il sostituito sia presumibile un vincolo di solidarietà, nonostante l’assenza di una esplicita norma a riguardo.
Un diverso orientamento, invece, giunge alle opposte conclusioni, enunciando il seguente principio di diritto: poiché la solidarietà fra sostituto e sostituito è prevista unicamente nella sostituzione a titolo di imposta (e soltanto in fase di riscossione), è evidente che nell’ipotesi di omessa applicazione della ritenuta a titolo d’acconto non c’è solidarietà fra questi soggetti. L’accertamento fiscale, quindi, deve essere emesso solo nei confronti del sostituto, quale debitore di entrata tassabile in luogo dell’obbligato principale (cfr. Cass., sent. n. 12911/1999).
E, a tal fine, viene richiamato l’articolo 22 D.P.R. 917/1986, deducendo che la norma, dedicata allo scomputo delle ritenute d’acconto, ne subordina la legittimità alla sola condizione che esse siano state operate, non richiedendone il versamento.
Successivamente a questa ricostruzione dei precedenti giurisprudenziali, la Corte di Cassazione ha criticato il primo orientamento citato.
In primo luogo, i giudici di legittimità hanno ritenuto che considerare il sostituito come sempre responsabile dell’adempimento dell’imposta perché è il soggetto che realizza il presupposto impositivo svilirebbe la norma contenuta nell’articolo 64 D.P.R. 600/1973, la quale distingue attentamente fra il soggetto chiamato a pagare l’imposta (il sostituto) ed il soggetto che integra il presupposto ma non è chiamato a pagare (il sostituito).
In secondo luogo, l’argomento basato sull’articolo 1294 cod. civ. risulta errato nella misura in cui non tiene conto sia del fatto che l’ordinamento tributario prevede espressamente la responsabilità solidale del sostituito nella sola ritenuta a titolo d’imposta, stante la volontà del legislatore di escludere la ritenuta d’acconto da questa fattispecie, sia del carattere eminentemente strumentale e accessorio della ritenuta d’acconto rispetto all’eventuale e futura obbligazione tributaria.
In ultima analisi, la Suprema Corte, ricordando che il sostituito non ha alcuna informazione in merito all’effettivo versamento delle ritenute, ha delineato l’assurdo risultato al quale si dovrebbe pervenire qualora lo si ritenesse responsabile in solido, e cioè che esso sarebbe costretto a chiedere puntualmente al Fisco notizie circa l’avvenuto pagamento da parte del sostituto.
A sostegno della seconda teoria, invece, oltre a ritenere pregnanti le argomentazioni ricavate dagli articoli 22 Tuir e 36-ter D.P.R. 600/1973, la Cassazione ha espresso i propri timori per quello che concerne il rischio di incorrere in una doppia imposizione, vietata dall’articolo 163 Tuir. Il sostituito, nell’ipotesi in cui venga riconosciuto responsabile in solido per l’omesso versamento della ritenuta effettuata da parte del sostituto, sarebbe costretto a pagare nuovamente l’imposta già trattenuta in acconto.
19 Dicembre 2018 a 10:38
se passa l’ipotesi della solidarietà, si intaseranno i tribunali con infinite denunce per “appropriazione indebita”. Dal momento che i sostituiti sono spesso gli stessi commercialisti e consulenti del lavoro che conoscono immediatamente i mancati versamenti, le denunce partiranno già il giorno dopo la scadenza del versamento.