Responsabilità solidale sugli appalti: quanta confusione …
di Maurizio Coser
Benché l’istituto della responsabilità solidale in tema di appalti sia stato introdotto ormai da alcuni anni, come si ricorderà ad opera del D.L. 223/2006, gli operatori incontrano ancora numerose difficoltà operative nell’applicare le disposizioni che lo disciplinano.
Il seguente caso, segnalatoci da una società nostra cliente, appare sintomatico e può essere utilizzato come spunto per (tentare di) fare un po’ di chiarezza.
Un istituto di credito stipula con una società, che svolge l’attività di spedizioniere doganale e di prestazioni di servizi connessi, un contratto per la fornitura di servizi finalizzati alla redazione e spedizione dei modelli INTRASTAT.
Il contratto viene concluso mediante proposta economica da parte della società e successiva accettazione da parte dell’Istituto di Credito il quale, in detta accettazione, precisa che il pagamento del corrispettivo verrà eseguito solo dopo che la società avrà adempiuto agli “obblighi di documentazione di cui all’art. 35 comma 28-bis D.L. 223/2006, in quanto il presente rapporto contrattuale va inquadrato in un appalto di servizi”.
Come noto, l’art. 35 comma 28 D.L. 223/2006 stabilisce che “in caso di appalto di opere o di servizi, l’appaltatore risponde in solido con il subappaltatore, nei limiti dell’ammontare del corrispettivo dovuto, del versamento all’erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente dovute dal subappaltatore all’erario in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito del rapporto di subappalto”.
Il successivo comma 28-bis (che interessa in questa sede) stabilisce altresì che “il committente provvede al pagamento del corrispettivo dovuto all’appaltatore previa esibizione da parte di quest’ultimo della documentazione attestante che gli adempimenti di cui al comma 28, scaduti alla data del pagamento del corrispettivo, sono stati correttamente eseguiti dall’appaltatore e dagli eventuali subappaltatori”.
Orbene, è ormai pacifico che le disposizioni di cui sopra tornano applicabili esclusivamente nell’ipotesi in cui il rapporto contrattuale utilizzato per disciplinare l’operazione economica intercorrente tra fornitore e cliente sia riconducibile al negozio giuridico dell’appalto, avendo da tempo l’Agenzia delle Entrate chiarito che “sono escluse dal loro campo di applicazione le tipologie contrattuali diverse dal contratto di appalto di opere e servizi quali, ad esempio, gli appalti di fornitura dei beni, il contratto d’opera, il contratto di trasporto, il contratto di subfornitura, le prestazioni rese nell’ambito del rapporto consortile” (circolare 2/E del 1/3/2013).
L’art. 1655 del Codice civile definisce l’ appalto come “il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro”.
Nel caso che qui occupa (trattandosi di prestazione di un servizio) occorre individuare quale siano i criteri discriminanti da utilizzare per ricondurre un rapporto contrattuale nell’ambito del negozio giuridico dell’ “appalto di servizi” piuttosto che di negozi giuridici diversi (e quindi non rientranti nella disciplina prevista dall’art. 35 citato) benché simili (ad esempio mera fornitura di servizi, somministrazione, ecc.)
Nel silenzio di disposizioni positive normative può soccorrere un documento di prassi che, benché emanato con riferimento ad un ambito applicativo non di tipo squisitamente fiscale, contiene utili indicazioni al proposito: ci si riferisce alla circolare 11 luglio 2012 n. 17/2012 emanata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali (riguarda, nello specifico, la responsabilità solidale di cui all’art. 29 D.Lgs. 276/2003 ed il particolare settore dei trasporti, ma i principi ivi enunciati possono essere considerati generali e quindi applicabili anche alla fattispecie in trattazione).
Il Ministero ricorda che, secondo la Corte di Cassazione (Cass. civ. – Sez. III – sent. n. 6160 del 13 marzo 2009), un “appalto di servizi di trasporto” è un contratto in base al quale “il vettore si obbliga a trasferire, per un certo periodo di tempo, all’interno di una zona territoriale ben individuata, persone o cose da un luogo all’altro, dovendo ricorrere, nella specie, la predeterminazione e la sistematicità dei servizi, accompagnate dalla pattuizione di un corrispettivo unitario e dall’assunzione dei rischi da parte del trasportatore” .
Tuttavia, osserva il Ministero, si è in presenza di un contratto di appalto di servizi (di trasporto) solo laddove questo preveda la programmazione di una serie di trasporti collegati al raggiungimento di un risultato complessivo al quale le parti si sono reciprocamente obbligate con un unico atto, sicché tali trasporti assumano il carattere di prestazioni continuative con disciplina unitaria, per soddisfare le quali il trasportatore deve organizzare i mezzi richiesti dalle particolari clausole contrattuali.
Solo in tale ipotesi si è in presenza di un contratto di appalto di servizi: ovvero solo quando ricorra una durata e costanza nel tempo delle prestazioni dedotte in contratto e solo se dette prestazioni, non esaurendosi in sporadiche ed episodiche prestazioni, vanno ad integrare un risultato complessivo rispondente alle esigenze del committente (Corte App. Torino 3 luglio 1991; cfr., altresì, Corte Costituzionale 5 novembre 1996, n. 386).
Da quanto sopra il Ministero ricava una massima generale: qualora si riscontri che la prestazione di servizi dedotta nel contratto, a prescindere dal nomen iuris utilizzato, consista in una serie di prestazioni collegate al raggiungimento di un risultato complessivo, al quale le parti si sono reciprocamente obbligate, anche oltre il tempo strettamente necessario per l’esecuzione della singola prestazione, al fine di rispondere ad una serie di necessità del committente, eventualmente attraverso la predisposizione preventiva – da parte del prestatore – di una organizzazione idonea, risulterà applicabile la disciplina del contratto di appalto e, per l’effetto, ai fini che qui occupano, la norma di cui all’art. 35 D.L. 223/2006.
In conclusione, solo nei casi in cui la volontà delle parti risulti essere, anche attraverso la lettura sistematica del contratto e delle clausole singolarmente pattuite, la predisposizione del servizio complessivamente inteso (piuttosto che l’esecuzione di singole prestazioni), la giurisprudenza è dell’avviso che “al fine di garantire una maggiore omogeneità nella disciplina dell’intera fattispecie” si debba privilegiare la disciplina, del tipo contrattuale prevalente, “ossia maggiormente caratterizzante il rapporto“, ovvero maggiormente rispondente al risultato unitario dedotto nel contratto e che pertanto “si dovranno applicare le disposizioni che regolano il contratto di appalto” (cfr. Tribunale di Torino, 23 maggio 2005, n. 3442/05).
Ciò considerato, e ritornando al nostro esempio, è di tutta evidenza che le prestazioni richieste alla società dal committente Istituto di Credito, consistenti nel mero “servizio di compilazione dei modelli INTRASTAT” non possono certamente essere ricondotte nell’alveo di un contratto di appalto di servizi, stante l’assoluta mancanza dei requisiti caratterizzanti detto rapporto contrattuale, come sopra individuati, ovvero
- serie di prestazioni collegate al raggiungimento di un risultato complessivo
- finalità di soddisfare specifiche necessità del committente (con conseguente adattamento dell’esecuzione delle prestazioni a dette specifiche necessità)
- predisposizione preventiva – da parte del prestatore – di una organizzazione idonea e specifica atta a soddisfare dette particolari necessità.
Le uniche clausole dedotte nella proposta contrattuale in esame riguardano la fissazione del corrispettivo: ciò porta a concludere che, al più, detto rapporto contrattuale possa essere definito “convenzione”, “accordo” , ma non certamente ricondotto ad un “appalto di servizi”, con la conseguente inapplicabilità dei più volte richiamati commi 28 e 28bis art. 35 D.L. 223/2006.
Aderire alla tesi suggerita dall’Istituto di Credito committente porterebbe alla (inverosimile) conclusione per cui qualora un’impresa sottoscriva uno dei numerosi accordi/convenzioni commerciali proposti da POSTE ITALIANE, prima di eseguire il pagamento del corrispettivo pattuito debba richiedere alla società POSTE ITALIANE S.p.a. la documentazione necessaria ad evitare l’applicazione dell’art. 35 D.L. 223/2006 …