4 Novembre 2016

Retrodatazione fiscale nella fusione con società di persone

di Enrico Ferra
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La retrodatazione degli effetti fiscali nell’ambito delle operazioni di fusione consente all’incorporante di determinare, per il periodo d’imposta in cui l’operazione si perfeziona, un’unica base imponibile – ai fini delle imposte dirette – nella quale confluiscono anche tutti i componenti positivi e negativi maturati medio tempore in capo all’incorporata.

La norma contenuta nell’articolo 172, comma 9, del Tuir ha il chiaro intento di garantire la “continuità” fiscale dei valori tra le società interessate, proiettando sul piano tributario il contenuto dell’articolo 2504-bis, comma 3, del codice civile, nella parte in cui consente di stabilire date anteriori ai fini della decorrenza degli effetti contabili.

In tal senso, la disposizione tributaria prevede la possibilità di stabilire nell’atto di fusione che gli “effetti della fusione decorrano da una data non anteriore a quella in cui si è chiuso l’ultimo esercizio di ciascuna delle società fuse o incorporate o a quella, se più prossima, in cui si è chiuso l’ultimo esercizio della società incorporante”.

Com’è evidente, la norma ha carattere generale: la determinazione della base imponibile ai fini Ires (nell’ipotesi in cui l’incorporante sia una società di capitali) è in ogni caso unica, a nulla rilevando che la società incorporata sia, ad esempio, una società di persone.

Nei casi di incorporazione di società di persone da parte di società di capitali, le incertezze derivano evidentemente dal differente regime di tassazione cui i due modelli soggiacciono: il consolidamento dei risultati attribuibili a differenti modelli societari potrebbe, invero, realizzare una discontinuità fiscale derivante dalla tassazione per trasparenza ai sensi dell’articolo 5 del Tuir, nel caso delle società di persone, e dalla tassazione del reddito complessivo netto ai sensi dell’articolo 75 del Tuir, nel caso di società di capitali.

L’Amministrazione finanziaria ha in passato risolto tale incertezza sul piano dell’elusione, chiarendo che la retrodatazione degli effetti fiscali della fusione è sostanzialmente “inopponibile” al Fisco qualora l’operazione di aggregazione si sostanzi in una fusione per incorporazione di una società di persone, soggetta all’imposta di cui al Titolo I del Tuir (Irpef) in una società di capitali soggetta, invece, all’imposta di cui al Titolo II del Tuir (Ires).

Nella risoluzione 22/E/2009, l’Agenzia argomenta tale posizione muovendo dal contenuto del comma precedente, il comma 8 dell’articolo 172, ove si dispone che il reddito delle società fuse o incorporate, relativo al periodo compreso tra l’inizio del periodo d’imposta e la data in cui ha effetto la fusione, viene determinato “secondo le disposizioni applicabili in relazione al tipo di società, in base alle risultanze di apposito conto economico”.

In base a tale lettura, l’incorporazione di una società di persone da parte di una società di capitali sarebbe un’operazione di tipo “trasformativo”, comportando di fatto (insieme alla fusione) la trasformazione della società di persone incorporata; e, così come nelle ipotesi di trasformazione, l’articolo 170 richiede di tener conto del “tipo di società” ai fini della determinazione del reddito ante trasformazione, allo stesso modo nella fusione il consolidamento tra i risultati teoricamente attribuibili alle diverse società potrebbe essere ammesso solo nel caso in cui le stesse società siano soggette alla medesima imposta, cosa che nella fusione “progressiva” (eterogenea dal punto di vista fiscale) non avviene.

Seguendo l’impostazione dell’Agenzia, ne deriva pertanto che in tali casi le norme fiscali sulla fusione vadano coordinate anche con quelle in materia di trasformazione societaria, con la conseguenza che ciascuna delle società partecipanti all’operazione di fusione è tenuta a determinare il reddito nel periodo compreso tra l’inizio del periodo d’imposta e la data in cui si producono gli effetti giuridici della fusione in base alle risultanze di apposito conto economico e ad adempiere autonomamente ai relativi obblighi dichiarativi. In tal modo, “elevando” cioè la frazione di esercizio antecedente la fusione ad autonomo periodo d’imposta – con la considerazione del “tipo” di società -, si riuscirebbe ad impedire che la società incorporante rimuova tale autonomia con la retrodatazione dell’operazione e scelga “a posteriori” le modalità di tassazione dei redditi conseguiti.

Va osservato, d’altro canto, che sebbene il comma 9 dell’articolo 172 non distingua tra soggetti Ires e soggetti Irpef, la retrodatazione degli effetti fiscali comporterebbe la totale disapplicazione del precedente comma 8, che invece richiede di tener conto delle “disposizioni applicabili in relazione al tipo di società”.

È evidente, in conclusione, come i due commi non siano molto ben coordinati sotto questo profilo; tuttavia, non si rinviene all’interno dell’articolo 172 una netta preminenza dell’uno rispetto all’altro, con la conseguenza che in tutti i casi di fusioni “eterogenee” dal punto di vista tributario è opportuno interrogarsi sui profili di elusività eventualmente emergenti dai differenti regimi di tassazione, onde evitare eventuali contestazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria.

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