Rettifiche alla determinazione catastale del reddito delle società agricole in opzione – parte I
di Luigi ScappiniIl Legislatore, con l’articolo 2, D.Lgs. 99/2004, ha introdotto, con il dichiarato intento di incentivare l’utilizzo della forma societaria in agricoltura, la c.d. società agricola, ovverosia il soggetto giuridico (sia esso società di persone o società di capitali) che esercita, come previsto dall’oggetto sociale, in via esclusiva, le attività di cui all’articolo 2135, cod. civ. e la cui ragione (o denominazione sociale) riporta la dizione di società agricola.
Successivamente, a distanza di un paio di anni, con il comma 1093, dell’articolo 1, L. 296/2006 (c.d. Legge finanziaria per il 2007), è stata introdotta la possibilità (per tali società) di poter optare per la determinazione del reddito, secondo le regole di cui all’articolo 32, Tuir e, quindi, di dichiarare un reddito fondiario.
Sono escluse dall’opzione in rassegna rispettivamente:
- le società semplici, in quanto esse per natura, in caso di svolgimento di un’attività agricola, dichiarano, nel rispetto dei limiti imposti dalla norma fiscale, un reddito fondiario; e
- le Spa e le Sapa, come espressamente previsto dal comma 1093, dell’articolo 1, L. 296/2006.
A seguito di tale previsione, è stato emanato il D.I. 213/2007 con cui sono state delineate le regole da seguire in caso di opzione dal momento che, come affermato nell’articolo 3, comma 1, D.I. 213/2007, il reddito rimane di impresa, cambiando solamente le modalità della sua determinazione. Tale previsione comporta, come correttamente precisato nella Relazione di accompagnamento, che l’opzione non determina una destinazione dei beni componenti l’azienda a finalità estranee all’esercizio di impresa, in quanto gli stessi rimangono in tale regime.
Altra conseguenza diretta del mantenimento della natura del reddito quale di impresa, è che l’opzione per la determinazione del reddito, secondo le regole previste dall’articolo 32, Tuir, non determina un connesso cambiamento delle modalità di tenuta della contabilità, che continuerà a seguire le regole previste dal D.P.R. 600/1973.
Il D.I. 213/2007, all’articolo 4, si preoccupa di introdurre le regole di monitoraggio dei valori fiscali riconosciuti agli elementi attivi e passivi che, per effetto dell’opzione esercitata dall’impresa, tecnicamente sono sospesi, il tutto per garantire la continuità fiscale di tali valori in modo che non vi possano essere salti di imposta in caso di fuoriuscita, volontaria od obbligatoria, dal regime opzionale. A tali elementi, infatti, per effetto di quanto previsto dal comma 1, dell’articolo 4, D.I. 213/2007, continuano ad applicarsi le regole proprie del reddito di impresa, dandone evidenza nel quadro RS del modello dichiarativo, di modo che, nel caso di fuoriuscita, gli elementi assumeranno i valori ivi indicati.
Altri elementi da monitorare con attenzione sono quei componenti positivi e negativi che si sono originati anteriormente all’opzione per la determinazione del reddito secondo le regole catastali la cui efficacia, in conseguenza dell’applicazione di norme fiscali, è stata rinviata a un esercizio successivo, rispetto a quello di manifestazione, con la conseguenza che esso viene ad assumere rilevanza in vigenza di opzione.
In tal senso, ad esempio, le plusvalenze, la cui partecipazione al risultato dell’esercizio può essere “spalmata” in 5 esercizi, per effetto di quanto stabilito dall’articolo 86, comma 4, Tuir; in tal caso, le eventuali quote residue originano una variazione in aumento nella determinazione del reddito di impresa della società agricola.
L’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 50/E/2010, ha chiarito che non si applicano le regole di cui sopra ai “costi e ricavi (es. risconti attivi e passivi, rimanenze) che fino al momento dell’ingresso nel regime opzionale non hanno concorso alla determinazione del reddito di impresa per carenza dei relativi presupposti fiscali”. Le variazioni nei valori di tali componenti reddituali, tuttavia, vanno comunque evidenziate nel quadro RS, pur non assumendo rilevanza fiscale in vigenza di opzione per la determinazione del reddito, secondo le regole catastali.
Proprio in riferimento ad eventuali plusvalenze o minusvalenze emergenti in costanza di opzione, il successivo articolo 5, D.I. 213/2007, detta alcune regole, partendo dal presupposto che i beni immobili devono essere “trattati” sempre secondo le regole ordinarie (articoli 86 e 101, Tuir) previste per il reddito di impresa e, quindi, a prescindere dal momento di entrata degli stessi nella sfera aziendale.
Per tutti gli altri possibili beni plusvalenti/minusvalenti, è necessario differenziare rispetto al momento di entrata nella sfera imprenditoriale; infatti, se effettuato in vigenza del regime di opzione, essi non determineranno mai un plusvalore o minusvalore rilevante redditualmente, circostanza che, al contrario, si manifesta nel caso in cui i beni erano nella sfera imprenditoriale già prima dell’opzione. Unica accortezza consiste nel dover, ai fini della corretta determinazione del valore da far concorrere alla formazione del risultato di esercizio, prendere a riferimento il valore fiscalmente riconosciuto nell’ultimo esercizio anteriore alla opzione.
Resta inteso, come affermato anche nella circolare n. 50/E/2010, che le quote di ammortamento fiscali non dedotte in vigenza dell’opzione, in caso di fuoriuscita, andranno ad abbattere il valore fiscale del bene stesso.