Rettifiche da liquidazione: quali effetti fiscali?
di Giovanni ValcarenghiL’operazione di liquidazione risulta sempre più frequente nella prassi professionale e, parallelamente, sempre più frequente è l’attenzione che gli operatori dedicano al rispetto delle prescrizioni dell’OIC 5. Può allora capitare che, per rispettare le indicazioni della prassi contabile, possano insorgere delle difficoltà di natura fiscale che, per essere superate, richiedono una riflessione. Su tali aspetti si sono concentrate le riflessioni del Comitato di questa settimana.
Per comprendere la tematica, è bene ricordare che l’OIC n. 5, fra le altre indicazioni, prevede che le rettifiche di liquidazione, costituite dalle differenze fra i valori di funzionamento ed i valori di liquidazione delle attività e passività (oltre che dai valori di eventuali nuove attività e passività prima non iscritte in bilancio) danno luogo ad un saldo che aumenta o diminuisce l’importo del patrimonio netto contabile che risulta dal rendiconto degli amministratori e concorrono a formare il patrimonio netto iniziale di liquidazione.
Il saldo delle rettifiche, dunque, costituisce una posta globale aumentativa o diminutiva rispetto al patrimonio del rendiconto e non influisce sul risultato economico del primo periodo di liquidazione. La contabilità della liquidazione assume, come saldi contabili di apertura, i valori “assestati” delle attività e passività.
Si pensi, allora, al caso in cui un liquidatore decida di svalutare una posta dell’attivo riducendone il valore da 100 a 50; accade così che il nuovo importo rettificato della posta (come risultante dalle scritture contabili “aggiornate”) diventi termine di paragone per il computo di eventuali plusvalenze o minusvalenze all’atto della successiva cessione del bene durante la fase liquidatoria. Fiscalmente, tuttavia, il valore dello stesso bene continua a restare immutato, nello specifico 100.
Si ipotizzi che, all’atto della cessione, si realizzi un corrispettivo di 30, con il conseguente emergere di una minusvalenza contabile pari a 20 (50 – 30); sul versante fiscale, invece, la minusvalenza effettiva sarà pari a 70 (100 -30). Il problema che si pone è il seguente: è possibile dedurre fiscalmente tutta la minusvalenza realizzata pari a 70, oppure ci si deve limitare all’importo di 20?
Il dubbio sorge per il fatto che una parte della minusvalenza fiscale complessiva non soddisfa il requisito del preventivo transito a conto economico, transito richiesto, in generale, dall’articolo 109 TUIR.
A parere del Comitato, è necessario giungere alla conclusione per cui, in ipotesi come quella descritta, è corretto legittimare la deduzione dell’intera quota di minusvalenza ed, in particolare:
- per l’importo di 20, in quanto materialmente transitata a conto economico;
- per l’importo di 50, in quanto transitata a patrimonio netto in ossequio alla prescrizione della prassi contabile, in modo sostanzialmente sostitutivo rispetto alla imputazione a conto economico.
Tale chiave di lettura potrà essere applicata per qualsiasi tipo di svalutazione, sia relativa alle immobilizzazioni, sia attinente, ad esempio, ai crediti.
Per corroborare la correttezza (o, perlomeno, la sostenibilità e difendibilità) di tale conclusione, basterà pensare che, diversamente operando, la quota di 50 (precedentemente imputata a patrimonio netto non diverrebbe mai deducibile, e questo contrasta con una logica applicazione delle norme tributarie.
Ove così non fosse, si finirebbe per condizionare la corretta scelta contabile del liquidatore, inducendolo a far transitare lo stralcio direttamente a conto economico (sia pure operando una variazione in aumento di in dichiarazione dei redditi), al fine di non perdere la deduzione fiscale al momento della successiva cessione minusvalente, mediante una adeguata variazione in diminuzione nel modello UNICO (variazione possibile proprio perché già avvenuto il transito a conto economico negli esercizi precedenti).
Peraltro, va notato che il recente disegno di legge di Stabilità 2014 introduce una modifica all’articolo 101 del TUIR proprio finalizzata a rendere fiscalmente rilevanti le perdite su crediti derivanti da stralci imposti dalla prassi contabile (si prevede, infatti, che Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili).