Reverse charge per le vendite on line all’ingrosso
di Marco PeiroloStefano GarelliDal 2 maggio 2016, il reverse charge si applica anche alle cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop, rispetto alle quali l’Agenzia delle Entrate dovrebbe chiarire se l’inversione contabile, al pari di quanto espressamente stabilito per le cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, sia da intendere limitata alle cessioni effettuate nella fase distributiva che precede il commercio al dettaglio.
L’art. 17, comma 6, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972, nel testo novellato dal D.Lgs. n. 24/2016, considera infatti soggette ad inversione contabile le “cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop”, nonché le “cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale”.
Riguardo a tali ultime operazioni, la circolare dell’Agenzia delle Entrate 23 dicembre 2010, n. 59 (§ 2) ha precisato che l’obbligo di reverse charge trova “applicazione per le sole cessioni dei beni effettuate nella fase distributiva che precede il commercio al dettaglio. Le cessioni al dettaglio, infatti, si caratterizzano per la destinazione del bene al cessionario-utilizzatore finale, ancorché soggetto passivo”.
Con la successiva risoluzione n. 36 del 31 marzo 2011, l’Agenzia ha specificato che “il riferimento al commercio al dettaglio deve intendersi finalizzato a individuare i soggetti che esercitano attività di commercio al minuto e attività assimilate di cui all’articolo 22 del D.P.R. n. 633 del 1972. Ne consegue che sono escluse dall’obbligo di reverse charge le cessioni dei beni in argomento effettuate da «commercianti al minuto autorizzati in locali aperti al pubblico, in spacci interni, mediante apparecchi di distribuzione, per corrispondenza, a domicilio o in forma ambulante». Ciò in quanto, in tali ipotesi, le cessioni dei beni in argomento sono, di regola, effettuate direttamente a cessionari – utilizzatori finali dei beni, ancorché soggetti passivi IVA”.
La risoluzione prosegue indicando che l’esclusione dall’obbligo di reverse charge si applica anche nei confronti di “soggetti diversi da quelli di cui all’articolo 22 del D.P.R. n. 633 del 1972 che, tuttavia, effettuano le cessioni dei beni in argomento direttamente a cessionari-utilizzatori finali”. Tale circostanza, specifica l’Agenzia, “può ritenersi sussistere esclusivamente nelle ipotesi in cui la cessione del telefono cellulare sia accessoria alla fornitura del c.d. «traffico telefonico» (per la quale trova applicazione l’ordinaria modalità di fatturazione con rivalsa dell’imposta). è evidente, infatti, che in tali ipotesi la cessione del «telefono cellulare» è effettuata non per la successiva rivendita dello stesso a terzi ma costituisce il mezzo per consentire al cessionario-utilizzatore finale la fruizione del servizio di c.d. traffico telefonico. Ciò, anche nelle ipotesi in cui nell’ambito del medesimo rapporto principale di cessione del traffico telefonico siano ceduti all’utente (titolare di una o più SIMCARD) più «telefoni cellulari» che appaiono, ragionevolmente, riconducibili ad un rapporto di accessorietà con l’operazione principale di cessione del traffico telefonico. Circostanza che, ad avviso della scrivente, può ritenersi sussistente quando il numero dei telefoni cellulari ceduti non ecceda di oltre il 10 per cento il numero delle SIMCARD cedute all’utente del rapporto contrattuale principale di cessione del traffico telefonico. Si considera, comunque, accessoria alla fornitura del c.d. traffico telefonico anche la cessione di telefoni cellulari effettuata in sostituzione di altri telefoni già ceduti nell’ambito del medesimo rapporto principale di fornitura del c.d. traffico telefonico”.
Ad avviso di chi scrive, le indicazioni della circolare n. 59/E/2010 e della risoluzione n. 36/E/2011 dovrebbero ritenersi limitate al commercio al minuto in sede fissa.
Per l’attività di commercio al minuto esercitata via web, da considerare assimilata all’attività di vendita per corrispondenza, occorre infatti tenere conto di quanto affermato dalla circolare del Ministero dell’Industria n. 3487/C del 1° giugno 2000. Tale documento di prassi, nel fornire alcune indicazioni sulla disciplina applicabile all’attività di vendita tramite mezzi elettronici (cd. “commercio elettronico”), nei limiti e per gli effetti del D.Lgs. n. 114/1998, ha precisato che “l’operatore che intenda vendere sia all’ingrosso sia al dettaglio ha facoltà di utilizzare un solo sito, ma è tenuto a destinare aree del sito distinte per l’attività all’ingrosso e al dettaglio: in tal modo, infatti, il potenziale acquirente è messo in condizione di individuare chiaramente le zone del sito destinate alle due tipologie di attività”.
In conformità alla circolare in esame, nel modello di SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) di vendita al dettaglio per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione (es. SCIA della Città di Torino), è esplicitamente riportata l’attestazione che “l’attività di commercio elettronico al dettaglio avviene unitamente all’Ingrosso impegnandosi a destinare distinte aree del sito web per le due attività”.
In base a questa impostazione, ai fini IVA, l’impresa che cede i propri beni sia a consumatori finali che ad operatori economici è soggetta ad adempimenti distinti, in quanto:
- le vendite a consumatori finali sono riconducibili al commercio al dettaglio, per cui il cedente deve tenere il registro dei corrispettivi (di cui all’art. 24 del D.P.R. n. 633/1972) e la fattura è obbligatoria solo se richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione della cessione, ai sensi dell’art. 22, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972;
- le vendite a operatori economici sono riconducibili al commercio all’ingrosso, per cui il cedente deve tenere il registro delle fatture emesse (di cui all’art. 23 del D.P.R. n. 633/1972) e la fattura è sempre obbligatoria.
In conclusione, ma sarebbe auspicabile un chiarimento ufficiale sul punto, l’impresa che opera, mediante il proprio sito internet, nell’ambito del settore del commercio all’ingrosso, deve applicare le relative regole, compresa quella del reverse charge, se i beni ceduti rientrano oggettivamente tra quelli soggetti ad inversione contabile.