7 Marzo 2022

Revisione contabile e “rischio frode”

di Fabio Landuzzi
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La scheda di FISCOPRATICO

Si dà per presupposto che l’attività del revisore si fondi sull’assunzione dell’integrità della direzione aziendale e dei soggetti che, a vario titolo, sono coinvolti nella conduzione degli affari della società e nei suoi processi amministrativi.

Perciò, al revisore non può e non deve essere chiesto di scoprire le frodi; pur tuttavia, in modo particolare in contesti di crisi, ma anche nei casi in cui gli obiettivi di risultato imposti alla direzione solo altamente sfidanti, il rischio di frode può essere più accentuato di quanto non lo sia normalmente, il che impone al revisore di identificare e di valutare, nel processo di revisione anche il c.d. “rischio di frode” (Principio di revisione Isa Italia 240).

Va sottolineato che la frode nell’ambito della revisione è definita come ogni errore intenzionale che inficia il bilancio e l’informazione finanziaria, indipendentemente dal fatto che possa avere o meno una rilevanza penale o comunque giuridica.

Al revisore il rischio di frode interessa ma, paradossalmente, se gli effetti di una frode non sono significativi, questi potranno anche non modificare il giudizio del revisore sul bilancio, anche se di essi se ne terrà conto sia perché vengano posti all’attenzione degli organi di controllo e di amministrazione della società, e sia per il giudizio sull’integrità della società e quindi sull’accentuazione del rischio di controllo e, in ultima analisi, sulla valutazione del rischio di revisione.

Nell’ambito della revisione, gli errori intenzionali sono distinti in due categorie:

  1. gli atti volti alla distrazione dei beni;
  2. i comportamenti diretti ad alterare l’informativa economico finanziaria. Nell’ottica del revisore, questi dovrà: – individuare se vi sono, e quali sono, incentivi che possono indurre la direzione ad alterare il bilancio; – pianificare verifiche dirette a individuare quali sono le voci di bilancio che potrebbero essere più soggette ad alterazioni (ad es.: l’anticipazione di ricavi per raggiungere obiettivi di volumi, il miglioramento della redditività per rispettare covenants su finanziamenti, la riduzione del carico fiscale, ecc.).

Quindi, è importante dapprima identificare quali sono i possibili rischi di frode, e poi fare un passaggio sull’esame del sistema di controllo interno della società in quanto la frode presuppone spesso la forzatura dei controlli posti a presidio del suo verificarsi.

Individuati i possibili rischi, le aree di bilancio esposte al rischio di frode, e compreso il funzionamento del sistema di controllo interno, il revisore programma e poi svolge le sue verifiche.

Se dalle verifiche del revisore dovessero emergere anomalie, ne darà tempestiva informazione agli organi di controllo della società, dovendo poi dal suo lato comprendere come tali anomalie possono riflettersi in termini quantitativi e qualitativi sul bilancio; in esito di questa valutazione, potrà allora decidere come la situazione riscontrata si andrà a riflettere sul suo giudizio sul bilancio, fino anche a decidere di rassegnare le dimissioni dall’incarico nei casi più gravi.

Si pensi ora ad un possibile esempio di anomalia emergente dai controlli del revisore e tale da poter sottendere la manifestazione di un rischio di frode: la richiesta di conferma esterna ad un cliente, che non risponde, e che all’indirizzo indicato risulta non avere alcuna sede o comunque alcuna concreta operatività.

Il primo passo sarà domandare chiarimenti alla società circa l’anomalia emersa dalla procedura di revisione.

In caso di risposte non convincenti, il revisore potrà informare l’organo di controllo della società per un dovere di tempestivo scambio di informazioni mentre, ritornando sul campo delle verifiche, dovrà estendere il campione dei crediti oggetto di controllo in quanto a quella voce di bilancio risulterà associato un maggiore rischio di revisione causato dall’anomalia riscontrata e non risolta.

Se dovessero emergere altre anomalie, il controllo potrebbe dover estendersi ulteriormente, sia come bacino di riferimento che come modalità.

Qui il tema sarebbe l’autenticità e l’esistenza reale di alcune transazioni; in forza delle spiegazioni ricevute dalla direzione e delle riflessioni compiute con l’organo di controllo, il revisore potrà concludere circa gli effetti di queste anomalie sul proprio giudizio.

Qualora permangono dubbi ma non vi siano prove certe di illeciti, quali l’inesistenza delle operazioni in esame, il revisore potrebbe comunque concludere per una impossibilità ad esprimere il giudizio, valutando poi anche le dimissioni.