Revisione legale e “scetticismo professionale”
di Francesco RizziNel nostro ordinamento già esiste l’onere di tenere, a seconda i casi, un comportamento mediamente diligente da bonus pater familias (ad esempio, per il debitore che adempie alla propria obbligazione pecuniaria) oppure di più elevata e specifica “diligenza professionale” (come quella chiesta ad esempio ai membri del collegio sindacale).
Oltre alla predetta “diligenza professionale”, a chi esercita la professione di revisore legale viene ulteriormente chiesto, in primis dal legislatore e poi dai principi di revisione internazionali, di svolgere il proprio lavoro assumendo anche un atteggiamento costantemente dubitativo, detto di “scetticismo professionale” (secondo la terminologia anglosassone, di Professional skepticism).
Ad elevare tale atteggiamento a vero e proprio “dovere” del revisore è in primo luogo la legge ordinaria, la quale ne fornisce anche una puntuale definizione.
Di fatti, secondo l’articolo 9, commi da 2 a 4, D.Lgs. 39/2010 “Il revisore legale o la società di revisione legale che effettua la revisione legale dei conti esercita nel corso dell’intera revisione lo scetticismo professionale, riconoscendo la possibilità che si verifichi un errore significativo attribuibile a fatti o comportamenti che sottintendono irregolarità, compresi frodi o errori.
Il revisore legale o la società di revisione legale che effettua la revisione legale esercita lo scetticismo professionale in particolare durante la revisione delle stime fornite dalla direzione riguardanti:
- il fair value (valore equo),
- la riduzione di valore delle attività,
- gli accantonamenti,
- i flussi di cassa futuri
- e la capacità dell’impresa di continuare come un’entità in funzionamento.
Ai fini del presente articolo, per “scetticismo professionale” si intende un atteggiamento caratterizzato
- da un approccio dubitativo,
- dal costante monitoraggio delle condizioni che potrebbero indicare una potenziale inesattezza dovuta a errore o frode,
- nonché da una valutazione critica della documentazione inerente alla revisione”.
Anche nei principi di revisione internazionali viene sovente fatto riferimento, sia direttamente che indirettamente, a tale metodologia di lavoro basata su un costante atteggiamento dubitativo.
In particolare, detti principi forniscono una definizione di “scetticismo professionale” del tutto analoga alla succitata formulazione normativa.
Nei principi di revisione, infatti, per “scetticismo professionale” si intende quell’atteggiamento “che comprenda un approccio dubitativo, attento alle condizioni che possano indicare possibili errori dovuti a comportamenti o eventi non intenzionali o a frodi, e una valutazione critica degli elementi probativi” (cfr. il nuovo “Glossario” esplicativo del significato dei termini utilizzati nei principi di revisione internazionali ISA Italia e nel principio internazionale sul controllo della qualità ISQC Italia 1, approvato con la recente determina del Ragioniere Generale dello Stato del 12/01/2018 prot. 4993).
Trattasi dunque di una “tipizzazione” normativa dell’approccio metodologico che deve avere il revisore; approccio che, per quanto appena esposto, si palesa per nulla lontano da un’applicazione pratica del “dubbio metodico” di cartesiana memoria.
È inoltre palese come la ratio della norma e dei principi di revisione sia quella di garantire quanto più possibile la terzietà del revisore rispetto alla società da assoggettare a revisione (e cioè rispetto al soggetto che in buona sostanza gli commissiona l’incarico di revisione).
Giova infine ribadire e sottolineare
- come il revisore sia chiamato ad assumere questo atteggiamento dubitativo nel corso di tutto il lavoro di revisione e quindi durante ciascuna fase del processo di revisione;
- come il corretto esercizio dello “scetticismo professionale” non sia un elemento da sottovalutare ma, al contrario, sia un elemento costitutivo della qualità del lavoro di revisione.
Ecco perché non è una battuta, bensì una verità, ritenere che il revisore sia uno “scettico per professione”.