Revoca della dichiarazione di intento e fattura differita
di Fabio LanduzziLa fattura, in linea di principio, deve essere emessa entro le ore 24:00 dello stesso giorno in cui viene effettuata l’operazione, salvo le deroghe previste dalla normativa.
In merito alle cessioni di beni, come noto, il differimento della fatturazione può avvenire sulla base di un DDT (Documento Di Trasporto) o di un altro documento idoneo; in questo caso, la fattura può essere emessa entro il 15° giorno del mese successivo a quello della consegna o spedizione del bene, riportando nel documento gli estremi del DDT, o di altro documento equipollente. Il tutto, sempre che anteriormente alla emissione del DDT non intervenga il pagamento, totale o parziale, del corrispettivo, in quanto in questo caso il cedente, entro lo stesso giorno dell’incasso, deve emettere la relativa fattura.
Ma è un dato di fatto che la facoltà, che sottende una ratio di semplificazione amministrativa, di emettere fattura differita per talune operazioni (cessioni di beni ed anche prestazioni di servizi), non muta il momento di esigibilità dell’imposta il quale coincide sempre con quello di effettuazione dell’operazione, e non con quello della emissione della fattura (articolo 6, comma 4, D.P.R. 633/1972).
In questo contesto, se il cessionario esportatore abituale si avvale del plafond e comunica al cedente, anteriormente alla effettuazione della operazione, la dichiarazione di intento assolvendo ai rispettivi obblighi normativi e procedurali, l’operazione sarà regolarmente fatturata in regime di non imponibilità ex articolo 8, comma 1, lett. c), D.P.R. 633/1972.
È perciò in corrispondenza del momento di effettuazione Iva dell’operazione che si cristallizza il consumo del plafond, come pure, nel caso delle operazioni imponibili, è in questo momento che si determina – ad esempio – l’aliquota Iva applicabile, tanto che, ove nel periodo intercorrente fra tale momento e quello di emissione della fattura differita intervenisse una modifica normativa dell’aliquota Iva, questa non avrebbe effetti sull’operazione già effettuata, benché la relativa fattura fosse appunto emessa in una data successiva.
Ha destato perciò molte perplessità in dottrina l’arresto con cui la Corte di Cassazione – sentenza n. 5174 del 17.01.2017 – ha ritenuto che se fra la data di effettuazione dell’operazione (quindi, in caso di cessione di beni mobili, la data della consegna o spedizione) e la data di emissione della fattura differita, interviene la revoca da parte del cessionario della dichiarazione di intento trasmessa al cedente prima della data di effettuazione dell’operazione (consegna o spedizione, per le cessioni di beni mobili), quest’ultima deve essere documentata con fattura assoggettata ad Iva in luogo del regime di non imponibilità ex articolo 8, lett. c), D.P.R. 633/1972.
Le argomentazioni che hanno indotto gli Ermellini a questa conclusione appaiono in verità non molto chiare nella parte motiva della sentenza, ove sono riportati alcuni passaggi sui contenuti dei quali in dottrina si è dissentito:
- si legge che nel momento in cui la dichiarazione di intento viene revocata, il suo effetto esonerativo cessa immediatamente dal momento in cui la revoca è portata a conoscenza del cedente; quindi, ogni qualvolta la fattura sia emessa in data successiva a questo fatto, essa non potrebbe che essere soggetta ad Iva;
- ciò, essenzialmente, perché secondo il ragionamento dei giudici di Cassazione la regola generale del tributo sarebbe l’imponibilità delle operazioni, così che il venire meno di una delle condizioni che legittimano la non imponibilità, in qualunque momento anteriore alla emissione della fattura, comporterebbe la riattivazione della regola generale dell’assoggettamento ad Iva;
- infine, e qui le perplessità aumentano, viene detto che se la revoca interviene dopo l’emissione della fattura, deve essere comunque emessa una nota di variazione ex articolo 26 D.P.R. 633/1972.
Quest’ultima soluzione, come premesso, non è convincente.
La revoca della dichiarazione di intento non può infatti ripristinare con effetto retroattivo il regime Iva di una operazione che ha già avuto il suo momento di effettuazione, pena l’esposizione di tutto il sistema alla semplice e volatile volontà o convenienza degli operatori, con buona pace di quella certezza e stabilità su cui invece il sistema normativo Iva vorrebbe basarsi.
Naturalmente, ove la revoca postuma fosse motivata da uno splafonamento del cessionario, si dovrebbero attivare i rimedi già noti nella prassi, ma senza perciò dover derogare, a sistema, al principio generale della cristallizzazione del regime Iva dell’operazione alla data in cui si realizza il suo momento di effettuazione.