Ricavi e compensi senza ritenute fino al 31 marzo, con quali modalità?
di Alberto RocchiLuigi ScappiniInserita tra le misure fiscali a sostegno della liquidità delle famiglie e delle imprese, la disposizione dell’articolo 62, comma 7, D.L. 18/2020 (il cd. Decreto “Cura Italia”), introduce l’esenzione da ritenuta a beneficio di taluni soggetti.
La norma merita di essere esaminata attentamente perché la sua applicazione, ristretta a un ambito temporale molto limitato, rischia di creare qualche difficoltà per gli operatori.
Partiamo dall’ambito soggettivo. Essa è diretta a “soggetti” che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi non superiori a 400.000 euro da verificare nel periodo d’imposta 2019.
Il riferimento ai “ricavi o compensi” fa sì che siano ricompresi nell’agevolazione sia i titolari di reddito d’impresa sia i professionisti.
Ulteriore presupposto è che i soggetti, come sopra definiti, non abbiano sostenuto spese per prestazioni di lavoro dipendente o assimilato nel mese precedente, presumibilmente nel mese di febbraio. Quindi, in sostanza, avere avuto in carico dipendenti o collaboratori è causa ostativa all’accesso all’agevolazione; la non felicissima formulazione normativa può far sorgere qualche dubbio.
È pacifico che restano fuori dall’applicazione della norma coloro che hanno erogato stipendi o compensi a dipendenti o collaboratori in febbraio. Ma potrebbe anche verificarsi il caso in cui il rapporto con il dipendente o collaboratore abbia avuto inizio nello stesso mese di febbraio ma senza pagamento di somme, verificatosi in marzo. Sebbene non perfettamente desumibile dalla legge, sembrerebbe prudente considerare i soggetti che versano in questa ipotesi esclusi dalla normativa. Non rilevano invece le somme eventualmente erogate a collaboratori occasionali, non assimilati ai lavoratori dipendenti.
Oggetto dell’agevolazione
Ai soggetti come sopra definiti, è consentito non assoggettare a ritenuta i ricavi e i compensi percepiti nel periodo compreso tra il 17 e il 31 marzo 2020.
La norma richiama espressamente gli articoli 25 e 25-bis D.P.R. 600/1973, quindi le ritenute interessate sono quelle su:
- prestazioni di lavoro autonomo ancorché non esercitate abitualmente;
- assunzione di obblighi di fare, non fare, permettere;
- compensi percepiti dall’amministratore di condominio;
- la parte imponibile dei redditi derivanti dall’utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno, di brevetti industriali e di processi o formule;
- compensi e altre somme corrisposte a soggetti non residenti, esclusi i compensi per prestazioni di lavoro autonomo effettuate all’estero e quelli corrisposti a stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti;
- redditi di lavoro dipendente percepiti da soggetti non residenti;
- provvigioni per le prestazioni anche occasionali inerente ai rapporti di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza di commercio e di procacciamento d’affari;
- prestazioni rese dagli incaricati di vendite a domicilio.
Come si vede, l’elencazione è piuttosto ampia e comprende fattispecie molto diverse tra loro.
Veniamo ora alle modalità operative.
La norma prevede che i contribuenti che si avvalgono della presente opzione rilascino un’apposita dichiarazione dalla quale risulti che i ricavi e compensi non sono assoggettati a ritenuta ai sensi della presente disposizione.
Essi provvederanno poi a versare a propria cura l’ammontare delle ritenute non operate dal sostituto, in un’unica soluzione entro il 31 maggio o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a partire dal maggio 2020, senza applicazione di sanzioni o interessi.
Ipotizzando il caso (più frequente) di un professionista che, rispettando tutte le condizioni soggettive, intenda avvalersi della disposizione, operativamente occorre che egli:
- rilasci la dichiarazione in cui attesta di non aver superato nell’anno precedente la soglia di 400.000,00 euro di compensi e di non aver sostenuto spese per lavoro dipendente nel mese di febbraio;
- presenti la nota pro forma senza indicazione della ritenuta: la norma parla infatti di non assoggettamento a ritenuta delle somme percepite.
Qui tuttavia potrebbe sorgere qualche difficoltà operativa.
La norma infatti si applica ai “ricavi e compensi percepiti” tra il 17 e il 31 marzo. Occorre fare riferimento ai principi generali che regolano gli incassi dei professionisti, per cui per i compensi incassati mediante assegni bancari e/o circolari rileveranno nel momento in cui il titolo di credito entra nella disponibilità del professionista, a nulla rilevando il versamento sul conto corrente di quest’ultimo. Viceversa, nel caso di compensi riscossi a mezzo bonifico bancario, questi si considerano percepiti nel momento in cui il professionista consegue l’effettiva disponibilità e l’accredito delle somme percepite sul proprio conto corrente. In sostanza rileva la c.d. “data disponibile” e mai la “data valuta”, ovvero quella da cui decorrono gli interessi.
È evidente che, in mancanza di indicazioni dell’Agenzia delle entrate, è necessario che il professionista che ha emesso nota pro forma senza ritenuta in applicazione dell’articolo 62 D.L. 18/2020, sia certo che l’incasso avverrà entro il 31 marzo, altrimenti il documento risulterà scorretto e la successiva fattura, irregolare.
D’altra parte, il committente che effettua il bonifico (al lordo della ritenuta) ad esempio in data 30 marzo, non potrà essere certo che le somme giungano nella disponibilità del professionista entro la data spartiacque del 31 marzo.
Per evitare l’insorgere di queste problematiche, il professionista dovrebbe indicare in calce al documento una dicitura: “somme non assoggettabili a ritenuta, articolo 62 comma 7 D.L. 18/2020. Documento valido a condizione che l’incasso delle somme avvenga entro il 31 marzo”.
Dall’altro lato, il committente, per evitare a sua volta condotte scorrette, potrebbe effettuare un bonifico istantaneo, un servizio che non tutte le banche sono in grado di offrire e che comunque ha un costo, o pagare con assegno.
Analoghe problematiche si pongono nel caso in cui ad avvalersi della diposizione sia un’impresa per ricavi da provvigioni. Anche in questo caso, la norma richiede che i ricavi siano “percepiti” entro la data del 31 marzo, per cui torna applicabile il principio di cassa in modalità analoghe a quelle dei professionisti. La complicazione ulteriore è rappresentata dalla mancanza, in caso di esercenti attività d’impresa, di un documento anticipatorio della fattura, che il percettore potrebbe sempre emettere in modo del tutto informale. Resta il problema in capo al committente, che può effettuare il pagamento al lordo della ritenuta solo se è assolutamente certo che la somma entrerà nella disponibilità del percettore entro la data del 31 marzo.
Non sarebbero poche le problematiche che potrebbero porsi in caso di mancato assoggettamento di somme percepite dai prestatori oltre il 31 marzo 2020. Infatti, anche ammettendo la legittimità della retrocessione del pagamento, vi sarebbe quanto meno lo slittamento di un mese, rispetto a quello di competenza, nell’applicazione e successivo versamento della ritenuta.