Ricorso ammissibile anche senza deposito della ricevuta di spedizione
di Angelo GinexNel processo tributario, non costituisce motivo di inammissibilità del ricorso o dell’appello, che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente o l’appellante, al momento della costituzione in giudizio entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione Sezioni Unite con sentenza del 29 maggio 2017, n. 13452.
La vicenda trae origine dalla notifica di due avvisi di accertamento per presunti ricavi non dichiarati ad una società in accomandita semplice e al suo socio accomandante, cui seguiva l’impugnazione dei medesimi dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale, che li annullava. L’Agenzia delle Entrate proponeva atti di appello, che venivano dichiarati inammissibili per mancato deposito nel termine previsto dall’articolo 22, comma 1, D.Lgs. 546/1992 delle fotocopie delle ricevute di spedizione delle raccomandate con le quali gli appelli erano stati proposti.
Pertanto, la medesima proponeva ricorso per cassazione, eccependo l’erronea applicazione di norme di diritto processuali, laddove il giudice di appello aveva ritenuto inidonea a provare la spedizione delle raccomandate e la tempestività degli appelli l’avvenuta esibizione degli avvisi di ricevimento in luogo delle ricevute di spedizione, avendo anche tali avvisi la natura di atti pubblici.
Nella pronuncia in commento, i Giudici di Piazza Cavour hanno affermato tout court che, ancorché l’articolo 22 citato prescriva il deposito della ricevuta di spedizione, quest’ultima possa essere sostituita dall’avviso di ricevimento, purché in quest’ultimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario.
Solo in tal caso, sostiene la Suprema Corte, “l’avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione, laddove, in mancanza, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della tempestività della notifica del ricorso o dell’appello, unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto o della sentenza”.
Ne deriva pertanto che, sebbene l’avviso di ricevimento sia compilato dalla parte, la data di spedizione in esso indicata riveste la natura di atto pubblico, in quanto è pur sempre l’agente postale che, mediante stampigliatura meccanografica ovvero timbro datario, appone le informazioni circa la data di spedizione e il numero di raccomandata.
Nella pronuncia de qua la Corte di Cassazione ha chiarito altresì la questione relativa alla decorrenza del termine per la costituzione in giudizio del ricorrente e dell’appellante di cui agli articoli 22 e 53 D.Lgs. 546/1992, in caso di ricorso spedito a mezzo del servizio postale con raccomandata.
Sul punto, la Suprema Corte ha affermato che “il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente e dell’appellante, che si avvalga per la notificazione del servizio postale universale, decorre non dalla data di spedizione diretta del ricorso a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, ma dal giorno della ricezione del plico da parte del destinatario”.
D’altronde – sostengono i Giudici di legittimità – anche nel procedimento di reclamo / mediazione i novanta giorni di tempo entro cui lo stesso può essere accolto o la mediazione può essere stipulata decorrono dalla data di ricezione del ricorso e non dalla data di spedizione.
In definitiva, occorre evidenziare che i principi sanciti dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite sono applicabili tanto in primo grado quanto nel grado di appello, ancorché nel primo grado di giudizio possa giovarsene il solo contribuente, a differenza del giudizio di appello in cui la parte appellante può essere anche l’Amministrazione finanziaria.