Ricorso in Cassazione per violazione di circolari dell’Amministrazione finanziaria
di Angelo GinexLe sentenze pronunciate dalle Corti di giustizia tributaria di secondo grado sono impugnabili innanzi alla Corte di cassazione ai sensi dell’articolo 62, D.Lgs. 546/1992, il quale prevede la proponibilità del ricorso per tutti i “motivi” elencati nell’articolo 360 c.p.c. e l’applicabilità delle norme del codice di procedura civile.
In via generale, la disciplina del ricorso per cassazione in materia tributaria non diverge da quella ordinaria, salvo talune peculiarità. La suprema Corte è un giudice la cui funzione fondamentale è quella “nomofilattica”, per cui non può, di regola, decidere la causa nel merito. Essa può solo annullare la sentenza e rinviare la causa al giudice di merito, oppure può cassare senza rinvio la pronuncia gravata. La decisione nel merito costituisce un’eccezione.
Con specifico riferimento ai “motivi” di impugnazione, occorre evidenziare che il ricorso per cassazione è un mezzo di impugnazione a critica vincolata, in quanto esso è proponibile soltanto per i motivi di ricorso tassativamente previsti dall’articolo 360, comma 1, c.p.c. Si tratta cioè di:
- motivi attinenti alla giurisdizione;
- violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza;
- violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro;
- nullità della sentenza o del procedimento;
- omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
I motivi sub 1), 2), 4) e 5), vengono definiti “errores in procedendo” (vizi di attività); in questo caso, la Corte di cassazione è anche giudice del fatto (processuale) e, quindi, può esaminare direttamente gli atti di causa, fermo restando la puntuale indicazione, da parte del ricorrente, del fatto processuale di cui chiede il riesame.
Il motivo sub 3) configura invece un “error in iudicando” (vizio di giudizio), ovvero l’errore in cui è incorso il giudice nel giudizio di diritto, e più precisamente nella individuazione e applicazione delle norme che regolano il rapporto giuridico dedotto in giudizio.
Secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (Cassazione n. 7155/2017), il ricorso in Cassazione è inammissibile “quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa”, nonché “quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo”.
È stato altresì precisato che, se nella rubrica del motivo risulta erroneamente indicata una norma diversa da quella di cui, nello svolgimento del motivo, si assume la violazione, il ricorso per cassazione non è inammissibile, sempreché la corretta qualificazione giuridica del vizio denunciato possa essere desunta dal contenuto della censura (Cassazione n. 28542/2019; Cassazione n. 19816/2021).
In tale contesto, poi, è d’uopo sottolineare che la “violazione e falsa applicazione di norme di diritto” sta a significare errore nella individuazione, interpretazione o applicazione della norma relativa al caso concreto, motivo di ricorso che più degli altri permette alla Corte di cassazione di assolvere alla funzione nomofilattica, assicurando l’uniforme interpretazione della legge, ex articolo 65, R.D. 12/1941.
Al riguardo, occorre sottolineare che la violazione di circolari emanate dall’Amministrazione finanziaria non può mai costituire motivo di ricorso per cassazione sotto il profilo della violazione di legge, in quanto esse non contengono norme di diritto, bensì disposizioni di indirizzo uniforme interno all’amministrazione da cui promanano (Cassazione n. 1335/2024).
Ciò, sulla base della considerazione per la quale le suindicate caratteristiche evidenziano la natura di meri atti amministrativi non provvedimentali degli stessi e, al tempo stesso, escludono che esse possano fondare posizioni di diritto soggettivo in capo a soggetti esterni alla stessa amministrazione. A questa regola non sfuggono le circolari dell’Amministrazione finanziaria, le quali non vincolano né i contribuenti né i giudici, così da risultare, appunto, anch’esse esenti dal controllo di legittimità.
Quest’ultima doglianza, per quanto prima facie possa apparire “banale e scontata”, è stata prospettata più volte innanzi alla suprema Corte, per cui è importante sapere come difendersi.
Secondo l’Amministrazione finanziaria, la violazione di legge a fondamento del ricorso per cassazione può anche concernere la violazione di una propria circolare. Tuttavia, è abbastanza evidente che tale assunto è assolutamente errato in quanto, come confermato dalla richiamata giurisprudenza (in senso conforme Cassazione n. 16612/2008; Cassazione n. 11449/2005), la violazione di documenti di prassi non può costituire motivo di ricorso in Cassazione sotto il profilo della violazione di legge, trattandosi di atti che (banalmente) non contengono norme di diritto.