Ricostruzione induttiva dei redditi per il professionista
di Marco BargagliCome noto il nostro ordinamento giuridico consente di ricostruire, sulla base di precisi elementi di capacità contributiva, il reddito conseguito dal soggetto passivo d’imposta.
Anzitutto ai sensi dell’articolo 38 D.P.R. 600/1973 è possibile rettificare, sulla base di presunzioni semplici, purché connotate dai requisiti di gravità precisione e concordanza, le dichiarazioni presentate dalle persone fisiche qualora il reddito complessivo ivi dichiarato risulti inferiore a quello effettivo ossia non sussistono o non spettano, in tutto o in parte, le deduzioni dal reddito o le detrazioni d’imposta indicate nella medesima dichiarazione.
In siffatta ipotesi l’Amministrazione finanziaria può determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente, anche sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta (c.d. spesometro), con possibilità di dimostrare che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.
Quindi, tale metodo di ricostruzione del reddito non si basa su elementi derivanti dall’applicazione di coefficienti presuntivi, bensì sulle spese realmente sostenute dal soggetto passivo valutando, simmetricamente, la reale capacità di spesa del contribuente a cui dovrebbe corrispondere un congruo reddito sottoposto a tassazione.
L’accertamento dei redditi su “base sintetica”, conosciuto come “redditometro”, prevede invece l’applicazione di una presunzione fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva (ex articolo 38, comma 5, D.P.R. 600/1973).
Sempre con riferimento alle imposte sui redditi, ai sensi dell’articolo 39, comma 1, lett. d) D.P.R. 600/1973, l’ufficio può procedere alla rettifica del reddito d’impresa delle persone fisiche se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione delle scritture contabili o da altre verifiche ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa, nonché dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio.
In tale ultima circostanza, prendendo a base le risultanze desumibili dalle scritture contabili obbligatorie l’Amministrazione finanziaria, sulla base di “presunzioni semplici”, anch’esse connotate dai sopra illustrati requisiti di gravità, precisione e concordanza, può constatare l’esistenza di attività non dichiarate (ricavi in nero) ossia l’inesistenza di passività dichiarate (costi non deducibili), ricostruendo induttivamente il reddito.
Infine, con l’accertamento induttivo “puro”, disciplinato dall’articolo dell’articolo 39, comma 2, lett. d) D.P.R. 600/1973, l’ufficio delle imposte determina il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili e di avvalersi anche di “presunzioni semplicissime” prive dei citati requisiti che, come detto, caratterizzano le “presunzioni semplici”.
In tema di accertamento induttivo – presuntivo la suprema Corte di cassazione, sezione 5^ civile, con la recente ordinanza n. 10692 del 04.05.2018, si è pronunciata circa il ricorso presentato da parte di un medico odontoiatra, avverso un avviso di accertamento emesso sulla scorta del consumo di prodotti igienico sanitari monouso utilizzati da parte del professionista nel corso della sua attività.
Nello specifico i giudici di piazza Cavour hanno fornito importanti chiarimenti in ordine all’utilizzo, in ambito tributario, di un concreto quadro probatorio, specificando che la gravità, precisione e concordanza degli indizi acquisti nel corso del controllo fiscale permette di acquisire una prova presuntiva che risulta di per sé sufficiente a sostenere i fatti fiscalmente rilevanti accertati da parte dell’Amministrazione finanziaria.
In particolare, gli ermellini hanno pienamente condiviso il procedimento logico adottato da parte del giudice di merito nella valutazione degli indizi, affermando che: “la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno ricavati dal loro complessivo esame, in un giudizio globale e non atomistico di essi (ciascuno dei quali può essere insufficiente), ancorché preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza e ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento” (in merito cfr. Corte di cassazione, sentenza n. 12002/2017; Corte di cassazione, ordinanza n. 5374/2017).
In definitiva legittimando l’accertamento analitico – induttivo in capo al medico odontoiatra, la Suprema Corte ha affermato che in base a deduzioni logiche di ragionevole probabilità, non necessariamente certe, è importante operare una valutazione complessiva che comporti un sufficiente quadro indiziario, o anche un solo significativo indizio, idoneo a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa erariale, salvo l’ampio diritto del contribuente a fornire la pertinente prova contraria.
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