Riduzione del capitale sociale per perdite inferiori al terzo
di Fabio LanduzziNell’ordinamento giuridico non si riscontra una norma direttamente riferita a regolamentare il caso della riduzione del capitale sociale in presenza di una perdita che, una volta diminuita da tutte le riserve iscritte nel patrimonio e disponibili per la copertura delle perdite, residua per un importo inferiore ad un terzo del capitale sociale.
L’interrogativo che ci si pone è quindi se una simile circostanza debba essere regolata secondo le disposizioni prescritte per il caso delle riduzioni volontarie del capitale sociale – articolo 2445 (per le SpA) e 2482 (per le Srl) cod. civ. – oppure secondo le norme che disciplinano i casi delle riduzioni per perdite “rilevanti” – quindi, articolo 2446 e 2447 (per le SpA) e 2482-bis e ter (per le Srl) cod. civ..
L’argomento è stato di recente trattato dal Consiglio Notarile di Milano nella Massima n. 203 nella quale si è in ultima analisi affermato che al caso della riduzione del capitale sociale per perdite inferiori ad un terzo non sarebbero applicabili le disposizioni degli articoli 2445 e 2482 cod. civ., poste dall’ordinamento a presidio della c.d. riduzione “reale” del capitale; in particolare, si ritiene che la circostanza in oggetto non rappresenterebbe di per se stessa una diminuzione dell’attivo patrimoniale come accade invece nel caso della riduzione regolata dagli articoli 2445 e 2482 cod. civ., e neppure si avrebbe una traslazione di somme dal capitale alle riserve del patrimonio netto con alleggerimento della tutela dei terzi.
Diversamente, una riduzione del capitale sociale per perdite, sebbene di misura inferiore al terzo del capitale stesso, benché connotata senza dubbio dal fatto di essere una decisione facoltativa dei soci non diminuisce la funzione di tutela dei terzi assunta dal capitale sociale e né affievolisce i paletti alla indistribuibilità del patrimonio sociale, per il semplice fatto che il capitale sociale è comunque in concreto già diminuito al di sotto della sua misura nominale in quanto eroso dalla perdita, sicché deliberarne la riduzione altro non significa se non prendere atto di una diminuzione patrimoniale già verificatasi.
Che cosa comporta allora assumere questa posizione interpretativa? In modo particolare:
- non spetterà ai creditori il diritto di opposizione che è previsto nei casi delle riduzioni “reali” del capitale dalla procedura esperita ai sensi degli articoli 2445 e 2482 cod. civ.;
- la delibera assunta dall’assemblea potrà allora essere eseguita immediatamente, senza attendere il decorso del termine prescritto appunto per l’opposizione dei creditori;
- dal lato procedurale, gli amministratori non saranno neppure tenuti all’obbligo di convocare “senza indugio” l’assemblea dei soci, poiché la misura della perdita è comunque contenuta al di sotto del terzo del capitale.
La Massima 203 si pone poi sulla stessa linea tracciata dalla giurisprudenza di Cassazione per quanto concerne l’aggiornamento contabile dei dati sulla cui base viene assunta la delibera di riduzione del capitale; si ritiene infatti che essa debba avere come riferimento o l’ultimo bilancio d’esercizio, se chiuso non anteriormente a 6 mesi rispetto alla data dell’assemblea, o una situazione patrimoniale infrannuale preparata secondo termini e con caratteristiche analoghe a quelle prescritte nei casi di riduzione obbligatoria del capitale.
Tuttavia, non sussisterà per gli amministratori l’obbligo né di accompagnare la situazione patrimoniale con una relazione, così come invece prescritta nei casi di riduzione “obbligatoria”, e né di preventivo deposito della situazione patrimoniale presso la sede sociale negli otto giorni precedenti l’assemblea dei soci, in quanto non sarà applicabile, come anzidetto, l’iter prescritto nel caso della riduzione per perdite “rilevanti”.
La riduzione del capitale sociale per perdite inferiori ad un terzo può poi essere decisa dall’assemblea per un ammontare liberamente determinato, potendo quindi riguardare l’intero importo della perdita oppure una sua parte.
Infatti, quand’anche si decidesse appunto di ridurre il capitale in misura più contenuta rispetto all’importo della perdita, il risultato sarebbe quello di mantenere sul patrimonio un maggiore vincolo di non distribuzione, o di accantonamento di utili futuri, a copertura delle perdite pregresse non coperte, così che non sarebbe in alcun modo indebolita la tutela dei creditori sociali.
In ogni caso, prima di procedere alla riduzione del capitale, è necessario che la perdita sia coperta mediante l’azzeramento di tutte le riserve iscritte in bilancio e che siano disponibili per tale utilizzo.