Rientro dei capitali senza sconti sull’antiriciclaggio
di Nicola Fasano
Nella voluntary disclosure gli obblighi antiriciclaggio devono essere regolarmente adempiuti da parte di intermediari finanziari e professionisti che intervengono nella regolarizzazione supportando il contribuente. Lo ha chiarito la nota del Ministero dell’Economia e delle Finanze dello scorso 31 gennaio.
Nel documento di prassi si legge che l’approvazione delle norme sulla voluntary disclosure non ha alcun impatto sull’applicazione delle sanzioni e dei presidi previsti dal d lgs. n. 231/07, in materia di contrasto del riciclaggio e di finanziamento al terrorismo, in quanto le esimenti previste dal d.l. 4/2014 operano unicamente sul piano fiscale (e in casi circoscritti, aggiungiamo noi, su quello penale). Secondo i tecnici del Ministero, ne consegue che a fini di prevenzione del riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, l’applicazione delle predette norme non vale, in alcun modo, a qualificare di per sé come lecite le risorse o le attività, oggetto di volontaria emersione, illegalmente detenute o stabilite all’estero. Anche rispetto alle attività volontariamente dichiarate al fisco, che beneficiano della speciale procedura disegnata dal d.l. 4/2014, resta, pertanto, immutato l’obbligo di attivare le procedure di adeguata verifica della clientela, incluso l’obbligo di identificazione del titolare effettivo e l’applicazione di misure rafforzate di adeguata verifica della clientela, nel caso di elevato rischio di riciclaggio o finanziamento del terrorismo. Del pari immutati restano gli obblighi di registrazione e di segnalazione di eventuali operazioni sospette, secondo quanto previsto dal d.lgs. n. 231/07.
In effetti, a differenza dello scudo fiscale laddove il legislatore aveva espressamente previsto l’esonero dagli adempimenti antiriciclaggio connessi con le operazioni di emersione dei capitali all’estero, vi è da dire che nessuna norma in tema di collaborazione volontaria ha previsto analoga “semplificazione”.
Tuttavia, con uno “sforzo interpretativo” si potrebbe sostenere anche che la procedura in esame rientri quanto meno nell’ambito delle esclusioni previste, per i soli professionisti, dall’art. 12, comma 2, d. lgs. 231/07, ai sensi del quale l’obbligo di segnalazione di operazioni sospette non sussiste qualora le informazioni siano ricevute nel corso dell’esame della posizione giuridica del cliente o dell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza in un procedimento giudiziario o in relazione a tale procedimento, compresa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento.
Ciò anche in considerazione del fatto che, in ogni caso, la controparte ossia l’Agenzia delle entrate, entro 30 giorni dall’effettuazione dei versamenti dovuti, deve comunicare alla procura la conclusione della procedura di collaborazione volontaria.
E’ evidente, ad ogni modo, come il MEF non sia di quest’ultimo avviso. Sarebbe auspicabile, pertanto, un intervento legislativo, in sede di conversione del d.l. 4/2014, che quanto meno sollevi gli intermediari e i professionisti dall’obbligo si segnalazione di operazione sospetta. Del resto, soprattutto se, come sembra, l’impianto e le modalità (nonché il costo) della procedura di rientro volontario dei capitali resteranno confermati, puntellare quanto meno gli aspetti “collaterali” della stessa (con riferimento agli adempimenti antiriciclaggio e più in generale, ai risvolti di natura penale) potrebbe renderla sicuramente più appetibile, tenuto conto che i principali punti di interesse per il contribuente sono essenzialmente due: costo dell’emersione e possibili rischi penali.