14 Gennaio 2025

Riflessi fiscali nel conferimento e trasformazione di studio professionale

di Luciano SorgatoPaolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365
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Nel nuovo articolo 177 bis, Tuir – introdotto dal D.Lgs. 192/2024 (Decreto Ires/Irpef) ed entrato in vigore lo scorso 31.12.2024 – sono disciplinate le operazioni straordinarie che consistono in aggregazioni tra soggetti individuali o societari che svolgono attività correlate all’esercizio di arti o professioni. Più precisamente, si tratta delle cosiddette società ordinistiche, per le quali il riferimento principale è alle STP costituite a norma dell’articolo 10, L.183/2011 e società similari (si pensi, ad esempio, alle STA, società tra avvocati costituite ai sensi dell’articolo 4 bis, L. 247/2012). Ciò significa che un conferimento di studio professionale, eseguito verso una conferitaria costituita sottoforma di normale SRL, non fruisce della neutralità, di cui all’articolo 177 bis, Tuir e, quindi, si presenta come una operazione realizzativa, con tutte le incognite fiscali riassunte nella risposta a interpello n. 107/2018. Tra tali incognite, prima su tutte, vi è la rilevanza fiscale del valore della clientela. Il problema è molto delicato per tutte quelle attività professionali che, non essendo codificate nel sistema ordinistico, non possono costituire STP e, quindi, ricadono nelle problematiche sopra enunciate.

La prima operazione di aggregazione statuita dall’articolo 177 bis, comma 1, Tuir, è il conferimento di studio professionale. Già è stato segnalato come sia essenziale l’oggetto del conferimento, cioè quel complesso unitario di attività materiale ed immateriali organizzato per l’esercizio di attività artistiche o professionale. È evidente il richiamo alla definizione di azienda contenuto nell’articolo 2555 cod. civ. e, come per l’azienda, si può enucleare un ramo, quale frazione del complesso globale, dotato di autonoma organizzazione; così, si ritiene che si potrà isolare il ramo di studio, potendo limitare il conferimento neutrale a quest’ultima realtà. Si pensi al caso, tutt’altro che infrequente, del professionista che gestisce più studi ubicati in luoghi diversi, ognuno dei quali dotato di autonoma organizzazione. Ebbene, non sembrano porsi ostacoli ad eseguire il conferimento neutrale limitato alla singola unità locale.

Ma un tema di rilevanza primaria nel conferimento di studio professionale è certamente il valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione ricevuta dal soggetto conferente. Questo valore, infatti, non rileva solo ai fini di una successiva cessione di quota, ma anche, e forse soprattutto, ai fini delle conseguenze che si avrebbero, laddove la società conferitaria distribuisse al socio conferente riserve generate dal conferimento stesso. Ipotizziamo che un singolo professionista conferisca il proprio studio in una STP SRL unipersonale (operazione del tutto legittima ed avallata dai Consigli Nazionali sia dei commercialisti che degli avvocati nel primo caso con il Parere n. 14/2019 e nel secondo caso con il Parere n. 17 del 19.2.2021). Il valore del conferimento è stabilito in euro 100.000, di cui euro 10.000 imputati a capitale sociale ed euro 90.000 imputati a riserva da conferimento che, ai fini fiscali, è certamente una riserva di capitale. Cosa accade se la società distribuisse al socio euro 50.000 tratti dalla riserva da conferimento?  La risposta non può che essere pronunciata alla luce dell’articolo 47, comma 5, Tuir, secondo il quale viene ridotto il valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione. Ma per capire se tale riduzione si colloca o meno in territorio negativo (cosiddetto sottozero) è necessario avere contezza precisa del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione stessa. Al riguardo, l’articolo 177 bis, comma 1, Tuir, mutuando la stessa previsione contenuta nell’articolo 176, comma 1, Tuir, afferma che la partecipazione assume il medesimo valore della somma algebrica delle attività e passività, altrettanto fiscalmente riconosciute. Proviamo, ora, a riflettere su un ipotetico stato patrimoniale dello studio che sta per essere conferito e per il quale, con ogni probabilità, dovrà essere eseguita una ricognizione extracontabile di tali attività e passività, posto che gli studi professionali non sono gestiti attraverso un sistema di rilevamenti dei fatti economico/finanziari simile alla contabilità ordinaria.

Immaginiamo che nell’attivo possano trovarsi per semplicità: liquidità, crediti, beni strumentali, e nel passivo debiti sia verso dipendenti sia verso fornitori che Enti fiscali e previdenziali. Per quanto riguarda i crediti, il valore fiscalmente riconosciuto è quello nominale, senza tener conto di eventuali svalutazioni. Per quanto attiene alla liquidità, i valori sono numerari e di difficile contestazione; ciò, ovviamente, se i rapporti con istituti di credito riguardano solo l’esercizio dell’arte e della professione. Più complesso è il caso di conti correnti che sono utilizzati anche per spese personali: in tale situazione, è forse suggeribile eliminare tale saldo, limitandosi a conferire una somma in denaro necessaria per i primi periodi di gestione della società conferitaria; tale somma potrebbe entrare far parte del capitale sociale in sede costitutiva. Questo apporto in denaro, ove compatibile con i redditi dichiarati dal conferente, entra certamente a far parte del costo della partecipazione. Per quanto riguarda i beni strumentali, il valore fiscalmente riconosciuto è limitato al residuo da ammortizzare alla data del conferimento. Ciò per dire che eventuali rivalutazioni, magari certificate in sede peritale, non possono far parte dello stesso costo della partecipazione. Alla somma dei valori così ottenuti si sottrarrà il valore nominale dei debiti, ottenendo il costo riconosciuto della partecipazione che, come sopra si diceva, costituisce il tetto di eventuali distribuzioni di riserve di capitale senza generare conseguenze fiscali sul conferente.

Un tema concettualmente simile si manifesta nella trasformazione da società semplice a società commerciale STP (di persone o di capitale). Nel caso di trasformazione progressiva verso Srl Stp, l’articolo 177 bis, comma 4, Tuir, fa salve (ove compatibili) le disposizioni del comma 3, dell’articolo 170, Tuir. Tale norma permette di distribuire riserve generate prima della trasformazione, senza tassazione del dividendo in capo al socio, perché esse siano evidenziate nel patrimonio netto della società trasformata. Ma se la società trasformanda è una società semplice priva di apparati contabili, come si potrà evidenziare riserve di cui al comma 3, articolo 170, Tuir? il tema è certamente delicato, ma altrettanto certamente non si potrà risolverlo affermando che non esistono riserve ante trasformazione, poiché la realtà trasformata è generata da utili già attribuiti ai soci (e tassati) che non possono subire una ulteriore tassazione quali dividendi. La soluzione, a parere di chi scrive, ricalca quanto sopra affermato per il conferimento: il punto di partenza è generare uno stato patrimoniale di attività e passività fiscalmente riconosciute, il cui differenziale a sua volta genera un patrimonio netto che, dedotto il capitale sociale della società trasformata, sarà rappresentato da riserve di utili già tassate sui soci e, quindi, da evidenziale come riserve, ex articolo 170, comma 3, Tuir.