Riforma dello sport: quali conseguenze?
di Guido MartinelliDopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 39/2021, con l’attivazione del nuovo registro delle attività sportive, prosegue il cammino per l’approvazione definitiva anche il decreto legislativo contenente le disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. 36/2021 in tema di enti sportivi professionistici e dilettantistici nonché di lavoro sportivo che, conseguita l’intesa dalla Conferenza Stato-Regioni e i pareri delle competenti commissioni di Camera e Senato dovrà poi tornare in Consiglio dei Ministri per l’approvazione finale prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per poter ottenere i desiderati effetti correttivi sul D.Lgs. 36/2021, con decorrenza dal 1° gennaio 2023.
Novellato il D.Lgs. 36/2021, il Governo potrà decidere se, accogliendo un suggerimento pervenuto dalle commissioni parlamentari, posticipare ulteriormente a luglio 2023 la decorrenza degli effetti della norma in esame.
Ogni ritardo ulteriore rispetto alla entrata in vigore della nuova disciplina dovrà, però, essere valutato alla luce della recente uniforme giurisprudenza della Corte di Cassazione che, come è noto, ha dato una lettura fortemente restrittiva del campo di applicazione della disciplina dei compensi sportivi di cui all’articolo 67, comma 1, lett. m), Tuir, fino ad oggi anche in eccesso utilizzata.
È evidente che, per uniformarsi alla lettura data dalla nostra Suprema Corte, l’inquadramento di tutti coloro i quali lavorano, in via prevalente, anche se non esclusiva, per un sodalizio sportivo dilettantistico dovrà fare riferimento, oggi così come doveva essere nel passato, esclusivamente alla disciplina di cui agli articoli 2222 cod. civ. per il lavoro autonomo e 2094 cod. civ. per quello subordinato.
Il tutto, senza pertanto di poter godere di alcuna agevolazione fiscale o contributiva e nel rispetto di tutti gli adempimenti (sicurezza sul lavoro, coperture assistenziali, ecc) previsti dalla vigente disciplina lavoristica.
Tanto che si potrebbe arrivare a sostenere che l’entrata in vigore del correttivo costituirà addirittura, per questi tipi di collaborazione, un risparmio e non un maggior onere.
Ciò premesso va chiarito che le associazioni sportive dilettantistiche e gli enti del terzo settore già iscritti al registro Coni e che riconoscono compensi a lavoratori sportivi, per come individuati dal decreto, fino a cinquemila euro, non avranno alcun adempimento ulteriore sia con riferimento al nuovo registro delle attività sportive che alla disciplina sui compensi.
Se avessero uno o più atleti o tecnici che percepissero compensi maggiori di detto limite e fino a 15.000 euro annui avranno, solo per costoro e, solo per la parte eccedente il regime esente, da versare, per i primi cinque anni di decorrenza della norma, solo i contributi previdenziali calcolati sulla metà del compenso, quelli assistenziali e la copertura Inail. Contati “da avvocato” un 15% in più, di cui un terzo a carico delle sportive e due terzi a carico del sodalizio.
Ne deriva che un tecnico che “per contratto” percepisce oggi 15.000 euro come compensi sportivi, domani avrà un maggior costo complessivo di 16.000 euro, in quanto lo sportivo dovrà pagarsi il suo terzo di contributi (quindi incasserà 14.500) e la sportiva dovrà aggiungere i due terzi a suo carico.
Chi scrive è assolutamente consapevole che nel momento attuale dello sport italiano anche un aumento di costi del 7% (perché di questo si tratta) ha una sua incidenza, ma sicuramente trattasi di cifre ben inferiori rispetto a quelle che sarebbero dovute in assenza di riforma.
Va anche precisato che si realizzerebbe un ulteriore risparmio in quanto l’articolo 28, comma 4, D.Lgs. 36/2021 (per come potrebbe essere novellato dall’articolo 16 del correttivo) prevede che per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa posti in essere da un lavoratore sportivo che percepisca compensi inferiori ai 15.000 euro non vi sia l’obbligo di emissione del prospetto paga e della tenuta del libro unico del lavoro.
Il problema potrebbe complicarsi solo per gli enti del terzo settore che oltre alla attività sportiva dilettantistica svolgono anche altre attività di interesse generale (possibilità resa pacifica dal correttivo che rende perfettamente compatibili la riforma del terzo settore con quella dello sport).
Infatti costoro potrebbero avere risorse umane dedicate alle attività non sportive, per le quali vigono i principi generali dei rapporti di lavoro e specificatamente i limiti di cui all’articolo 16 del codice del terzo settore (trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi, differenza retributiva tra lavoratori dipendenti non superiore al rapporto di uno a otto) che prevedranno invece gli adempimenti (in primis le ritenute fiscali) non obbligatori per i lavoratori sportivi.
Altrettanto le sportive, a correttivo approvato, potranno continuare a godere della esclusione, prevista dalla lettera d) dell’articolo 2, comma 2, D.Lgs. 81/2015 dall’obbligo della applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente, esclusione della quale non potranno invece godere gli altri enti del terzo settore.
20 Settembre 2022 a 14:13
Vorrei avere una delucidazione, se il tecnico percepisce compensi sportivi da più di un’associazione come ci si deve comportare?
Il limite dei 5.000,00€ vale per la somma dei compensi percepiti?
Grazie
20 Settembre 2022 a 19:12
Confermo che il limite dei cinquemila vale sul totale dei compensi percepiti come lavoratore sportivo. In caso di prestazioni presso più ASD si applicherà quanto già accade oggi al supero dei 10.000 euro. Ossia il lavoratore comunicherà che con tutta o con parte della somma che riceve supera il tetto dei 5000 euro e sull’eccedenza saranno calcolati i contributi previdenziali