Riforma fiscale: debutto per l’autotutela obbligatoria
di Angelo GinexTra le importanti modifiche allo Statuto dei diritti dei contribuenti (L. 212/2000) introdotte dal D.Lgs. 219/2023, attuativo della legge delega fiscale (L. 111/2023) e pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 2 del 3.1.2024, vi è l’istituto dell’autotutela.
La novella, mediante l’introduzione dell’articolo 10-quater e dell’articolo 10-quinquies nella L. 212/2000, entrati in vigore lo scorso 18.1.2024, ha previsto, per la prima volta, che l’esercizio del potere di autotutela possa essere, oltre che facoltativo, anche obbligatorio.
Innanzitutto, occorre precisare che l’ambito applicativo di tale istituto è vasto, giacché l’autotutela può avere ad oggetto:
- tutti gli atti caratterizzati da una pretesa impositiva, nonché;
- quelli destinati ad incidere negativamente sulla sfera giuridica del contribuente (es. comunicazione di irregolarità, avviso di accertamento, atto di contestazione, rigetto di istanza di rimborso).
Ciò significa che, anche gli atti della riscossione possono essere oggetto di autotutela, e in tale ipotesi viene chiesto lo sgravio delle somme iscritte a ruolo da parte dell’Agente della riscossione.
Venendo alla vera “novità” introdotta dal D.Lgs. 219/2023, si rileva che sono ora specificamente previsti i casi in cui bisogna obbligatoriamente procedere all’esercizio del potere di autotutela. Si tratta di una serie di ipotesi, così come di seguito elencate:
- l’errore di persona;
- l’errore di calcolo;
- l’errore sul presupposto d’imposta;
- la mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti;
- la mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza;
- l’errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione.
È d’uopo sottolineare che l’autotutela “obbligatoria” – che può anche essere integrale, ovvero parziale – trova applicazione anche senza l’istanza di parte e può intervenire anche in pendenza di giudizio.
Il contribuente, nella ipotesi di annullamento parziale in pendenza di giudizio, qualora sia comunque “soddisfatto” della riduzione della pretesa, può anche decidere di non proseguire nel contenzioso, determinando la cessazione della materia del contendere.
Inoltre, sempre in ipotesi di annullamento parziale, il contribuente può prestare acquiescenza, ovvero optare per la definizione agevolata delle sanzioni, al fine di definire gli atti impositivi che hanno subito modifiche e beneficiare degli sgravi di legge previa rinuncia all’eventuale ricorso proposto.
È altresì previsto che l’autotutela “obbligatoria” possa intervenire anche in caso di atti definitivi. Quindi, il suo esercizio non sembrerebbe essere vincolato al rispetto di precisi limiti temporali, potendo essere esercitato anche dopo che siano spirati i termini per l’accertamento.
Tuttavia, il comma 2, dell’articolo 10-quater, L. 212/2000, limita tale previsione, stabilendo che l’obbligo di autotutela non sussiste quando alternativamente:
- la sentenza favorevole all’Amministrazione finanziaria è passata in giudicato;
- è decorso un anno dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione.
Ciò detto, al di fuori dei casi sopra indicati, invece, l’esercizio del potere di autotutela è “facoltativo”. In particolare, l’autotutela è facoltativa quando:
- sussiste un vizio di illegittimità;
- vi è infondatezza dell’atto o dell’imposizione.
Anche l’autotutela “facoltativa” può essere integrale ovvero parziale, e trova applicazione anche senza l’istanza di parte, potendo intervenire anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi.
Come chiarito con la circolare n. 198/1998, l’annullamento dell’atto in autotutela “travolge” tutti gli altri atti ad esso consequenziali e comporta, altresì, l’obbligo di restituzione delle somme indebitamente riscosse.
Si rileva, altresì, che l’avvenuto esercizio dell’autotutela “obbligatoria” può comportare degli effetti in tema di responsabilità per danno erariale, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, L. 20/1994, soltanto in caso di dolo. Quindi l’ingiustificato annullamento d’ufficio di un atto nei casi di obbligatorietà, solo limitatamente alle ipotesi di dolo, legittima una condanna per danno erariale.
La novella, certamente apprezzabile laddove recepisce la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 181/2017), secondo cui il potere di autotutela dell’Amministrazione, ancorché sia discrezionalmente esercitato da quest’ultima, può diventare obbligatorio, in particolari casi, su espressa previsione di legge, non convince appieno.
Tace, ad esempio, sul diniego espresso o tacito di autotutela (la cui impugnabilità non è in discussione nei termini di cui all’articolo 19, D.Lgs. 546/1992, così come modificato dal D.Lgs. 220/2023), genera dubbi nell’individuazione dei casi di autotutela obbligatoria e, soprattutto, ricomprende tra le ipotesi di esclusione dall’obbligo di autotutela il caso della sentenza favorevole all’amministrazione che sia passata in giudicato, così come quello dell’intervenuta definitività da più di un anno dell’atto viziato per mancata impugnazione.
Infine, stupisce la necessità legislativa di intervenire al fine di normare l’obbligo di autotutela da parte dell’Amministrazione finanziaria che, in quanto imparziale, non dovrebbe aver bisogno di alcuna sollecitazione al riguardo.