24 Ottobre 2024

Rilevanti ai fini Iva i benefici che la comunità energetica trasferisce al produttore “terzo”

di Silvio Rivetti
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La progressiva diffusione delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) aumenta il numero degli interrogativi, circa l’esatta applicazione delle norme fiscali al relativo settore di attività; e determina il sempre maggiore coinvolgimento dell’Agenzia delle entrate nella soluzione degli stessi. Con la più recente risposta all’interpello n. 201/2024, le Entrate hanno preso posizione circa il corretto trattamento ai fini Iva delle somme dovute da una Comunità Energetica a una società produttrice “terza”, che aveva messo a disposizione della Comunità stessa i suoi impianti;  la disamina di tale atto di prassi concede l’occasione, non solo di approfondire i temi tributari di più stretto interesse, ma anche di aprire lo sguardo sia sulla varietà dei possibili assetti negoziali che i privati sono ammessi a scegliere, nel configurare l’attività concreta delle Comunità energetiche, sia sui potenziali errori – o equivoci – in cui essi possono incorrere nella ricerca dei loro equilibri.

Al riguardo, emblematico può dirsi il caso portato all’attenzione delle Entrate con l’istanza di interpello in commento, presentata da una società commerciale, operativa nel settore dell’energia e proprietaria di un impianto di produzione green, concesso nella disponibilità di una Comunità Energetica costituita in forma di associazione non riconosciuta. Di tale Comunità, tuttavia, la società proprietaria dell’impianto non è, né può essere, socia o membra, in quanto esercente l’attività principale della produzione e scambio dell’energia elettrica (il che ne impedisce l’accesso alla Comunità, ai sensi dell’articolo 31, D.Lgs. 199/2021); configurandosi, allora, come “produttore terzo”, ai sensi dell’articolo 3.4, lettera g), ii), dell’Allegato A, della Delibera ARERA 727/2022, Testo Integrato dell’Autoconsumo Diffuso, TIAD; ove si specifica che rientrano, tra gli impianti di produzione la cui energia può essere ammessa alla condivisione agevolata, “anche gli impianti di produzione gestiti da produttori terzi, anche diversi dal referente della configurazione, purché in relazione all’energia elettrica immessa in rete i medesimi impianti di produzione risultino nella disponibilità e sotto il controllo della comunità stessa.

Nel caso in esame, il ruolo di Referente con il GSE è svolto dalla Comunità Energetica stessa  (ai sensi dell’articolo 1, comma 1.1 lettera hh) del TIAD); e per questo motivo è alla medesima Comunità che la società produttrice “terza” ha conferito regolare mandato senza rappresentanza, nel rispetto delle indicazioni di cui al paragrafo 1.2.2.4 delle Regole Operative GSE del 23.2.2024, affinché la Comunità operi come Referente, anche rispetto all’energia immessa dal suo impianto, quale energia rilevante ai fini della condivisione e dell’incentivo.

Ritenendosi, al riguardo, titolare della quota d’incentivo determinata a favore del produttore dal Regolamento della Comunità, la società “terza” si confronta con il Fisco sulla rilevanza, ai fini Iva, degli importi della Tariffa incentivante e della Restituzione delle componenti tariffarie, calcolati sull’energia condivisa, che la Comunità le retrocede; ritenendo che essi costituiscano “contributi” e non “corrispettivi”, non rilevanti ai fini Iva ed esclusi dal campo di applicazione dell’imposta in senso oggettivo, ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera a), D.P.R. 633/1972. In particolare, secondo la società proprietaria dell’impianto, che cita al riguardo la precedente risposta all’interpello n. 37/2022, se i benefici in questione rivestono la natura di contributi pubblici, erogati a sostegno degli investimenti necessari alla “svolta” green di cui le Comunità Energetiche sono volano, in assenza di alcuna controprestazione resa al soggetto erogatore, tale natura, irrilevante ai fini Iva, sussiste tanto in capo alla Comunità Energetica che tali importi incamera, quanto in capo al produttore che in ultima istanza detti importi percepisce pro quota, applicandosi la disciplina fiscale del rapporto di mandato, di cui all’articolo 3, comma 3, D.P.R. 633/1972, per effetto di cui le prestazioni rese o ricevute tra il mandante e il mandatario e tra il mandatario e il terzo mantengono la stessa natura e il medesimo regime Iva.

L’Agenzia delle entrate, tuttavia, non concorda con la lettura proposta, rilevando come, alla base, si collochi l’equivoco per cui la società produttrice non può essere remunerata mercè le disposizioni di un Regolamento interno di una Comunità in forma di associazione, di cui non è parte; ma in forza, semmai, di un apposito e separato accordo contrattuale, nel caso di specie effettivamente esistente, disciplinante la messa a disposizione dell’impianto a favore della Comunità, con relativa regolamentazione dei diritti ed obblighi reciproci.

In questa prospettiva, per l’Agenzia delle Entrate, l’irrilevanza, ai fini Iva, della condivisione dei benefici contributivi è da delimitarsi nell’ambito degli associati, nel rispetto dell’articolo 31, D.Lgs. 199/2021; mentre l’erogazione di una quota parte di tali benefici all’esterno del perimetro associativo, in forza di accordi ad hoc, a favore di produttori “terzi” esercenti attività commerciale nel settore della produzione e della gestione dell’energia e dei relativi impianti, non può che assumere la connotazione della dazione di un corrispettivo per prestazioni di servizio, rilevante ai fini Iva. La partecipazione “esterna” del produttore “terzo” alla vita della Comunità Energetica, dunque, connota di sinallagmaticità la messa da disposizione degli impianti: e per questo motivo, le poste economiche correlate vengono attratte nell’ambito di rilevanza dell’imposta sul valore aggiunto.