10 Aprile 2015

Rilevanza penale delle condotte elusive

di Luigi Ferrajoli
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Con la recente sentenza n. 3307 del 23.01.2015, la Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, ha affrontato nuovamente il tema dell’esterovestizione e della conseguente contestazione di evasione di imposta.

In particolare, a seguito di ricorso proposto avverso il rigetto del riesame relativo a due decreti di sequestro preventivo, la Suprema Corte ha avuto modo di specificare, da un lato, i poteri del Tribunale del riesame e, dall’altro, quando sussiste l’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi di società avente sede fiscale all’estero.

Sotto il primo profilo, la Corte ha rilevato che, per quanto concerne la misura cautelare reale, il Tribunale del riesame deve verificare che il fatto possa essere sussunto in una determinata fattispecie di reato. Tale valutazione, tuttavia, con riferimento al fumus commissi delicti, non può “appiattirsi” sulle postulazioni del Pubblico Ministero, ma deve essere svolta motivando, nel provvedimento, “la congruenza dell’ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti cui si riferisce la misura del sequestro condotta al suo esame”.

Nel caso di specie, il Giudice di legittimità ha ritenuto che il Tribunale avesse assolto a tale incombente analizzando in fatto sia il profilo dell’esterovestizione inerente le società riferibili all’indagato, sia quello afferente il quantum dell’imposta evasa e del relativo profitto.

La Corte, affermando la correttezza giuridica dei principi applicati dal Tribunale, ha rilevato che la società avente residenza fiscale all’estero ha obbligo di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi se detta società abbia stabile organizzazione in Italia, “il che si verifica quando si svolgano in territorio nazionale la gestione amministrativa, le decisioni strategiche, industriali e finanziarie, nonché la programmazione di tutti gli atti necessari affinché sia raggiunto il fine sociale, non rilevando il luogo di adempimento degli obblighi contrattuali e dell’espletamento dei servizi”. In presenza di tali elementi, l’omissione della presentazione della dichiarazione integra il reato previsto e punito dall’art. 5 del D.Lgs. n.74/2000. Nel caso di specie, l’attività della società veniva svolta in Italia e sul territorio nazionale viveva altresì l’amministratore, per cui la sede legale all’estero del soggetto giuridico assumeva una connotazione meramente formale.

La Cassazione ha ritenuto anche apprezzabile il richiamo operato dal Tribunale all’art. 73 del d.P.R. n.917/1986, in forza del quale le società che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale in Italia sono soggette alle imposte sul reddito. Per oggetto principale, viene specificato, si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto.

Dopo aver esaminato il profilo dell’esterovestizione, la Suprema Corte ha ritenuto altresì corretta la determinazione dell’imposta evasa, avendo il Tribunale fatto debita applicazione delle norme di interesse. In particolare, il Giudice del Riesame ha tenuto debito conto delle risultanze processuali dimostrando, nella motivazione del provvedimento, “la congruenza dell’ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti cui si riferisce la misura del sequestro condotta al suo esame”, considerando non solo gli esiti delle indagini della Guardia di Finanza, ma anche la carenza di prova dei costi e delle esenzioni viceversa prospettate dalla difesa.

Infine, la Cassazione ha analizzato il profilo sollevato dal ricorrente relativo alla violazione del principio della doppia imposizione, confermandone la carenza di prova già pronunciata dal Tribunale.

La Corte, in particolare, pur dando atto che, secondo quanto previsto dall’art. 165, comma 1, TUIR, “alla formazione del reddito complessivo concorrono i redditi prodotti all’estero, ma le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione”, tale detrazione non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata.

Conseguentemente, la Cassazione ha affermato che, in tema di sequestro preventivo relativo a reati tributari, il profilo assoggettabile alla confisca per equivalente è integrato da qualsiasi vantaggio patrimoniale derivante dall’imposta evasa.