Rilevazione in bilancio dei terreni
di Alessandro BonuzziI terreni posseduti dalle imprese possono essere classificati nell’attivo dello Stato patrimoniale, di cui allo schema di bilancio d’esercizio ex articolo 2424, cod. civ., nel comparto dell’Attivo circolante (voce C.I-Rimanenze) oppure nelle Immobilizzazioni materiali (voce B.II).
La rilevazione in bilancio segue il criterio della destinazione funzionale, cosicché gli immobili destinati alla vendita devono essere classificati nell’Attivo circolante, mentre quelli destinati a permanere durevolmente nel patrimonio dell’impresa devono essere classificati nelle immobilizzazioni.
Vanno iscritti nelle immobilizzazioni anche i terreni che non sono strumentali per l’attività, ma che sono oggetto di gestione diretta da parte dell’impresa, in quanto affittati o locati, per cui rappresentano un investimento duraturo.
Nel caso in cui, dopo la rilevazione inziale, muti la destinazione del terreno, questo deve essere riclassificato a livello di bilancio. Ad esempio, qualora sia deciso che un terreno inizialmente destinato alla vendita divenga un investimento durevole dell’impresa, allora questo deve essere riclassificato tra le immobilizzazioni. La questione si può porre, segnatamente per i terreni, che l’impresa immobiliare acquista per la rivendita che, anche per le eventuali difficoltà del mercato, vengono affittati o locati; essi, però, non perdono la qualifica di immobili “merce” se viene effettivamente mantenuta la loro destinazione di mercato e la locazione ha natura soltanto temporanea, in attesa di perfezionare la vendita.
I terreni “durevoli”, il più delle volte, sono da includere tra i cespiti non ammortizzabili, siccome la loro utilità, generalmente, non si esaurisce nel tempo. Da qui nasce l’obbligo di scorporo del terreno dal fabbricato sovrastante. A tal fine, è possibile distinguere 2 ipotesi:
- terreno acquisito separatamente e successiva costruzione dell’immobile;
- acquisto congiunto di terreno e fabbricato.
Nel primo caso, è evidente che per determinare il valore del terreno occorre fare riferimento al valore desumibile dalla contabilità o dagli atti aziendali.
Qualora, invece, il terreno sia stato acquisito congiuntamente al fabbricato, è possibile ricorrere, alternativamente:
- a una perizia di stima, la quale rappresenterebbe, per tutti gli attori coinvolti, una garanzia sugli importi iscritti in bilancio, nonostante la stessa non sia richiesta per la determinazione quantitativa dei valori né dall’Oic 16, né dalla norma fiscale;
- ad altri criteri, quali i valori individuati dalle delibere comunali ai fini della tassazione Ici e Imu delle aree edificabili all’epoca dell’acquisto.
È importante poi precisare che i terreni rientrano, invece, tra i cespiti ammortizzabili, quando la loro utilità è destinata a esaurirsi nel tempo, al pari di quanto avviene per un’attrezzatura o per un impianto. È il caso, ad esempio, di terreni sfruttati come cave oppure utilizzati per le discariche. In queste circostanze il costo del terreno va imputato a Conto economico mediante processo di ammortamento e, quindi, per quote lungo la durata della vita stimata.
Infine, con riferimento ai terreni utilizzati nell’esercizio di attività industriali, può porsi il tema della contabilizzazione dei costi di ripristino. Questi, laddove di esistenza almeno probabile, devono essere contabilizzati come accantonamenti – voce B.13 del Conto economico – e confluire nell’apposito fondo oneri iscritto nel Passivo dello Stato patrimoniale, lettera B.4 Fondi per rischi e oneri, lungo il periodo di esercizio dell’attività industriale “inquinante”. In tal modo, l’impresa anticipa gli oneri di futura manifestazione correlandoli temporalmente con i ricavi, in ossequio al principio di competenza.