29 Settembre 2016

Il rimborso del car sharing non concorre al reddito del dipendente

di Alessandro Bonuzzi
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Il rimborso da parte del datore di lavoro delle spese di car sharing sostenute dal dipendente non concorre alla formazione del reddito del lavoratore, ancorché il servizio sia stato utilizzato in occasione di trasferte nell’ambito del territorio comunale in cui si trova la sede di lavoro.

Lo ha chiarito la risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 83/E di ieri.

La questione affrontata dal documento attiene alla disposizione contenuta nell’ultimo periodo dell’articolo 51, comma 5, del Tuir, secondo cui “Le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell’ambito del territorio comunale, tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito” di lavoro dipendente.

In pratica, secondo tale norma, quando la trasferta o la missione è svolta all’interno del comune ove è ubicata la sede di lavoro, non concorrono alla formazione del reddito del lavoratore i soli rimborsi delle spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore; diversamente, sono da assoggettare a tassazione le indennità e i rimborsi di altre spese di viaggio.

Si ricorda, invece, che per i rimborsi relativi a trasferte fuori dal territorio comunale, la normativa prevede un trattamento più soft. Infatti, in questi casi, non concorrono a formare il reddito del lavoratore

  • le indennità, entro una determinata soglia,
  • nonché i rimborsi analitici delle spese di viaggio, anche sotto forma di indennità chilometrica, e di trasporto, sempreché tali spese siano rimborsate sulla base di idonea documentazione.

Il diverso trattamento trova giustificazione dal voler evitare che le indennità o i rimborsi spese per spostamenti poco rilevanti e che non trovino riscontro nella documentazione rilasciata da terzi possano sostituire la retribuzione ordinaria assoggettata a tassazione.

Atteso tale quadro normativo di riferimento, la risoluzione in commento fornisce chiarimenti circa la rilevanza, ai fini delle determinazione del reddito di lavoro dipendente, del rimborso spese per il servizio di car sharing utilizzato dal lavoratore per trasferte nell’ambito del comune in cui è ubicata la sede di lavoro.

L’Agenzia osserva come le fatture emesse dalla società di car sharing a fronte del servizio prestato risultino idonee ad attestare l’effettivo spostamento dalla sede di lavoro e l’utilizzo del servizio da parte del dipendente così come prescritto dalla legge. Infatti, la documentazione individua:

  • il destinatario della prestazione;
  • il percorso effettuato, con indicazione del luogo di partenza e del luogo di arrivo;
  • la distanza percorsa;
  • la durata;
  • il luogo di arrivo.

Proprio in ragione della completezza informativa delle fatture emesse, che per analiticità e dettagli sono paragonabili ai documenti che devono predisporre i conducenti dei taxi, deve ritenersi che il servizio di car sharing sia equiparabile a quello dei tradizionali sistemi di mobilità.

Pertanto, a parere dell’Ufficio, le somme rimborsate dal datore di lavoro per il servizio di car sharing non concorrono alla formazione del reddito del lavoratore dipendente in trasferta, sebbene questa avvenga all’interno dello stesso comune in cui si trova la sede di lavoro.

Occorre infine evidenziare che, in relazione all’indicazione in fattura del destinatario della prestazione, la previsione esentativa trova applicazione, sia se la fattura emessa dalla società di car sharing è intestata direttamente al lavoratore, sia se è intestata al datore di lavoro.

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