Rimborso per le ritenute subite sui servizi tecnici resi all’estero
di Clara PolletSimone DimitriNell’esecuzione di lavori o commesse all’estero occorre spesso confrontarsi con il regime fiscale di altri Paesi che, in maniera più o meno sistematica, introducono forme di prelievo fiscale cui assoggettare le imprese che, a vario titolo, intrattengono rapporti commerciali a livello locale.
Queste forme di prelievo possono essere disapplicate, al ricorrere di determinate condizioni, quando il contribuente richiede l’applicazione delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, comunicando di essere residente in un Paese con il quale sono, appunto, in vigore tali accordi. L’obiettivo perseguito è quello di incrementare la cooperazione tra le Amministrazioni fiscali degli Stati contraenti al fine di evitare, da un lato, la doppia imposizione nei due Stati e, dall’altro, prevenire l’evasione fiscale eliminando le ipotesi di doppie esenzioni.
Con il provvedimento n. 2013/84404 del 10.07.2013 l’Agenzia delle Entrate ha approvato i modelli per il rimborso, l’esonero dall’imposta italiana o l’applicazione dell’aliquota ridotta convenzionale sui redditi corrisposti a soggetti non residenti, oltre al modello per la richiesta dell’attestazione di residenza – per i soggetti residenti in Italia – da presentare al cliente estero.
Poste tali premesse, le eventuali ritenute subite nel mancato rispetto delle Convenzioni, non sono recuperabili nella dichiarazione dei redditi italiana e diventano dei costi aggiuntivi per la società.
Tale problematica torna di attualità con la risposta all’istanza di interpello n. 23 del 01.02.2019, fornita dall’Agenzia delle entrate ad un interpello di una società italiana che fornisce servizi di progettazione e assistenza tecnica; nello specifico, la società istante ha stipulato con una società estera un contratto d’opera intellettuale, per la prestazione di servizi ingegneristici relativi alla realizzazione di un hotel. In base a tale accordo, la società italiana si impegna alla predisposizione dei disegni tecnici, alla consulenza in loco e all’assistenza al cliente non residente ai fini del completamento di tutte le fasi del progetto.
In occasione del pagamento delle fatture, il cliente non residente ha operato una ritenuta del 15%, motivata da una contestazione per omesse ritenute mossa dalle Autorità fiscali estere; la società italiana richiede se tali somme possano essere recuperate tramite credito d’imposta, ai sensi dell’articolo 165 Tuir, ai fini dell’eliminazione della doppia imposizione subita. In altri termini, l’istante vorrebbe esporre negli appositi quadri della dichiarazione (ad esempio quadro CE per il Modello Redditi SC) il reddito prodotto all’estero e quello prodotto in Italia, con recupero della ritenuta subita come credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero.
La risposta dell’Agenzia delle Entrate analizza, innanzitutto, la convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia ed il Paese terzo: si tratta della Convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito tra Italia e l’Albania, ratificata con L. 175/1998 e in vigore dal 21 dicembre 1999.
L’articolo 7, in coerenza con il Commentario al medesimo articolo del Modello di Convenzione Ocse, prevede che il reddito d’impresa prodotto dalla società italiana nello Stato estero – in assenza di stabile organizzazione all’estero – deve essere assoggettato a tassazione esclusivamente nello Stato di residenza della società, a meno che la predetta convenzione disponga regole ad hoc (ipotesi non ravvisabile nel caso di specie).
Inoltre, l’articolo 5 della medesima Convenzione stabilisce che l’espressione “stabile organizzazione” designa una sede fissa di affari in cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività. L’espressione stabile organizzazione comprende, tra le altre, una sede di direzione, una succursale, un ufficio o un cantiere di costruzione o di montaggio la cui durata oltrepassi i dodici mesi.
Sotto il profilo convenzionale, quindi, le prestazioni fornite dalla società istante devono essere collocate nel campo d’applicazione dell’articolo 7 della Convenzione che, in assenza di stabile organizzazione all’estero, attribuisce la potestà esclusiva dell’imposizione all’Italia quale Stato di residenza. Conseguentemente, la ritenuta eventualmente applicata dal cliente non residente, all’atto del pagamento delle fatture addebitategli, non essendo conforme alle disposizioni convenzionali applicabili nella fattispecie, non è recuperabile come credito d’imposta.
Mancano pertanto i presupposti per l’applicazione dell’articolo 165 Tuir, non configurandosi alcuna potestà impositiva da parte dello Stato estero con riguardo a redditi d’impresa ivi prodotti. L’unica possibilità per il recupero delle ritenute subite resta la richiesta di rimborso alle Autorità estere di quanto indebitamente pagato.
La risposta ricalca interpretazioni simili già fornite dall’Agenzia delle Entrate anche nel caso in cui, ad esempio, la ritenuta subita sia applicata in misura superiore a quella prevista dalle convenzioni contro le doppie imposizioni. In tal caso, la maggiore imposta subita (vale a dire la differenza tra il prelievo effettivamente subito e l’aliquota convenzionale), non può essere recuperata attraverso il credito d’imposta, bensì mediante un’istanza di rimborso da presentare alle Autorità fiscali estere con le modalità e nei termini stabili dalla relativa legislazione (risoluzione AdE 104/E/2011).
Infine, in mancanza di una convenzione con lo Stato che ha effettuato il prelievo e, tenuto conto delle notevoli diversità degli ordinamenti nazionali e dei criteri di collegamento tra i redditi e il territorio, è previsto il riconoscimento del credito di imposta sulle ritenute subite, nei soli casi in cui viene assoggettato a tassazione, nel Paese estero, un reddito che, se prodotto in Italia da un non residente, sarebbe stato ivi tassato (risoluzione AdE 147/E/2007).
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