Rinuncia al TFM e conseguenze fiscali in capo alla società
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariIl trattamento di fine mandato (TFM) rappresenta un’indennità che spetta agli amministratori al momento in cui cessa il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa con la società amministrata.
Con la risoluzione 124/E/2017 l’Amministrazione Finanziaria si è espressa in merito al corretto regime fiscale applicabile in caso di rinuncia al TFM da parte degli amministratori ed in particolare sull’eventuale insorgenza di una sopravvenienza attiva in capo alla società, alla luce della nuova disciplina delle rinunce ai crediti dei soci, contenuta nell’articolo 88, comma 4-bis, Tuir, e sulla possibile imposizione della rinuncia al TFM in capo agli amministratori.
Con riferimento alla rinuncia del TFM da parte degli amministratori, la risoluzione in commento distingue gli effetti fiscali della rinuncia operata dagli amministratori soci da quella effettuata dagli altri manager.
Per quanto riguarda il trattamento fiscale del TFM rinunciato dal socio amministratore, l’Agenzia delle Entrate preliminarmente ricorda che, a partire dal 2016, l’articolo 13, comma 2, D.Lgs. 147/2015, ha significativamente modificato il regime fiscale delle rinunce ai crediti (finanziari, commerciali o da lavoro) da parte dei soci, intervenendo sia sul trattamento impositivo in capo alla società partecipata che in capo al socio finanziatore:
- per quanto riguarda il regime fiscale in capo alla società partecipata “la rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale” (articolo 88, comma 4-bis, Tuir).
- per quanto concerne, invece, la posizione tributaria del socio, l’articolo 13 D.Lgs. 147/2015 ha apportato significative modifiche agli articoli 94, comma 6 e 101, comma 7, Tuir, stabilendo che, in capo al socio imprenditore che detiene le partecipazioni in regime di impresa, l’ammontare della rinuncia si aggiunge al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione “nei limiti del valore fiscale del credito oggetto di rinuncia”.
Affinché il suddetto impianto impositivo possa trovare applicazione è necessario, come sopra soltanto accentato, che la società partecipata ottenga dal socio una dichiarazione sostitutiva di atto notorio a mezzo della quale occorre certificare il valore fiscale del credito rinunciato: in assenza di tale dichiarazione, si presume che il valore fiscale del credito sia pari a zero, con l’effetto che la società partecipata sarà tenuta ad assoggettare a tassazione l’intero valore nominale del credito.
Alla luce del nuovo quadro impositivo appena descritto, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto come la rinuncia al TFM da parte degli amministratori soci sia sostanzialmente tesa ad apportare nuove risorse al patrimonio della partecipata, con il conseguente aumento del costo della partecipazione da essi detenuta.
Per tale ragione, se a rinunciare al TFM è un socio amministratore, la società partecipata non sarà tenuta a tassare alcuna sopravvenienza attiva, ai sensi dell’articolo 88, comma 4-bis, Tuir, “atteso che si è in presenza di crediti per il TFM dovuto a persone fisiche non esercenti un’attività di impresa e che non è pertanto ravvisabile alcuna differenza tra il valore fiscale dei crediti rinunciati e il loro valore nominale”.
Peraltro, precisa l’Agenzia delle Entrate, il socio amministratore non sarà nemmeno tenuto a comunicare alla società partecipata il valore fiscale dei crediti oggetto di rinuncia “non potendosi verificare quelle distorsioni – dovute appunto alla mancata coincidenza tra il valore nominale dei crediti e il loro valore fiscale (ad esempio, per effetto di svalutazione) – che il legislatore ha inteso scongiurare e che sono ravvisabili soltanto in presenza di un’attività di impresa”.
Con riferimento alla rinuncia al TFM operata da amministratori non soci, l’Agenzia delle Entrate ritiene non invocabile la disposizione contenuta al comma 4-bis, dell’articolo 88 Tuir, poiché tale norma fa riferimento in modo esplicito alla qualifica di socio.
In tal caso, trova applicazione, invece, quanto prescritto dall’articolo 88, comma 1, Tuir, a mente del quale “si considerano sopravvenienze attive i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi e i ricavi o altri proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, nonché la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite ed oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio o in precedenti esercizi”.
Pertanto, a seguito della rinuncia degli amministratori non soci, se la società istante ha dedotto le quote di TFM accantonate, questa dovrà assoggettare a tassazione una sopravvenienza attiva.
In caso contrario, la rinuncia non avrà alcun effetto fiscale in capo alla società.