4 Aprile 2022

Risarcimenti danni: cambiamento di impostazione Iva?

di Roberto Curcu
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

Una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea, pur avendo ad oggetto un caso di vendite sottoposte a garanzia, fornisce un importante tassello per individuare il regime Iva dei risarcimenti danni, ed obbliga di fatto gli operatori a valutare la correttezza degli adempimenti Iva fino ad ora posti in essere.

Partiamo dai fatti in causa nella sentenza, semplificando la narrazione della stessa nei limiti minimi per la comprensione della questione.

Una impresa portoghese ha acquistato da un fornitore indiano dei beni che sono stati installati in Portogallo (delle pale eoliche), e che quindi sono diventate dei beni immobili portoghesi.

Il contratto di vendita prevedeva una garanzia per eventuali difettosità del prodotto.

Verificatasi la difettosità del prodotto, il fornitore indiano non si è recato in Portogallo per riparare il bene, ma l’acquirente portoghese ha provveduto a ripararlo in proprio, acquistando il materiale necessario e subappaltando certe lavorazioni a soggetti terzi. Sia i venditori di materiale che i prestatori di servizi hanno emesso fatture nei confronti del portoghese, il quale ha portato in detrazione la relativa imposta.

Dal breve riassunto dei fatti di causa, riportato in sentenza, si evince anche che il portoghese e l’indiano hanno stipulato un contratto di prestazione di servizi per la riparazione o la sostituzione delle pale difettose, nel quale era specificato che il portoghese aveva la capacità di riparare le pale eoliche, l’indiano doveva assistere il portoghese nella effettuazione dei lavori di riparazione, ed il portoghese doveva acquistare per conto dell’indiano tutte le apparecchiature ed i materiali necessari per la riparazione.

La causa nasce dal fatto che il portoghese chiede all’indiano il rimborso delle spese sopportate per la riparazione delle pale eoliche, senza applicare l’Iva, mentre il fisco portoghese sostiene che il portoghese avrebbe dovuto addebitare l’Iva lusitana all’indiano, in quanto si è in presenza di una prestazione di servizi.

Tale prestazione di servizi, evidentemente, avrebbe dovuto essere assoggettata ad Iva portoghese in quanto il servizio di cui si discute è un servizio relativo a bene immobile (la turbina eolica è qualificata infatti come tale), e quindi con tassazione del luogo in cui avviene l’immobile.

Personalmente, avessi dovuto pronunciarmi su un caso di questo tipo, sarei stato in dubbio nel rispondere se la somma richiesta dal portoghese all’indiano era effettivamente il corrispettivo di una prestazione di servizi, oppure una somma erogata a titolo di risarcimento danni, e quindi esclusa da Iva. Le perplessità, quindi, sono pienamente condivisibili.

La tesi che propende per la qualifica di risarcimento danni potrebbe fondarsi sul fatto che il portoghese ha dovuto sostenere delle spese per riparare le pale eoliche, e quindi ha subito un danno derivante dal fatto che l’indiano gli ha venduto merce non affidabile. Il valore del danno subito è pari all’imponibile dei costi sopportati per la riparazione, posto che l’Iva gravante sulle stesse è portata in detrazione. Quando il portoghese chiede la rifusione delle spese sostenute al fornitore, non gli sta rendendo un servizio, ma sta solo esercitando il suo diritto nascente dal principio “neminem leadere”. L’indiano di fatto sopporta la spesa non perché è beneficiario di un servizio, ma perché la responsabilità contrattuale gli impone di riparare i danni causati.

Volendo aderire all’altra tesi, l’indiano avrebbe dovuto prestare personalmente la prestazione di servizi di riparazione, in modo gratuito, nei confronti del portoghese. Avrebbe potuto però commissionare ad una impresa terza l’effettuazione di tali lavorazioni, ed in questo caso non vi sarebbero dubbi che l’impresa terza effettuerebbe una prestazione di servizi nei confronti dell’indiano. L’impresa terza avrebbe potuto però fatturare al portoghese, il quale avrebbe ribaltato l’operazione nei confronti dell’indiano. Se inquadrassimo tale “ribaltamento” nell’ambito di un contratto di mandato senza rappresentanza, emergerebbe che il portoghese deve appunto fatturare la prestazione di servizi nei confronti dell’indiano.

A quale risultato è arrivata la Corte di Giustizia?

La Corte ha ravvisato l’esistenza di una prestazione di servizi dal portoghese all’indiano che nel caso specifico (riparazione di un bene immobile) doveva essere assoggettata ad Iva portoghese.

Ma per farlo ha tenuto conto di due importanti comportamenti adottati dalle parti: il primo, che si era in presenza di un contratto di prestazione di servizi di riparazione, e “la denominazione delle suddette operazioni può essere presa in considerazione dalle autorità tributarie nazionali, tra tutte le altre circostanze pertinenti, per determinare la natura imponibile di un’operazione”.

La Corte sembra poi nutrire dubbi sul fatto che si sia in presenza di una vera garanzia, per il fatto che i beni per i quali sono state fatte le relazioni di non conformità, anziché essere sostituiti, per diversi mesi sono stati “aggiornati”.

Inoltre, la Corte sembra dire che (la forma linguistica utilizzata non è così chiara…) l’operazione sarebbe stata gestibile in modo diverso se il portoghese avesse stipulato i contratti con i terzi in nome e per conto dell’indiano, non detraendo l’Iva su tali costi (in quanto i terzi avrebbero emesso fatture direttamente nei confronti dell’indiano), anticipando detti costi e riaddebitandoli al fornitore asiatico esclusi dalla base imponibile ai sensi di quello che è il nostro articolo 15.