4 Dicembre 2024

Rischio bancarotta per la restituzione ai soci dei versamenti in conto futuro aumento di capitale

di Fabio Giommoni
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La scheda di FISCOPRATICO

I soci di una società di capitali possono, a vario titolo, dotare la società delle risorse finanziarie necessarie per lo svolgimento dell’attività.

La prima forma è quella dei “finanziamenti soci”, ovvero somme erogate a titolo di mutuo, dunque con obbligo di restituzione, i quali possono essere fruttiferi ovvero non fruttiferi di interessi. In quanto debiti, questi sono da iscrivere in bilancio nel passivo dello stato patrimoniale alla voce D) 3) – “Debiti verso soci per finanziamenti”.

La seconda fattispecie è quella dei “versamenti a titolo di capitale”, che non rappresentano veri e propri “conferimenti”, ma per i quali non è previsto alcun specifico obbligo di restituzione, per cui rappresentano comunque “mezzi propri” per la società beneficiaria.

A loro volta, i versamenti dei soci a titolo di capitale possono essere variamente classificati in base alla specifica destinazione per cui sono stati effettuati.

In primo luogo, vi sono i “versamenti a fondo perduto” (o a copertura perdite) che sono generalmente destinati ad essere utilizzati per ripianare le perdite subite dalla società, per cui, proprio in ragione di tale finalità, questi vanno indistintamente a confluire nel patrimonio netto della società, indipendentemente dal fatto che si tratti di apporti proporzionali o non proporzionali, poiché perdono ogni legame con il socio che li ha erogati.

La seconda categoria è quella dei “versamenti in conto capitale”, i quali, anche se non erogati con la finalità di coprire perdite di esercizio, sono comunque destinati a rimanere in maniera pressoché definitiva (e indistinta) nel patrimonio della società, venendo difatti assimilati nella sostanza a conferimenti di capitale (pur non essendo caratterizzati dai vincoli civilistici previsti per il capitale).

La terza fattispecie è rappresentata dai “versamenti in conto futuro aumento di capitale”, attraverso i quali la società acquisisce fin da subito le somme destinate ad un prospettato aumento di capitale, che deve essere ancora deliberato dalla società. Tali somme sono iscritte in una riserva di patrimonio netto e poi “girocontate” a capitale sociale una volta concluso l’iter formale dell’aumento. Questi versamenti hanno uno specifico vincolo in quanto, pur essendo effettuati per dotare la società di risorse finanziarie, sono destinati a confluire nel capitale sociale a fronte di un futuro aumento.

Tutte le suddette tipologie dei “versamenti soci” devono essere rappresentate in bilancio tra le riserve del patrimonio netto, voce VI) – “Altre riserve”, con distinta indicazione della tipologia dei versamenti in base alla loro destinazione (cfr. Appendice all’OIC 28).

Particolare attenzione va posta in merito alla restituzione dei versamenti soci da parte delle imprese che si trovano in una situazione di crisi.

Per i finanziamenti soci è, infatti, previsto lo speciale regime di postergazione (articolo 2467, cod. civ. e articolo 2497-quinquies cod. civ.) che si applica in presenza di una situazione di squilibrio patrimoniale della società a fronte del quale sarebbe stato ragionevole un conferimento; invece, per i “versamenti soci” tale norma non rileva in quanto questi sono privi della natura del mutuo e, dunque, non vi è alcun diritto al rimborso da parte del socio (se non per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell’eventuale attivo del bilancio di liquidazione, quindi dopo aver soddisfatto tutti creditori sociali).

I versamenti dei soci non possono, quindi, essere restituiti in caso di crisi della società, in quanto questi vanno indistintamente a formare il “capitale di rischio” (pur non incrementando il capitale sociale e pur non avendo gli stessi vincoli del capitale); rimanendo, pertanto, la loro distribuzione ai soci del tutto postergata rispetto al soddisfacimento dei creditori sociali (Cassazione n. 8431/2019).

Da ciò consegue che, nell’ipotesi di apertura della liquidazione giudiziale, il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale può integrare la fattispecie del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione (Cassazione n. 32930/2021 e Cassazione n. 38147/2023), poiché manca un credito esigibile nel corso della vita della società; invece, la restituzione dei finanziamenti dei soci postergati, in caso di successivo fallimento, può integrare il reato di bancarotta preferenziale.

In realtà, come evidenziato dalla stessa Cassazione (sentenza n. 24093/2023, sentenza n. 33957/2022, sentenza n. 34503/2021 e sentenza n. 29325/2020), occorre fare un distinguo per i versamenti in conto futuro aumento del capitale, i quali, essendo finalizzati a liberare il debito da sottoscrizione di un futuro aumento del capitale sociale, rappresentano una riserva “personalizzata” o “targata”, perché di esclusiva pertinenza dei soci che abbiano effettuato il versamento in relazione all’entità delle somme da ciascuno erogate.

Per detti versamenti, i giudici di Cassazione ritengono che, ove l’aumento di capitale non sia effettivamente operato, il socio avrà diritto alla restituzione di quanto versato; non a titolo di rimborso di somma data a mutuo, ma per essere venuta successivamente meno la causa giustificativa dell’attribuzione patrimoniale dal socio eseguita in favore della società, quindi quale ripetizione dell’indebito.

In ambito penale-fallimentare, la sentenza n. 39139/2023 della Corte di cassazione ha precisato, invece, che, in caso di versamento in conto futuro aumento di capitale, esigenze di garanzie del ceto creditorio impongono l’individuazione di un termine finale a cui è correlata, in caso di mancata deliberazione dell’aumento, l’insorgenza del diritto di restituzione del versamento.

Se manca detto termine (entro cui dovrebbe intervenire la delibera assembleare), la somma versata dal socio deve rimanere vincolata all’aumento di capitale, non essendo quindi ammissibile alcuna restituzione nel caso di impresa in crisi.

Ma anche qualora un termine per la delibera di aumento di capitale sia stato pattuito, o fissato dal giudice su richiesta del socio, l’eventuale restituzione dei versamenti in conto futuro aumento di capitale effettuata prima dello spirare di detto termine, può integrare, in caso di successiva apertura della liquidazione giudiziale della società, il reato di bancarotta societaria per distrazione (Cassazione n. 39139/2023).

Proprio di recente la stessa Corte di cassazione, con la sentenza n. 41536 del 12.11.2024, è tornata sulla questione, confermando che i versamenti in conto futuro di capitale, entrando a far parte del patrimonio sociale, costituiscono, in caso di insolvenza della società, una garanzia del diritto dei creditori di essere informati sulle condizioni finanziarie della società, sicché soltanto a seguito del verificarsi della mancata adozione della delibera di aumento del capitale nel termine fissato sorge il diritto dei soci conferenti alla restituzione delle somme, mentre, qualora non sia stabilito alcun termine, dette somme devono considerarsi indefinitamente assoggettate al vincolo di destinazione che la volontà negoziale ha inteso – sine die – attribuirvi.

Da ciò consegue, secondo la Suprema Corte di cassazione, che il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto futuro aumento di capitale che interviene in assenza di fissazione del termine entro cui deve intervenire l’aumento di capitale – senza che sia acquisita certezza in ordine al suo mancato compimento – deve, in caso di insolvenza della società, essere qualificato in termini di distrazione patrimoniale.

Alla luce di tali orientamenti della giurisprudenza di legittimità è opportuno che, nella pratica, il versamento del socio discenda sempre da un documento scritto (es. proposta unilaterale del socio, poi accettata dalla società) nel quale siano presenti gli elementi essenziali del futuro aumento di capitale e, in particolare, la scadenza entro il quale detto aumento deve essere deliberato, spirata la quale si concretizza la condizione risolutiva che impone la restituzione al socio dell’apporto.

In caso di indeterminatezza circa i termini dell’aumento di capitale, i versamenti rischiano di essere qualificati come “genericamente” effettuati in conto futuro aumento capitale sociale, non potendo essere quindi restituiti ai soci in presenza di una situazione di crisi aziendale.